domenica, dicembre 05, 2010

«Un collegio sul M.te Carmelo», ora che il Monte brucia, come descritto in un articolo del 1921

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Di seguito a quanto abbiamo già detto e qui non ripetiamo, ci sembra interessante questo secondo articolo che riproduciamo dalla «Rassegna Italiana del Mediterraneo» del 1921. Dalla sua lettura dovrebbe risultare quanto questo Luogo sia stato e sia importante per la Cristianità. Eppure, mentre scriviamo sta ancora bruciando, e non sappiamo quali luoghi esattamente siano a rischio. Corre voce che l’incendio sia doloso. Le polemiche e i sospetti già prendono forma. Suscita impressione come la maggiore potenza militare e tecnologica dell’odierna Palestina si dimostri non all’altezza della situazione nel fronteggiare e soprattutto prevenire un incendio, che è dato come il maggiore in tutta la storia israeliana. Staremo a vedere quanto ancora ci sarà concesso nell’arco di una guerra che ininterrotta dura da oltre un secolo. È forse la più lunga guerra della storia umana, se si ammette che la pace non consiste nel semplice, momentaneo silenzio delle armi che producono deflagrazione del suono. Del resto, oggi come non mai la presenza cristiana nel Vicino Oriente, è ai minimi storici, ma non per intolleranza e persecuzione da parte dei musulmano – come certa propaganda vorrebbe far credere –, ma come conseguenza della guerra che il sionismo ha portato in tutta l’area geopolitica. Anche questo processo di espulsione o emigrazione andrebbe ricostruito al riparo dei media e degli agit-prop, le cui squadre in Europa vengono rinfoltite e rafforzate proprio in questi giorni dal governo israeliano, se dobbiamo credere al “Guardian” che ha intercettato un Leak. La notizia è ripresa dal quotidiano “il Manifesto” ed appare in una rassegna sionista, che si arrampica sugli specchi per negare l’evidenza di un’ampia e capillare corruzione in tutto il sistema dell’informazione e della formazione.

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UN COLLEGIO SUL M.te CARMELO

di P.G. in La Rassegna Italiana del Mediterraneo, Anno I, N. 8, Settembre 1921, pp. 221-226; e ivi, N. 9, Ottobre 1921, pp. 245-251.

Forse ai nostri lettori non sarà sfuggita la notizia, riportata su giornali e riviste, della fondazione di un collegio per Missionari voluta dal Rev.mo P. Generale dei Carmelitani Scalzi su lo storico Monte Carmelo. Il Rev.mo P. Generale ha inteso, con tale opportunissimo provvedimento, preparare nuove falangi di giovani destinati a disseminare la civiltà tra i popoli delle estesissime Missioni, che il benemerito Ordine coltiva da secoli nelle Indie, nella Mesopotamia, Persia, Urabà, Anatolia e Siria: queste due ultime italiane e sotto l’alta protezione del R. Governo.

Siamo sicuri che i nostri lettori gradiranno una breve illustrazione della biblica Montagna.

Carmelo di Giuda e Carmelo del mare

In Palestina due monti si chiamano «Carmelo». La Bibbia, per distinguerli, li chiama: Carmelo di Giuda e Carmelo del mare. Il primo si trova a sud della nominata Tribù, tra il Mar Morto e la città di Hebron, dalla parte di Idumea, e raggiunge 800 metri sul livello del mare. Si presenta arido e sempre triste, eccetto il tempo primaverile; poichè allora si ricopre di un verde tappeto tempestato non di fiori ma di pietre. Al Carmelo di Giuda si riferisce la Scrittura quando parla dell’Arco di trionfo di Saul (1); e in questo medesimo monte Nabal, marito della prudente Abigail, teneva il suo gregge di capre e di pecore (2).

(segue)

«La questione dei Luoghi Santi», vista in una rivista del 1921, in un articolo di R. Paribeni.

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Viene qui riprodotto un articolo tratto dalla «Rassegna Italiana del Mediterraneo», Anno I, Numero I, gennaio 1921. È un tema indirettamente collegato ad un’ampia ricerca sul tema «La questione sionista e il Vicino Oriente». Giacché nell’articolo non si accenna propriamente al sionismo, è parso opportuno non appesantire il nostro blog tematico di “Geopolitica”, aprendo un’ampia digressione. Tuttavia, è bene avere una qualche cognizione dell’annosa problematica dei “Luoghi Santi”, che volendo a una storia secolare, addirittura riconducibile all’epoca delle Crociate e degli Ordini cavallereschi, tema certamente affascinante ma piuttosto lontano da una questione attuale e cruciale come la “pulizia etnica”, di cui in forme malamente mascherate sono oggi vittime i palestinesi e non certo per motivi religiosi, come ancora poteva essere ai tempi delle Crociate, dove pure si instaurò un clima di intesa e di reciproco rispetto fra genti di fede diversa. Anche se la stessa propaganda sionista tenta di suscitare guerra fra cristianesimo e Islam, non esiste nessun motivo per il quale le due grandi religioni con ciascuna oltre un miliardo di fedeli dichiarati non possano e non debbano vivere in pace nel rispetto reciproco. Non è certo, sul piano dei numeri, una grande religione il giudaismo. Lo fu nel primo millennio, ai tempi della Kazaria, ma poi perse nel tempo ogni attrattiva ed oggi è teologicamente compromessa per la commistione, tutta politica ed economica, fra ebraismo e sionismo. Se le persone di fede giudaica non superano oggi nel mondo qualche decina di milioni di persone, deve però riconoscersi ad essa una grande potenza politica per la capacità lobbistica dei suoi membri sionisti sulla maggiore potenza che attualmente incombe sul pianeta terra, cioè gli USA. Non entriamo adesso in dettagli che trattiamo altrove. Aggiungiamo soltanto che le tre religioni monoteiste, pur spesso in conflitto fra di loro, hanno una comune matrice e nella Bibbia e soprattutto nella concezione monoteista, che soppiantò il bel mondo popolato da quelle innumerevoli divinità, assai tolleranti, che ormai possiamo conoscere solo dai poemi classici e da quanto è sopravvissuto della loro memoria nelle arti figurative. Il cristianesimo – a nostro avviso – è frutto più dell’ambiente ellenistico che non del giudaismo, la cui angustia teologica e antropologica ci sembra la vera causa della sua scarsa attrattiva, se oggi solo pochi milioni di persone professano questa religione. Il cristianesimo seppe invece assorbire in una grande sincretismo quanto la religiosità greco-romana aveva ed avrebbe ben potuto tramandare fino a noi se non fosse stata sconfitta dalla pretesa intollerante dell’Unico Dio. Ma anche per questa problematica abbiamo un blog specifico, al quale rinviamo e dove cureremo i necessari svolgimenti. Qui presentiamo senz’altro indugio il primo di una serie articoli integrativi della ricostruzione di una Guerra Ultracentenaria che funesta ancora oggi la nostra epoca.

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LA QUESTIONE DEI LUOGHI SANTI

di R. Paribene,
in Rassegna Italiana del Mediterraneo,
a. I, n. 1, gennaio 1921, pp. 8-12

Da parecchi decenni tutte le volte che si è avuta occasione di redigere un trattato con la Turchia, si è accennato alla questione dei Luoghi Santi. Ma mentre le varie questioni territoriali, commerciali, economiche, ecc,. appaiono in quei trattati per solito nettamente definitem quando si viene all’argomento dei Luoghi Santi la soluzione prescelta è sempre redatta il forma sì vaga e nebulosa, che finisce per non risolver nulla.

Valga come ottimo degli esempi l’articolo 62 del Trattato di Berlino del 13 luglio 1878:
«Il est bien intendu, qu’aucune atteinte ne saurait être portée au statu quo dans les Lieux Saints».
Nè si deve pensare che questa vaga indeterminatezza di formula sia dovuta allo scarso interesse che la questione sembra debba suscitare tra gli scettici uomini d’Occidente, ma piuttosto alla delicatezza somma della cosa e al molto d’interesse e di passione che essa può sollevare tra gli uomini del Levante.

(segue)