Non ho trovato il libro nella libreria Feltrinelli sotto casa, ma da quanto ne dice Alain Elkan su “La Stampa” di oggi 28 luglio 2007, alla pagina VI dell’inserto Tuttolibri, non dubito che il libro di Giancarlo Elia Valori rientri in quel vasto filone di paccottiglia che sta inondando il mercato, credo forse come una campagna preparatoria per nuove avventure belliche in Medio Oriente. Alla vigilia dell’ultima guerra contro l’Iraq si era messa in circolazione la bugia degli inesistenti armanenti di Saddam. Per quanto riguarda la prima guerra erano stati invece taciuti alcuni fatti che si trovano nei documenti ufficiali dell’ONU e che riguardano territori e proventi petroliferi che il Kuwait avrebbe dovuto restituire all’Iraq alla fine della guerra con l’Iran. Ormai, la stampa quotidiana su carta stampata è qualcosa della quale occorre sistematicamente diffidare quanto più alta è la sua tiratura e la sua capacità di diffusione. La verità delle cose – per chi è amante di conoscerla – occorre andarla a trovare in piccoli anfratti. La recensione di Alain Elkan non è per nulla una recensione, cioè una lettura critica del libro. È un’inserzione pubblicitaria che appena serve a richiamare l’attenzione sul libro, di cui si vuol favorire la diffusione libraria. Poiché mi dicono che vi è addirittura un capitolo su Carl Schmitt, vi ritornerò sopra appena lo avrò fra le mani e me ne occuperò nel mio blog “Carl-Schmitt-Studien”.
Qui mi limito solo ad alcune osservazioni del recensore, che sono forse ancor prima sue che dell’autore del libro recensito. La solita solfa sull’antisemitismo, che viebe presentato come una colpa dell’intera umanità verso il popolo ebreo, dando per scontato che gli ebrei non abbiano nessuna colpa verso tutti gli altri popoli esistiti lungo della loro storia. Una comune osservazione di comune buon senso porta a formulare questa semplice domanda: Ma perché nel corso di almeno tre mila anni, prima e dopo di Cristo, tutti hanno sempre dimostrato per lo meno antipatia verso gli ebrei? Un’antipatia che spesso si è manifestata in forme ben più consistenti di quanto non sia una semplice non corrispondenza di amorosi sensi. Possibile che gli ebrei stessi non abbiano nessun neo che abbia potuto renderli a molti odiosi nel corso di tremila anni? Credo che la risposta sarebbe più interessanti di quanto Valori possa dire. Inoltre in 3000 anni di antisemitismo quello specificamente nazista credo che si collochi storicamente negli anni della seconda guerra mondiale all’interno di un contesto ben più grande e tragico di quell’evento che gli autori ebraici vogliono considerare di rilevanza cosmica, adottando perfino una terminologia religiosa che ha ben poco da invidiare ad alcune limitate reazioni musulmane a seguito di citazioni irriverenti dei testi coranici o vignette satiriche. Tutta la storia ultramillenaria dell’antisemitismo viene collocata nella nicchia nazista. In realtà si è trattato di un’operazione politica sulla base della quale alla Germania postbellica ed ai popoli europei vinti, ad Est ed Ovest, si è spillato e si continua a spillare una quantità enorme di denaro, senza il quale non si potrebbe parlare di «miracolo economico» israeliano.
La solfa continua con il paventato timore di un nuovo antisemitismo, mai sopito. Del resto, semiti sono anche gli arabi e semmai dovrebbe parlarsi di antigiudiaismo, cioè di una reazione insofferente verso il solo popolo o comunità ebraica. A mio avviso, non esistono per nulla i pericoli che hanno portato agli orrori della guerra civile europea, di cui hanno sofferto non solo gli ebrei, che non possono in alcun modo pretendere al “monopolio del dolore”, ed ai relativi conforti, spesso di carattere economico. Si è passati da un’indubbia emarginazione e discriminazione quale vi è stata in tutti i paesi d’Europa, Russia compresa, ad una situazione di iperprotezione e di privilegio. Ed il privilegio rende spesso odiosi. Io credo che se oggi antisemtismo vi è, questo non abbia niente a che fare con quello che è stato l’antisemitismo nazista, una goccia nel mare dell’antisemitismo durato tre mila anni. Si tratta piuttosto di una comprensibile reazione a posizioni di privilegio ed iperprotezione, quando non addirittura di sopraffazione come nel caso della occupazione israeliana di terre arabe. Ma qui entriamo nella dinamica di una guerra che dura da almeno 60 anni e che non accenna a spegnersi. Ormai credo che dobbiamo abituarci al concetto di guerra permanente, che si combatte anche nelle retrovie nel campo dei media e dell’educazione delle nuove generazioni da plasmare in modo “politicamente corretto”. Proprio l’altra sera ho potuto assistere, nell’allestimento di un pubblico spettacolo, di uno scoppio di espressioni certamente non gentili verso i calabresi. Mi son subito detto: se al posto di calabresi, si fosse trattato di ebrei, qui sarebbe scoppiato il finimondo. Come calabrese che ha captato l’insulto ho reagito e propestato. Il proprietario mi ha chiesto scusa per le parole del suo dipendente, ma io ormai mi ero perso la voglia di godermi lo spettacolo pagato con il denaro dei calabresi.
Qui mi limito solo ad alcune osservazioni del recensore, che sono forse ancor prima sue che dell’autore del libro recensito. La solita solfa sull’antisemitismo, che viebe presentato come una colpa dell’intera umanità verso il popolo ebreo, dando per scontato che gli ebrei non abbiano nessuna colpa verso tutti gli altri popoli esistiti lungo della loro storia. Una comune osservazione di comune buon senso porta a formulare questa semplice domanda: Ma perché nel corso di almeno tre mila anni, prima e dopo di Cristo, tutti hanno sempre dimostrato per lo meno antipatia verso gli ebrei? Un’antipatia che spesso si è manifestata in forme ben più consistenti di quanto non sia una semplice non corrispondenza di amorosi sensi. Possibile che gli ebrei stessi non abbiano nessun neo che abbia potuto renderli a molti odiosi nel corso di tremila anni? Credo che la risposta sarebbe più interessanti di quanto Valori possa dire. Inoltre in 3000 anni di antisemitismo quello specificamente nazista credo che si collochi storicamente negli anni della seconda guerra mondiale all’interno di un contesto ben più grande e tragico di quell’evento che gli autori ebraici vogliono considerare di rilevanza cosmica, adottando perfino una terminologia religiosa che ha ben poco da invidiare ad alcune limitate reazioni musulmane a seguito di citazioni irriverenti dei testi coranici o vignette satiriche. Tutta la storia ultramillenaria dell’antisemitismo viene collocata nella nicchia nazista. In realtà si è trattato di un’operazione politica sulla base della quale alla Germania postbellica ed ai popoli europei vinti, ad Est ed Ovest, si è spillato e si continua a spillare una quantità enorme di denaro, senza il quale non si potrebbe parlare di «miracolo economico» israeliano.
La solfa continua con il paventato timore di un nuovo antisemitismo, mai sopito. Del resto, semiti sono anche gli arabi e semmai dovrebbe parlarsi di antigiudiaismo, cioè di una reazione insofferente verso il solo popolo o comunità ebraica. A mio avviso, non esistono per nulla i pericoli che hanno portato agli orrori della guerra civile europea, di cui hanno sofferto non solo gli ebrei, che non possono in alcun modo pretendere al “monopolio del dolore”, ed ai relativi conforti, spesso di carattere economico. Si è passati da un’indubbia emarginazione e discriminazione quale vi è stata in tutti i paesi d’Europa, Russia compresa, ad una situazione di iperprotezione e di privilegio. Ed il privilegio rende spesso odiosi. Io credo che se oggi antisemtismo vi è, questo non abbia niente a che fare con quello che è stato l’antisemitismo nazista, una goccia nel mare dell’antisemitismo durato tre mila anni. Si tratta piuttosto di una comprensibile reazione a posizioni di privilegio ed iperprotezione, quando non addirittura di sopraffazione come nel caso della occupazione israeliana di terre arabe. Ma qui entriamo nella dinamica di una guerra che dura da almeno 60 anni e che non accenna a spegnersi. Ormai credo che dobbiamo abituarci al concetto di guerra permanente, che si combatte anche nelle retrovie nel campo dei media e dell’educazione delle nuove generazioni da plasmare in modo “politicamente corretto”. Proprio l’altra sera ho potuto assistere, nell’allestimento di un pubblico spettacolo, di uno scoppio di espressioni certamente non gentili verso i calabresi. Mi son subito detto: se al posto di calabresi, si fosse trattato di ebrei, qui sarebbe scoppiato il finimondo. Come calabrese che ha captato l’insulto ho reagito e propestato. Il proprietario mi ha chiesto scusa per le parole del suo dipendente, ma io ormai mi ero perso la voglia di godermi lo spettacolo pagato con il denaro dei calabresi.