mercoledì, aprile 04, 2007

Papi: Pio V (1566-1572)

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A mio avviso, dopo la Riforma luterana in un estremo tentativo di correre ai ripari per non far franare tutto l’edificio (la Torre di Mordor) del potere, la chiesa cattolica attraverso i suoi infallibili Pontefici si è arroccata in un sistema di etica bacchettona che verrà chiamata la Fede e la Dottrina, ovvero l’Alto Magistero. Si tratta di un complesso di principi contingenti che si è venuto enucleando nel tempo come difesa di privilegi. Di ognuno di essi è possibile in genere una decostruzione storica ed un’ermeneutica della situazione contingente che l’ha prodotto. Tutto ciò non è più consapevole ed i Fedeli in nome della Fede si attardano a difendere come religione cose che neppure essi comprendono razionalmente. Anche per i laici è perciò istruttiva e necessaria una nuova storia della chiesa e del papato, questa volta non più scritta da pii fedeli, ma con occhi neutri di un precristiano o di un loico venuto dal pianeta Marte. Con Pio V (1566-1572), degno successore di Paolo IV, inizia l'epoca del bigottismo e del Pregiudizio eretto a Fede e Dottrina. Di Pio V così scrive l’ex-sacerdote Peter De Rosa: «Mangiava poco e minacciava di scomunica il suo cuoco se metteva nella zuppa ingredienti proibiti nei giorni di astinenza. Il suo scopo principale era di trasformare Roma in un monastero; parlava con Dio e non ascoltava altri che lui. All’aspetto esteriore, Pio era un ammasso di pelle giallastra e di ossa tremolanti; era calvo, con una gran barba bianca, aveva la fronte alta e stretta, bianca come la cera, il naso aquilino, gli occhi come capocchie di spillo e le labbra incurvate come la lama di una scimitarra. Il suo primo atto di pontefice fu quello di cacciare da Roma tutte le prostitute, poiché il numero di donne perdute presenti nella sua diocesi lo imbarazzava. Il Senato romano oppose resistenza, dicendo che la licenziosità prosperava sempre dove c’erano dei celibi; se le prostitute se ne fossero andate, non solo gli afflitti sarebbero crollati, ma nessuna donna onesta si sarebbe salvata dalle grinfie degli ecclesiastici» (p. 143). La logica mi pare stringente e viene da chiedersi perché mai tanta demonizzazione del sesso se nei secoli precedenti non si fosse costruito tutto un sistema di potere su un’armata celibataria di preti. La prima ricchezza della Chiesa si era venuta formando, accumulando le eredità dei pii fedeli che in questo modo si guadagnavano un posto in Paradiso. Mi pare questa una spiegazione storica che non ha bisogno di ricorrere agli insondabili misteri della Fede. Pio V al secolo Antonio Michele Ghisleri era nato a Bosco marengo il 17 gennaio 1504. Fu consacrato papa il 17 gennaio 1566 e finì il suo pontificato il 1° maggio 1572. Gli era preceduto nella carica Pio IV e gli successe Gregorio XIII. Diamo la parola a Peter De Rosa che così prosegue con efficace sintesi che coglie l’essenziale:

«Pio proibì ai cittadini di Roma di entrare nelle taverne e per un pelo non fece dell’adulterio un crimine da punire con la pena capitale [la lapidazione ebraica e musulmana: mirabile affinità dei monoteismi]. Ma non sa niente della storia dei papi? si lamentò un membro della Curia. Inoltre elaborò quella che la comunità inglese chiamò la Bolla Estrema, in cui si proibivano le corride per tutta la Cristianità. Fu pubblicata ovunque, eccetto che nella penisola iberica, il che ne diminuì in un certo senso l’impatto; la gerarchia spagnola si giustificò dicendo di non voler mettere in cattiva luce la Chiesa. Non ci volle molto perché Pio rivolgesse la sua attenzione all’Inghilterra, incoraggiando dietro le quinte la disobbedienza civile contro la regina Elisabetta. Finanziò una rivolta nel nord con dodicimila sterline, e si disse disposto, se necessario, a parteciparvi di persona e a “impegnare in quel servizio tutti i beni della santa Sede”. La ribellione fallì e fu allora che Pio commise un errore madornale, seppur prevedibile. La prima settimana di Quaresima del 1570 un tribunale di Roma giudicò Elisabetta colpevole di tradimento in base a diciassette capi d’accusa; il verdetto del papa era contenuto nella Bolla Regnans in Excelsis del 28 febbraio, con la quale definiva Elisabetta schiava del vizio e falsa regina d’Inghilterra. “Questa stessa donna, che si è impadronita del regno ed ha usurpato oltraggiosamente la carica di Capo Supremo della Chiesa in Inghilterra” doveva essere punita. L’ultimo tentativo di rovesciare un sovrano da parte del papa fu il più impetuoso e pernicioso» (p. 143-44).
Le armi del papato ai tempi di Pio V erano costituiti dalla superstizione spacciata per Fede. La situazione non è cambiata di molto neppure oggi, ogni volta che i Vescovi pretendono di entrare in camera da letto di ogni cittadino e dettar regole su ogni aspetto della vita altrui chiamando ciò Dottrina Morale della Chiesa, un complesso di assurdi pregiudizi che si è venuto stratificando nel tempo e la cui terrena origina gli stessi successori di Pietro hanno dimenticando, credendo essi stessi per secoli nelle bugie che i loro predecessori hanno scientemente fabbricato: valga per tutti la falsa donazione di Costantino. Hanno degli ascari al loro servizio, che sono forse la loro ultima arma temporale. Sono questi i parlamentari cattolici che professano la loro Fede (Santa Madre Mastella di Calcutta) al solo scopo di ottenere i voti di quanti “cretini” (Odifreddi) sono disposti a darli loro. Ma ascoltiamo le stesse parole di papa Pio V, uomo infallibile in quanto Dio stesso:
«Noi dichiariamo la succitata Elisabetta eretica e complice di eretici e dichiariamo che ella è incorsa nella sentenza di scomunica assieme ai suoi sostenitori… Dichiariamo che ella debba venir privata dei suoi pretesi diritti sul regno succitato e di qualsiasi signoria, dignità e privilegio. Dichiariamo inoltre che i signori, i sudditi e il popolo di detto regno e tutti coloro che le hanno prestato giuramento di fedeltà sono assolti in perpetuo da qualsiasi obbligo di fedeltà ed obbedienza. Di conseguenza, li assolviamo e priviamo la stessa Elisabetta dei suoi pretesi diritti sul regno… E proibiamo ai suoi nobili, ai suoi sudditi e al suo popolo di obbedirle … Colpiremo chi agirà diversamente con una simile sentenza di scomunica».

Il pastore di anime, il pescatore di uomini, è divenuto ai tempi di Pio V una Grande Scomunicatore di Popoli. I Romani, dal canto loro, non hanno mai amato il loro papa-re, ma hanno compreso per tempo che finito l’Impero, ciò che loro rimaneva come principale fonte di guadagno era la Sede di Pietro con tutta l’economia che vi era connessa. Considerato quel che oggi costa agli italiani la Chiesa cattolica, oggi non è più tanto vero come nel passato. In tempi in cui si reclama una diminuzione del carico fiscale, i cittadini potrebbero veder dimezzate le loro tasse se venissero aboliti tutti gli infiniti privilegi di cui gode la chiesa, o almeno santamente e piamente si lasciasse ai soli fedeli cattolici di sostenere in modo diretto, consapevole e informato la loro Chiesa e la loro Fede.

Fecero le spese della libido dominandi di Pio V i cattolici inglesi che vollero persistere nella “Fede”. Dapprima i cattolici che non volevano aderire alla nuova chiesa anglicana venivano semplicemnte multati, ma non giustiziati. Dopo la Bolla di Pio V furono invece tutti considerati potenziali traditori e tra il 1577 e il 1633 centoventi sacerdoti furono messi a morte insieme a sessanta laici che avevano dato loro asilo. Duecento cinquanta anni dopo la morte di Pio V, cioè nel 1822, si guadagnarono la patacca di “santi”. Per pure fini di potere Gregorio VII ed Innocenzo III avevano pensato di usare l’arma della scomunica per detronizzare i sovrani. Ciò pose le premesse per un conflitto di fedeltà al proprio sovrano ed alla propria nazione ed al papa che risiedeva in Roma e che con le armi della superstizione intendeva gareggiare con i re, ponendosi sopra di essi. Ancora oggi nella “dottrina” cattolica vige il principio e la presunzione che lo Stato abbia minore dignità rispetto alla Chiesa: lo Stato esiste solo per servire la Chiesa. Questo il retropensiero di ogni Vescovo, anche se può essere pericoloso esplicitarlo fino alle estreme conseguenze. Paradossalmente, oggi l’ultimo baluardo del potere temporale dei papi è quel “voto” che solo la Rivoluzione francese e liberale ha reso possibile ad ogni cittadino, anche quello meno consapevole della sua dignità e del suo status di cittadino di uno Stato che ha potuto garantire la pace interna e la libertà solo dopo che si è separato dalla Chiesa.

Links:
1. Wikipedia: Pio V

2 commenti:

Unknown ha detto...

fazioso, incoerente e non onesto intellettualmente, tipico chi scrive di fede in maniera pregiudiziale...

Antonio Caracciolo ha detto...

Vada pure per gli insulti. Considero una forma di liberalità lasciar dire e lasciar correre, ma non capisco proprio il "non onesto” e suppongo la (mala) fede. Normalmente, ciò che penso lo dico. Il post è abbastanza vecchio e me ne ero quasi dimenticato, ma mi propongo di ritornare e sviluppare le mie visitazioni di storia della chiesa e del papato. Se mi sa spiegare dove sta il "non onesto”, può darsi che possa imparare qualcosa di me stesso. Nella vecchia religione, quella soppiantata dal cristianesimo trionfante, era scritto sulla facciata di un tempio: “Conosci te stesso!”. Mi aiuti lei a conoscere me stesso, lei che si firma Arzan e non ha neppure il coraggio e l’onestà intellettuale di usare il suo nome e cognome. Buona giornata!