martedì, aprile 03, 2007

Papi: Gregorio VII (1073-1085)

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È una buona fonte per il mio progetto di una storia della Chiesa il libro di Peter De Rosa, che dipinge il “grande” Gregorio VII come un autentico falsario tanto sul piano strettamente giuridico avendo egli inventato di sana pianta tutti i suoi titoli giuridici sotto il profilo temporale quanto sul piano teologico poco curandosi di come la poteva pensare Gesù Cristo, ammesso che costui sia mai esistito per Gregorio VII in particolare e per i papi in generale. Gregorio VII, al secolo Ildebrando Aldobrandeschi di Soana, nace a Sovana intorno al 1020/1025 e morì a Salerno il 25 maggio 1085. Fu eletto papa il 22 aprile 1073, consacrato il 30 giugno, finì il suo pontificato con la morte avvenuta “in esilio” il 25 maggio 1085, Gli precedette come papa Alessandro II, gli succederà Vittore III. Alcuni giudizi tratti da De Rosa: fu l’unico papa a canonizzarsi da sé. Infatti i papi erano per santi per definizione. Fu probabilmente «il papa più potente e rispettato della storia». Ma cosa significa “rispettato”? Che fosse anche rispettabile? Non pare proprio!

Ecco alcuni articoli del suo Dictatus, consistente in 27 articoli che delineavano i suoi poteri in quanto Vicario di Cristo, non già più semplice Vicario di Pietro, troppa poca cosa per la cresciuta potenza dei Papi:
– Il papa non può essere giudicato da nessuno sulla Terra.
– La Chiesa di Roma non ha mai errato né mai errerà fino alla fine dei tempi.
– Soltanto il papa può deporre i vescovi.
– Egli solo ha diritto alle insegne imperiali.
– Può detronizzare re ed imperatori e dispensare i loro sudditi dall’obbedienza.
– I suoi legati, anche se non sono sacerdoti, hanno la precedenza su tutti i vescovi.
– Un papa legalmente eletto è irrefutabilmente un santo, reso tale dai meriti di Pietro.
«È difficile accertare» - è De Rosa che parla - «se egli sapesse che la maggior parte delle sue argomentazioni si basava su documenti contraffatti; il minimo che si possa dire è che la sua credulità fu allarmante, specialmente tenendo conto di ciò che riporta il Nuovo Testamento sugli errori di san Pietro. Queste contraffazioni fanno pensare che le sue pretese assolutistiche si basassero su antichi documenti conservati zelantemente negli archivi di Roma» (p. 69).

Nelle edicole è ormai abituale trovare a buon prezzo opere generali di carattere divulgativo, spesso a prezzo staandard di euro 12.90. Anche io sono un acquirente di queste opere, soprattutto per il basso prezzo e la buona veste grafica. Ma non sempre valgono il poco che costano. Così ad esempio nella Storia delle Religioni, uscita con “la Repubblica” ed originariamente apparsa presso Laterza, trovo un polpettone a cura di Giovanni Filoramo, dove a proposito del Dictatus di Gregorio VII trovo la seguente illuminazione:

«Pressoché tutti i manuali di storia medievale [sarebbe stato meglio sorvolare?], quando devono illustrare le concezioni gregoriane, si rifanno alle ventisette proposizioni che nel registro delle lettere di quel papa sono riportate sotto il titolo di Dictatus papae. In effetti [ma guarda un po’!] esse sintetizzano in modo chiarissimo la vastità e profondità delle prerogative e delle competenze riservate alla chiesa romana [o a Gregorio VII?], e ovviamente al suo vescovo: una chiesa romana [e torna lui] alla quale era attribuita la superiorità dottrinale e giuridica [sulla base dei falsi sfornati come in una fabbrica?] su tutta la cristianità, amdando contro ai tradizionali diritti e poteri non solo del “regno”, ma anche dei metropoliti e dei vescovi. Si apriva una vastissima capacità di intervento della chiesa romana così nel corpo ecclesiastico, come nella società. Il processo che era nato per difendere la libertas ecclesiae da ogni intervento che apparisse intromissione nelle vita degli enti della chiesa [ma quale processo?], finì per trasformarsi nell'avvio di un processo di fagocitazione della società nella chiesa [bell’eufemismo!], ovvero di sacralizzazione della realtà [ma quale sacralizzazione?!]. Finì pure per sollecitare la necessità di una ricostruzione razionale delle istituzioni ecclesiastiche, strutturate in modo gerarchico e culminanti nel papato romano» (p. 220).
Ed è tutto sul Dictatus di Gregorio VII, il quale pensava a se stesso innanzitutto ed alla sua libido dominandi senza starsi troppo a curare delle generalizzazioni che mille anni dopo ne avrebbe tratto il divulgatore delle edicole. Un bell’esempio di assenza di spirito critico e di reticenza. Meglio lasciar perdere gli edicolanti! Chi mette a confronto un testo come quello di Peter De Rosa e l’altro di Giovanni Filoramo, edicolante della domenica, può farsi un’idea di cosa può significare una storiografia addomesticata. Chi narra la storia deve avere il coraggio di un giudizio critico. Altrimenti, se non falsifica la storia come fece Gregorio VII, certamente nasconde i fatti e copre i crimini e le colpe di epoche anche assai remote. In tempi in cui si pretende di far passare come un valore in quanto “radici cristiane” le nefandezze di un Gregorio VII lo storico che avalla simili operazioni si rende complice.


Links:
1. Wikipedia: Gregorio VII

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