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Il tema è interessante e si colloca a 150 anni dall’Unificazione come un momento opportuno di riflessione. La quarta di copertina fa un paragone con i libri di Pansa, che hanno divulgato il revisionismo storico sul periodo della guerra civile italiana, detta Resistenza o Liberazione, ma in realtà disfatta bellica, occupazione mai cessata e pure guerra civile mai veramente finita. Mi auguro però che non sia così, in quanto trovo piuttosto edulcorati e leggeri i libri che ho letti di Pansa. Vale oggi forse più di ieri il principio secondo cui i vincitori scrivono sempre la storia. Vi possono essere modi piuttosto grossolani ed altri più eleganti e sofisticati. È probabile, ma non voglio enunciare giudizi perentori e non modificabili, che il metodo iniziato da Pansa sia quello edulcorato. Vi è da sperare, per Pino Aprile ed auspicabili imitatori, che non vi siano i rischi che si corrono nel trattare il periodo di cui si è occupato Pansa. Per non parlare poi del revisionismo storico connesso ai campi di concentramento, dove il carcere duro è la regola per chi si discosta da canoni sanciti per legge e ferocemente applicati dalla magistratura, la stessa che mandò in carcere ed al patibolo i “briganti” di cui Aprile si occupa nel suo libro con un tono ed un linguaggio certamente non accademico. Scrive da giornalista e vuole suscitare emozioni, ai quali affida il successo commerciale del libro.
Ma il tema è troppo serio perché possa essere lasciato nelle mani di un giornalista, se Aprile è fondamentalmente questo e senza voler offendere i giornalisti, la cui funzione è da valutare caso per caso, ma che spesso come agenti ideologici non sono diversi dagli storici accademici, cambiando solo la tecnica e lo stile. Sono abbastanza avanti negli avanti per ricordare la ricorrenza del Centenario dell’Unificazione, quando terminavo le scuole elementari in Calabria. Ma ero allora troppo giovane per andare oltre le narrazioni scolastiche e ricostruire i fatti suo documenti rimasti. Adesso la difficile congiuntura italiana e internazionale costringe ad un ripensamento critico dell’Unificazione. Credo che anche la situazione internazionale porti a riflettere sui rapporti fra il ceto politico che vive esercitando il potere e la stragrande maggioranza dei cittadini che sono amministrati e che sempre più numerosi nutrono seri dubbi che chi governa in nome loro voglio il loro bene o che essi abbiano davvero il diritto ed il potere di eleggerli.
È forse questa nuova ed inedita condizione esistenziale che ci consente di comprendere gli anni dell’Unificazione oggi meglio di ieri. La rivoluzione tecnologica delle comunicazioni ci rende meno isolati l’un l’altro. Potendo comunicare più facilmente possiamo forse costruire una nuova identità. Ma è anche vero che questa possibile nuova identità è insidiata dai cosiddetti “mainstream”, dai grandi canali verticali di comunicazione, per la quali da una parte vi è il talk show e dall’altra succubi milioni di cittadini non si sa bene quanto criticamente autonomi e immuni da persuasione subliminale e da influenze programmate.
Inizio dunque con interesse la lettura del libro di Aprile, facendo teso di ogni nome di “brigante” finora ignoto. La scheda appare in questo mio blog poco curato e aggiornato, allo scopo di redigere una scheda autonoma per ogni “brigante” che Aprile mi farà conoscere. Avverto i miei lettori, e lo stesso Pino Aprile, se gli capita di leggere questa scheda, che in ragione dell’attualità del suo libro, me ne avvalgo come traccia per poi passare ad ulteriori approfondimenti, basandomi sugli spunti che lui stesso mi offre, ma privilegiando le ricerche dirette di archivio presso l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, dove di tanto in tanto mi reco per altre ricerche non ancora concluse. Rinvio inoltre ad una riflessione sullo stesso tema avviata da Teodoro Klitsche de la Grange, sul tema «Risorgimento e guerra civile», ed integrata con documenti inediti. Il lavoro è lungi dall’essere concluso e penso che potrà solo essere avviato. Non credo che mi sarà concesso il tempo per attendere il 200° anniversario dell’Unificazione, un tempo che giudico necessario per potermi formare idee abbastanza definitive su ciò che è stato il Risorgimento, di cui ci hanno parlato a scuola, ma che che trovo già infangato per taluni rapporti che vengono in alto loco fatti fra Risorgimento italiano e sionismo. Se davvero fosse così, allora sarebbe proprio da concludere che è tutto da buttar via e da rifare di sana pianta. Non so come la pensa al riguardo Pino Aprile, se ne parlerà nel resto del libro, ancora tutto da leggere.
Ma il tema è troppo serio perché possa essere lasciato nelle mani di un giornalista, se Aprile è fondamentalmente questo e senza voler offendere i giornalisti, la cui funzione è da valutare caso per caso, ma che spesso come agenti ideologici non sono diversi dagli storici accademici, cambiando solo la tecnica e lo stile. Sono abbastanza avanti negli avanti per ricordare la ricorrenza del Centenario dell’Unificazione, quando terminavo le scuole elementari in Calabria. Ma ero allora troppo giovane per andare oltre le narrazioni scolastiche e ricostruire i fatti suo documenti rimasti. Adesso la difficile congiuntura italiana e internazionale costringe ad un ripensamento critico dell’Unificazione. Credo che anche la situazione internazionale porti a riflettere sui rapporti fra il ceto politico che vive esercitando il potere e la stragrande maggioranza dei cittadini che sono amministrati e che sempre più numerosi nutrono seri dubbi che chi governa in nome loro voglio il loro bene o che essi abbiano davvero il diritto ed il potere di eleggerli.
È forse questa nuova ed inedita condizione esistenziale che ci consente di comprendere gli anni dell’Unificazione oggi meglio di ieri. La rivoluzione tecnologica delle comunicazioni ci rende meno isolati l’un l’altro. Potendo comunicare più facilmente possiamo forse costruire una nuova identità. Ma è anche vero che questa possibile nuova identità è insidiata dai cosiddetti “mainstream”, dai grandi canali verticali di comunicazione, per la quali da una parte vi è il talk show e dall’altra succubi milioni di cittadini non si sa bene quanto criticamente autonomi e immuni da persuasione subliminale e da influenze programmate.
Inizio dunque con interesse la lettura del libro di Aprile, facendo teso di ogni nome di “brigante” finora ignoto. La scheda appare in questo mio blog poco curato e aggiornato, allo scopo di redigere una scheda autonoma per ogni “brigante” che Aprile mi farà conoscere. Avverto i miei lettori, e lo stesso Pino Aprile, se gli capita di leggere questa scheda, che in ragione dell’attualità del suo libro, me ne avvalgo come traccia per poi passare ad ulteriori approfondimenti, basandomi sugli spunti che lui stesso mi offre, ma privilegiando le ricerche dirette di archivio presso l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, dove di tanto in tanto mi reco per altre ricerche non ancora concluse. Rinvio inoltre ad una riflessione sullo stesso tema avviata da Teodoro Klitsche de la Grange, sul tema «Risorgimento e guerra civile», ed integrata con documenti inediti. Il lavoro è lungi dall’essere concluso e penso che potrà solo essere avviato. Non credo che mi sarà concesso il tempo per attendere il 200° anniversario dell’Unificazione, un tempo che giudico necessario per potermi formare idee abbastanza definitive su ciò che è stato il Risorgimento, di cui ci hanno parlato a scuola, ma che che trovo già infangato per taluni rapporti che vengono in alto loco fatti fra Risorgimento italiano e sionismo. Se davvero fosse così, allora sarebbe proprio da concludere che è tutto da buttar via e da rifare di sana pianta. Non so come la pensa al riguardo Pino Aprile, se ne parlerà nel resto del libro, ancora tutto da leggere.
(segue)