sabato, dicembre 23, 2017
martedì, dicembre 19, 2017
Annali del Vicino Oriente: 1921. - 9. Marocco
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Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921 in Marocco. –
1. La situazione al 1° giugno 1921 in Marocco.
– Recentemente, alla denegata autorizzazione a far impiantare una tonnara di sudditi spagnuoli nel luogo concesso nel 1919 alla Società franco-portoghese, senza preventiva autorizzazione, il ministro spagnuolo oppose di non dover chiedere autorizzazione, onde il rappresentante del sultano fece procedere al sequestro del materiale della Società spagnuola, rimasto sulla spiaggia. Tale incidente, presto divenuto un questione di principio, ha fatto nuovamente risorgere il problema di Tangeri, avendo la stampa spagnuola trovato in esso una riprova della impossibilità di conservare l’attuale statuto di Tangeri, fonte continua di incidenti. Occorre pertanto modificarlo e unire la città alla vicina zona spagnuola.
Dopo molto scalpore e discussioni la questione si è risolta nel senso che la Società spagnuola ha chiesto l’autorizzazione, che è stata concessa- Ma la polemica per Tangeri ha avuto una larga riprercussione nella stampa francese e spagnuola
Dopo molto scalpore e discussioni la questione si è risolta nel senso che la Società spagnuola ha chiesto l’autorizzazione, che è stata concessa- Ma la polemica per Tangeri ha avuto una larga riprercussione nella stampa francese e spagnuola
Annali del Vicino Oriente: 1921. - 8. Egitto
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Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921 in Egitto. –
1. La situazione al 1° giugno 1921 in Egitto.
– Dopo che il Gabinetto inglese respinse gli accordi tra Milner e Zaghlul Pascià, la situazione egiziana è divenuta più agitata. I nazionalisti, che già non intendevano accettare l’accordo, inquantoché conservava, in forma larvata, il protettorato britannico sull’Egitto, hanno chiaramente compreso che le nuove trattative implicano ulteriori e più gravi sacrifici; onde, quando la Delegazione egiziana doveva avviarsi a Londra per riprendere le trattative in base al nuovo progetto Milner, e si apprese che Zaghlul era stata da essa escluso, assumendosi l’istesso Adli Jeghen Pascià l’impresa di tirare avanti i negoziati, si è avuto, sulla fine di maggio, uno scoppio di indignazione, degenerato in un movimento xenofobo, con i gravi fatti di Alessandria, in cui sono periti molti Europei e specialmente Greci. Ristabilita la calma, non si può dire che l’agitazione sia cessata. Le trattative si riprenderanno quindi in uno stato di nervosismo e di esasperazione, che non agevolerà certamente la rapida conclusione dei negoziati, né la loro esecuzione pacifica.
Annali del Vicino Oriente: 1921. - 7. India
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Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921 in India. –
1. La situazione al 1° giugno 1921 in India.
– Nell’India musulmana è stata accolta con compiacimento la notizia della revisione del Trattato di Sèvres, decisa a Londra. Ma le ulteriori notizie dell’offensiva greca e della pratica inesecuzione delle decisioni di Londra, hanno riaccesa l’agitazione, che è alimentata dalla speranza di una definitiva e decisiva vittoria kemalista.
Annali del Vicino Oriente: 1921. - 6. Afghanistan
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Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921. –
1. La situazione al 1° giugno 1921 in Afghanistan.
–Dopo il conflitto con l’Inghilterra, chiusosi nel settembre 1919 con il riconoscimento del diritto dell’Afghanistan di contrarre dirette relazioni con tutti gli Stati, cioè con il riconoscimento della sua piena indipendenza, l’emirato afghano ha già a Kabul i rappresentanti della Cina, della Turchia, della Polonia, della Germania. Una missione speciale dell’Afghanistan è andata a Mosca, Varsavia, Berlino, Roma – donde proseguirà per Parigi – allo scopo di strinere rapporti economici e diplomatici con gli Stati coi quali non era ancora in dirette relazioni.
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Annali del Vicino Oriente: 1921. - 5. Persia
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Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921. –
1. La situazione al 1° giugno 1921 in Persia.
– L’avvento al potere degli intellettuali costituisce in fondo un avviamento ad un regime borghese. In seguito alla denuncia dell’accordo anglo-prussiano, al ritiro delle truppe russe e inglesi, il nuovo Governo ha iniziato una forte politica interna di ordine, di disciplina, di giustizia, per acquistare rapidamente prestigio, mentre cerca di stabilire buoni rapporti con l’Inghilterra, la Francia, l’America.
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La questione sionista. |
1921
1. Le repubbliche caucasiche.
Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921. –
2. Turchia.
Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921. – 2. La situazione morale in Anatolia. – 3. Un discorso di Mustafà Kemal Pascià. – 4. Le forze kemaliste. – 5. Le truppe irregolari del Caucaso. – 6. Ratifica del trattato Afgano-Kemalista. – 7. L’intesa Russo-Turca. – 8. Complotto bolscevico in Anatolia. – 9. Le dimissioni di Bekir Sami Bey. – 10. Il Partito di Bekir Sami Bey. – 11. I partiti nel Parlamento di Angora. – 12. Il nuovo Gabinetto in Angora. – 13. La Turchia e la Delegazione musulmana Indiana. – 14. La politica italiana in Turchia. – 15. Situazione in Cilicia. – 16. Chiesa Ortodossa Indipendente in Anatolia. – 17. Rapporti diplomatici Turco-Giapponesi. – 18. Predica dell’ex-Gran Senusso a Sivas. –
3. Siria.
Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921. – 2. La questione dell’unità. –
4. Arabia.
5. Persia.
6. Afghanistan.
7. India.
8. Egitto.
9. Marocco.
10. Mesopotamia.
11. Armenia.
12. Georgia.
13. Persia.
14. L’Inghilterra e l’Oriente in generale.
Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921. –
2. Turchia.
Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921. – 2. La situazione morale in Anatolia. – 3. Un discorso di Mustafà Kemal Pascià. – 4. Le forze kemaliste. – 5. Le truppe irregolari del Caucaso. – 6. Ratifica del trattato Afgano-Kemalista. – 7. L’intesa Russo-Turca. – 8. Complotto bolscevico in Anatolia. – 9. Le dimissioni di Bekir Sami Bey. – 10. Il Partito di Bekir Sami Bey. – 11. I partiti nel Parlamento di Angora. – 12. Il nuovo Gabinetto in Angora. – 13. La Turchia e la Delegazione musulmana Indiana. – 14. La politica italiana in Turchia. – 15. Situazione in Cilicia. – 16. Chiesa Ortodossa Indipendente in Anatolia. – 17. Rapporti diplomatici Turco-Giapponesi. – 18. Predica dell’ex-Gran Senusso a Sivas. –
3. Siria.
Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921. – 2. La questione dell’unità. –
4. Arabia.
5. Persia.
6. Afghanistan.
7. India.
8. Egitto.
9. Marocco.
10. Mesopotamia.
11. Armenia.
12. Georgia.
13. Persia.
14. L’Inghilterra e l’Oriente in generale.
lunedì, dicembre 18, 2017
Annali del Vicino Oriente: 1921. - 4. Arabia
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Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921. –
1. La situazione al 1° giugno 1921 in Arabia.
– Il re dell’Higiaz, è riuscito finora a tener calma la popolazione, fidando nell’aiuto inglese, per risolvere i problemi della Siria e della Mesopotamia. Come abbiamo accennato, egli conta di veder coronati i due figli Faisal e Abdullah in Mesopotamia e nella Transgiordania. Nell’Yemen la situazione è meno calma. Il saied al-Idrisi dell’Asir è ancora molestato dai suoi avversari.
Annali del Vicino Oriente: 1921. - 3. Siria
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Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921. – 2. La questione dell’unità. – 3. Manifesto del partito dell’unità siriana. – 4. Dichiarazione della Commissione del Libano contro l’unità. – 5. Dichiarazione del Gen. Gouraud sul Libano. – 6. La Commissione Amministrativa degli Alawiti. – 7. La questione delle imposte nel Libano. – || y. Periodici e fonti. – z. Rinvii.
1. La situazione al 1° giugno 1921.
– La situazione della Siria, che pareva migliorata dopo gli accordi franco-kemalisti, si è nuovamente aggravata. Beduini e Turchi molestano le forze francesi in più punti e specialmente verso Aleppo. L’idea di un’organizzazione federale della sembra che sia per esser decisa dalla Francia, a quanto ha recentemente dichiarato il generale Gouraud.
2. La questione dell’unità. – La Ḥaqīqah di Beirut pubblica una serie di articoli di articoli del musulmano Abu Zuhayr al-Fawaidi, che polemizza con un giornalista cristiano del Lisan al-Hal in difesa dell’unità siriana. Ne togliamo, completandolo da altre fonti, alcune notizie. È noto che dopo la caduta di Faisal i Francesi hanno costituito in Siria cinque governi distinti ed autonomi: 1) Il Grande Libano (proclamato il 1° settembre 1920), formato dall’aggiunta al libano propriamente detto (costituito nel 1864) dei 4 cazà di Baalbek, Bekaa, Rasheyya e Hasbeyya tolti al Vilayet di Damasco, e della città di Beirut. Esso è retto da un governatore francese e da un Consiglio amministrativo indigeno provvisorio. 2) Il Governo di Damasco con un’amministrazione indigena coadiuvata da consiglieri francesi. 3) Il governo di Aleppo, che comprende Alessandretta a Antiochia; retto da un governatore indigeno nominato dall’Alto Commissario francese, sotto il controllo di un delegato di quest’ultimo. 4) Finalmente il territorio degl’Alawiti (proclamato il 2 settembre 1920) (1), retto da un amministratore francese (centro principale Ladhiqiyyah) con una Commissione amministrativa indigena di carattere consultivo; 5) e il Municipio autonomo di Tripoli. Contro questo smembramento si è sviluppato, specialmente fra i Musulmani, un movimento per l’unità. I Siriani patriottici – dice l’articolista dell’Ḥaqīqah – comprendono che gli abitanti della costa non possono vivere senza rapporti commerciali diretti con l’interno; per questo desiderano l’unità, e non, come dicono i loro avversari, per imporre a tutta la Siria un governo assoluto che favorisca il loro fanatismo religioso (musulmano). I Cristiani del Libano d’altra parte rifiutano l’unità per rimanere in maggioranza nel proprio territorio. L’hanno già dimostrato respingendo un progetto di unificazione del Libano col territorio degli Alawiti. La creazione del grande Libano fu voluto dalla Francia per rafforzare i Maroniti, che rappresentano in Siria il suo più valido appoggio; essa però ha avuto come conseguenza la formazione, nel nuovo Stato, di una maggioranza musulmana (gli abitanti di Beirut e dei 4 cazà tolti al vilayet di Damasco). Essi sono paragonabili per cultura e importanza commerciale ai Cristiani, li superano come numero anche tenendo conto degli emigrati all’estero, numerosissimi, ed hanno dato prova di patriottismo e di resistenza ad influssi stranieri fin dai tempi del regime turco. Quanto ai Cristiani non cattolici, che rappresentano nel Grande Libano una minoranza, sono anch’essi contrari all’unità pe rla loro politica di opposizione ai cattolici. Viene poi la classe dei commercianti, appartenenti a religioni diverse. Essi considerano unicamente i propri interessi e non fanno differenza fra libertà e servaggio; quelli della costa desiderano l’unità perché favorirebbe i loro scambi con l’interno; quelli del Libano invece rspingono tale penetrazione economica e con essa l’unità. I Libanesi emigrati all£estero, sono tutti in favore dell’unità. Nel terzo dei suoi articoli al-Fawāidī si dilunga sulla questione se siano più colti e civili e Cristiani libanesi o i Musulmani del resto della Siria. Egli afferma che la cultura libanese è di importazione francese, brillante ma poco solida, e accompagnata da abitudini e costumi europei che non rappresentano un progresso di fronte ai Musulmani, tutt’altro. Salvo che per la conoscenza del francese, i Musulmani superano i Libanesi in tutti i rami dello scibile; secondo l’articolista la proporzione fra il Libano e il resto della Siria nei giovani che hanno fatto studi superiori sarebbe del tre contro cento. del resto ciò risulterebbe anche dal numero dei Musulmani che erano nella carriera amministrativa sotto il regime turco, e dal fatto che anche la Francia dà ora loro la preferenza negli impieghi governativi. Il Libano dunque non può invocare la propria superiorità come un argomento per rimanere isolato; le vere ragioni sono due: timori di persecuzioni politiche e religiose da aprte della maggioranza musulmana che avrebbe in mano il governo del paese. E questo timore è ingiustificato perché i Musulmani di Siria sono incapaci di fanatismo. secondo e più grave motivo: il desiderio di conservare la supremazia dei Maroniti sulla minoranza del Libano. Per ottenere questo scopo i Maroniti finiranno per domandare che il loro territorio torni qual era prima della proclamazione del Grande Libano; in questo caso soltanto essi vi rappresenterebbero una maggioranza capace di imporsi. In una quarto articolo al-Fawāidī espone i torti fatti ai Musulmani incrporati al Grande Libano. Durante la guerra e fino all’occupazione francese erano scomparse le discordie di religione e di partito. Dopo, i Maroniti, forti dell’appoggio francese, pensarono subito ai propri interessi. Nel vilayet di Beirut erano musulmani il 60 per cento degli impiegati; proporzione corrispondente alla maggioranza musulmana di quel territorio. I Maroniti ottennero che ne fosse licenziata la massima parte, e ciò prima della proclamazione del Grande Libano, e accaparrarono gli impieghi, con gravi conseguenze per l’andamento dei servizi. Non che non fosse opportuno ridurre il numero degl’impiegati musulmani per ristabilire anche nelle pubbliche amministrazioni la nuova proporzione numerica fra le varie fedi risultata dalla costituzione del Grande Libano. Ma ciò purtroppo non avvenne: oggi gl’impiegati musulmani sono il 15 per cento, quota troppo inferiore al giusto. I Maroniti insomma sono riusciti ad opprimere i Musulmani con l’appoggio della Francia, fomentando malintesi fra l’una e gli altri. Ora però si nota da parte della Francia una resipiscenza: essa comincia a comprendere l’importanza dei Musulmani nel paese, e sembra prossima ad affiatarsi completamente con loro. Nell’ultimo articolo i desiderata dei Musulmani di Siria sono così riassunti:
1. Uno stato siriano unico, composto di vilayet aventi autonomia amministrativa. I funzionari di ogni vilayet dovrebbero esser scelti fra i suoi abitanti e in base al merito, facendo astrazione della fede religiosa, o per lo meno tenendo conto della proporzione numerica delle varie religioni, perché le considerazioni locali abbiano la precedenza su quelle religiose.
2. Un parlamento basato sulla proprozione numerica delle varie comunità religiose, a condizione che che nelle elezioni ogni comunità venga aggregata alle altre comunità affini degli altri vilayet di Siria, affinche non siano lesi i diritti della minoranza.
3. Che alla maggioranza del piccolo Libano, se continua a far parte da se stessa, venga concessa la costituzione di comunità che desidera.
Gli abitanti del vilayet di Beirut desiderano di esser costituiti in vilayet estraneo al Piccolo Libano e che la Siria unificata si impegni ad assistere quest’ultimo fornendogli i mezzi sufficienti a sostenere la sua esistenza. (al Ḥaqīqah, bisettimanale arabo di Beirut, 16-26 marzo 1921. V.d.B.).
(1) È il nuovo nome ufficiale per designare la setta dei nosairi, professante un’antica religione pagana, con forti infiltrazioni cristiane e musulmane (sovra tutto degli eretici Ismailiti), Cfr, più avanti, p. 26-27.
3. Manifesto del partito dell’unità. – La Commissione centrale del Partito dell’unità siriana che risiede al Cairo ha inviato ai giornali di Siria e di Palestina un manifesto rivolto a tutti i partiti e le associazioni della Siria e dei Siriani residenti all’estero, per convocarli a un congresso generale Siriano da tenersi il 10 giugno a Ginevra, con lo scopo di perorare presso il Consiglio della Lega delle Nazioni la causa dell'unità e dell’indipendenza Siriana, prima che venga presa dalle potenze una decisione sull’avvenire della Siria. Il manifesto è firmato dal Presidente del Partito Unitario, Michel (Mishel) Bey Lutfallah [cristiano] e dal Vice Presidente Muhammed Rashid Rida [musulmano] (Al-Karmel, bisettimanale arabo di Caiffa, 30-4-1921). ℰ Torna al Sommario.
4. Dichiarazione della Commissione del Libano contro l’unità. – L’Alto Commissario della Repubblica Francese in Siria nel Libano ha comunicato al Governo del Grande Libano in data 14 Gennaio la sua intenzione di fondare un dipartimento unico per il bilancio generale di tutti i Governi della Siria e del Libano per le seguenti materie: 1, Dogane. 2, Poste e telegrafi. 3, Quarantene. 4, Opere pubbliche e cioè: costruzione di strade in tutto il paese, spese di ogni genere per i porti di Beirut, Tripoli e Alessandretta. 5, Amministrazione generale della P.I. tanto per l’insegnamento superiore che per quello secondario e per alcune spese relative agli impiegati delle scuole normali. 6, Amministrazione della Giustizia, soltanto per quanto riguarda le spese di ogni genere per l3Alta Corte di Beirut.
1. Uno stato siriano unico, composto di vilayet aventi autonomia amministrativa. I funzionari di ogni vilayet dovrebbero esser scelti fra i suoi abitanti e in base al merito, facendo astrazione della fede religiosa, o per lo meno tenendo conto della proporzione numerica delle varie religioni, perché le considerazioni locali abbiano la precedenza su quelle religiose.
2. Un parlamento basato sulla proprozione numerica delle varie comunità religiose, a condizione che che nelle elezioni ogni comunità venga aggregata alle altre comunità affini degli altri vilayet di Siria, affinche non siano lesi i diritti della minoranza.
3. Che alla maggioranza del piccolo Libano, se continua a far parte da se stessa, venga concessa la costituzione di comunità che desidera.
Gli abitanti del vilayet di Beirut desiderano di esser costituiti in vilayet estraneo al Piccolo Libano e che la Siria unificata si impegni ad assistere quest’ultimo fornendogli i mezzi sufficienti a sostenere la sua esistenza. (al Ḥaqīqah, bisettimanale arabo di Beirut, 16-26 marzo 1921. V.d.B.).
(1) È il nuovo nome ufficiale per designare la setta dei nosairi, professante un’antica religione pagana, con forti infiltrazioni cristiane e musulmane (sovra tutto degli eretici Ismailiti), Cfr, più avanti, p. 26-27.
3. Manifesto del partito dell’unità. – La Commissione centrale del Partito dell’unità siriana che risiede al Cairo ha inviato ai giornali di Siria e di Palestina un manifesto rivolto a tutti i partiti e le associazioni della Siria e dei Siriani residenti all’estero, per convocarli a un congresso generale Siriano da tenersi il 10 giugno a Ginevra, con lo scopo di perorare presso il Consiglio della Lega delle Nazioni la causa dell'unità e dell’indipendenza Siriana, prima che venga presa dalle potenze una decisione sull’avvenire della Siria. Il manifesto è firmato dal Presidente del Partito Unitario, Michel (Mishel) Bey Lutfallah [cristiano] e dal Vice Presidente Muhammed Rashid Rida [musulmano] (Al-Karmel, bisettimanale arabo di Caiffa, 30-4-1921). ℰ Torna al Sommario.
4. Dichiarazione della Commissione del Libano contro l’unità. – L’Alto Commissario della Repubblica Francese in Siria nel Libano ha comunicato al Governo del Grande Libano in data 14 Gennaio la sua intenzione di fondare un dipartimento unico per il bilancio generale di tutti i Governi della Siria e del Libano per le seguenti materie: 1, Dogane. 2, Poste e telegrafi. 3, Quarantene. 4, Opere pubbliche e cioè: costruzione di strade in tutto il paese, spese di ogni genere per i porti di Beirut, Tripoli e Alessandretta. 5, Amministrazione generale della P.I. tanto per l’insegnamento superiore che per quello secondario e per alcune spese relative agli impiegati delle scuole normali. 6, Amministrazione della Giustizia, soltanto per quanto riguarda le spese di ogni genere per l3Alta Corte di Beirut.
y.
Periodici e fonti
Al-Karmel.
Ḥaqīqah.
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Annali del Vicino Oriente: 1921/giugno. - 2. Turchia
B. Geo. Prec. ↔ Succ.
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Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921. – 2. La situazione morale in Anatolia. – 3. Un discorso di Mustafà Kemal Pascià. – 4. Le forze kemaliste. – 5. Le truppe irregolari del Caucaso. – 6. Ratifica del trattato Afgano-Kemalista. – 7. L’intesa Russo-Turca. – 8. Complotto bolscevico in Anatolia. – 9. Le dimissioni di Bekir Sami Bey. – 10. Il Partito di Bekir Sami Bey. – 11. I partiti nel Parlamento di Angora. – 12. Il nuovo Gabinetto in Angora. – 13. La Turchia e la Delegazione musulmana Indiana. – 14. La politica italiana in Turchia. – 15. Situazione in Cilicia. – 16. Chiesa Ortodossa Indipendente in Anatolia. – 17. Rapporti diplomatici Turco-Giapponesi. – 18. Predica dell’ex-Gran Senusso a Sivas. – || y. Periodici e fonti citate ed utilizzate. – z. Rinvii.
1. La situazione al 1° giugno 1921.
– Dopo il convegno di Londra nel quale, com’è noto, fu stabilito in massima il principio di revisione del Trattato di Sèvres, conservando alla grecia la Tracia e rivedendo fra l’altro il regime stabilito per Smirne, mentre la Tracia è relativamente tranquilla (comitati musulmani protestano però contro le atrocità dei Greci), nell’Anatolia la guerra perdura. Dopo una non fortunata offensiva greca, Greci e Kemalisti raccolgono da qualche mese forze ed armi per una nuova offensiva, che forse non è lontana. Bekir Sami bey, il negoziatore di Londra, ha dovuto dimettersi da Ministro degli Esteri, e dopo di lui l'intero Gabinetto, in seguito al conflitto sorto tra il Comitato della difesa nazionale, appoggiato dalla grande maggioranza dell’assemblea, ed il Gabinetto; essendo il primo propenso all’intransigenza ed all’azione militare ad oltranza, mentre il Gabinetto dimissionario divideva l’opinione, in massima, moderata, di Bekir Sami. Il nuovo ministero di Angora, presieduto da Fevzi bey è ultra nazionalista ed intransigente; e tale situazione non gioverà certo ad agevolare le trattative per ristabilire la pace in Oriente. In conseguenza di tale atteggiamento, l’accordo concluso tra la Francia e Bekir non è stato approvato, mirando a quanto pare i nazionalisti turchi ad ottenere, tra l’altro, una rettifica del confine turco verso la Siria, in modo da comprendere nel territorio nazionale Alessandretta ed Aleppo. Parallelamente a quello di Angora seguita a funzionare il Governo di Costantinopoli, che non ha finora recuperata alcuna autorità nel territorio dell’Asia Minore. Mustafà Kemal ha però assicurato all3Assemblea Nazionale che i due governi sono perfettamente d’accordo per la questione territoriale della tracia e di Smirne. I Commissari alleati a Costantinopoli hanno recentemente deliberato di inviare nell’Asia Minore delle Commissioni per eseguire un’inchiesta sulle atrocità attribuite ai Turchi ed ai Greci, che hanno già iniziato attivamente i loro lavori. (O.M., a. I, Nr 1, 15 giugno 1921, p. 16-17). → Torna al Sommario.
2. La situazione morale in Anatolia. – Un Turco proveniente da Angora ha affermato che i successi militari contro i Greci hanno rafforzato la situazione interna del Governo Kemalista, che il morale è elevatissimo e che ognuno sopporta volenterosamente i sacrifici richiestigli lavorando instancabilmente. L’opinione politica dei capi del movimento nazionale può così riassumersi: nessuna specie di soluzione sarà accettata se non riconosca integralmente la restituzione di Smirne e della Tracia alla Turchia. Le relazioni con gli Armeni sono soddisfacenti, poiché hanno adottato una linea di condotta cordiale e pacifica. (Peyam-i-Sabah, Costantinopoli, maggio 1921). O. B. (O.M., a. I, Nr 1, 15 giugno 1921, p. 20). → Torna al Sommario.
3. Un discorso di Mustafà Kemal Pascià. – Mustafà Kemàl Pascià, in occasione dell’anniversario della formazione del “Grande Parlamento Nazionale di Angora”, ha tenuto in una seduta del detto Parlamento un discorso dicendo fra l’altro:
«La situazione, dopo le ultime vittorie, si è volta completamente in nostro favore. Si è informati che la Grecia cerca un mezzo per venire alla pace; però noi non consentiremo di scendere a trattative con essa qualora non ci restituisca la Tracia e Smirne; fino ad ora domandammo lo sgombro di tali località soltanto colla forza del nostro diritto; invece presentemente al diritto aggiungemmo la vittoria militare. Per quanto sopra siamo perfettamente d’accordo con Costantinopoli. Ripeto, la prima condizione per la pace con la Turchia è lo sgombro della Tracia e di Smirne» (Peyam-i-Sabah, 9-5-1921). O.B. (O.M., a. I, Nr 1, 15 giugno 1921, p. 20). → Torna al Sommario.
4. Le forze kemaliste. – L’esercito kemalista che si trova sulla fronte greca è forte di 120 mila uomini, ai quali vanno continuamente aggiungendosi altre unità. I Turchi non nascondono che prossimamente riprenderanno l’offensiva. Sono giunti recentemente ad Eski-Scehir da Sivas ulemà e sceicchi in numero di 100, unitamente a molti deputati. (Peyām-i-Ṣabāḥ, 7-5-1921) O.B. - Siamo alla vigilia di grandi battaglie in Anatolia. Pare che le forze kemaliste abbiano raggiunto i 400 mila uomini bene armati ed equipaggiati. Si dice che Mustafà lancerà l’attacco dopo le feste del Bairam. Il parlamento di Angora ha stanziato per gli aeroplani due milioni di lire turche. Mustafà Kemal vuole dare battaglia in grande, per venire rapidamente alla fine della guerra. (Peyām-i-Ṣabāḥ, 18-5-1921). O.B. (O.M., a. I, Nr 1, 15 giugno 1921, p. 20). → Torna al Sommario.
5. Le truppe irregolari del Caucaso. – È giunta a Samsun (sul mar Nero, vilayés di Trebisonda, la seconda spedizione di 7 mila Musulmani volontari del Caucaso. La prima spedizione di 5 mila uomini è già stata inviata da Samsun a Kutahia (presso la fronte di combattimento a S di Brussa). Lo zio di Enver Pascià (prima in isfavore presso i kemalisti per la sua parentela, poi perdonato per le sue proteste patriottiche), designato quale comandante di tali forze, è giunto a Trebisonda. (Peyām-i-Ṣabāḥ, 6-5-1921). O.B. → Torna al Sommario.
6. Ratifica del trattato Afgano-Kemalista. – Costantinopoli, 15 maggio. Il trattato Afghano-Kemalista è stato ratificato, ed una missione militare turca si recherà fra breve a Kabul dall’Anatolia. (Times, 15-5-1921). O.B. (O.M., a. I, Nr 1, 15 giugno 1921, p. 20). → Torna al Sommario.
7. L’intesa Russo-Turca. – Secondo notizie da Angora, in base alle prescrizioni dell’intesa segreta stipulata fra i Bolscevichi ed il Governo kemalista, le località che, sia in Armenia che ne Caucaso, saranno sgombrate dalle forze turche saranno occupate dalle truppe rosse; a sua volta il Governo russo fornirà all’esercito turco, armi e munizioni; lo stesso Governo costruirà una ferrovia fino ad Angora e sarà lasciato completamente libero per lo sfruttamento delle miniere del Caucaso e per quanto riguarda le operazioni di transito. Lo notizia dell’esistenza di una tale intesa è confermata anche da fonte greca. (Peyām-i-Ṣabāḥ, 18-5-1921). Un redattore del Hākimiet - i - Millieh ha domandato a Bakir Sami Bey se egli avesse fatto alla stampa europea dichiarazioni contro la Russia dei Soviet. Questi ha risposto che tutte le affermazioni in questo senso a lui attribuite sono inesatte. Mai, parlando ai giornalisti, egli ha ammesso la possibilità di dissensi col governo dei Soviet; anzi ha sempre affermato che i rapporti con la Russia sono non soltanto cordiali ma profondamenti sinceri. «Poiché la Russia è nostra vicina, io sento tutto il valore dei buoni rapporti che abbiamo con lei e sono convinto della loro necessità. Ecco quanto ho sempre dichiarato; se mi attribuiscono parole diverse, esse non hanno fondamento». (Hākimiet - i - Millieh, 1-5-1921) O.B. (O.M., a. I, Nr 1, 15 giugno 1921, p. 20-21). → Torna al Sommario.
8. Complotto bolscevico in Anatolia. – Notizie giunte dall’Anatola affermano che il Governo di Angora ha scoperto un complotto bolscevico. Sono stati trovati parecchi documenti firmati da Zinoviev. Capo degli organizzatori della congiura è Remzi Pascià. Conseguentemente è stato allontanato dall’Anatolia il rappresentante comunista di Merzifun. (Giagadamard, 17-5-1921). U.F. Merzifun (o Merzivan) è capoluogo di cazà, a NW di Amasia (vilayet di Sivas). (O.M., a. I, Nr 1, 15 giugno 1921, p. 21). → Torna al Sommario.
9. Le dimissioni di Bekir Sami Bey. – Come è noto, Bekir Sami Bey tornato ad Angora fu violentemente attaccato dalla maggioranza del Parlamento kemalista, per cui fu costretto a dimettersi. I motivi precisi sono tenuti nascosti, ma non è da escludere che fra di essi debbano annoverarsi anche i trattati stipulati da Bekir Sami con la Francia e l’Italia, nonché le sue idee di riavvicinamento con la Grecia, idee alle quali forse non è estranea l’Italia. L’attuale Commissario per gli Esteri ad Angora è Fevzi Bey. ( Peyām-i-Ṣabāḥ, 17-5-1921) O.B. → Torna al Sommario.
10. Il Partito di Bekir Sami Bey. – Secondo notizie provenienti dall”Anatolia, Bekir Sami Bey, allo scopo di far accettare il suo punto di vista dal Parlamento Nazionale, si sra occupando per la costruzione di un partito fra i suoi partigiani. Si assicura che fino ad ora hanno aderito ad esso ventiquattro deputati (Peyām-i-Ṣabāḥ, 21-5-1921, O.B.) → Torna al Sommario.
11. I partiti nel Parlamento di Angora. – Le correnti politiche contrastanti nel Parlamento di Angora sono tre: una è partigiana di una pace immediata; una seconda vuole la guerra ad oltranza; la terza desidera fare la pace in piena solidarietà col Governo di Costantinopoli. Allo scopo di fondere queste tre tendenze in un’unica volontà nazionale, si è costituito il “partito della difesa dei diritti dell£Anatolia e della Tracia”. ( Peyām-i-Ṣabāḥ, 21-5-1921, O.B.) Al nuovo partito hanno aderito 170 deputati, i quali hanno scelto a loro presidente Mustafà Kemal Pascià. Esso si propone di giungere ad una pace che assicuri l’integrità e l’indipendenza nazionale secondo i principi fondamentali posti e definiti nelle conferenze di Erzerum e di Sivas, ed accettati e confermati dal grande Parlamento di Costantinopoli. Detto partito orienterà ed adopererà al raggiungimento di tali fini tutte le istituzioni ed organizzazioni sia ufficiali sia private; nel contempo farà ogni sforzo affinché, nell’orbita della legge fondamentale statutaria, vengano preparate e consolidate le varie organizzazioni. (Peyām-i-Ṣabāḥ, 24-5-1921, O.B.) → Torna al Sommario.
12. Il nuovo Gabinetto in Angora. – Il Grande Parlamento Nazionale si radunò il 19 maggio u.s. in seduta straordinaria e procedè alla elezione del nuovo Gabinetto, che, secondo l’Agenzia di Anatolia, è così formato:
- Ministro per la Difesa Nazionale Frvzi Pascià, per gli Interni Ata Bey, per gli Esteri Iusuf Kemal Bey, per la Giustizia Refie Scevket Bey, per le Finanze Hasan Beym per l’Economia Gelal Bey,
Detti ministri, riunitisi, hanno scelto a loro Presidente Fevzi Pascià. (Peyām-i-Ṣabāḥ, 25.5-1921, O.B.)
Il nuovo Ministro degli Esteri, Iusuf Kemal, al momento della elezione trovavasi a Mosca; fino al suo arrivo in Angora, l’interim degli Esteri sarà tenuto dal Presidente del Consiglio Fevzi Pascià. (Peyām-i-Ṣabāḥ, 25-5-1921, O.B.). Il nuovo Ministro degli Esteri è dunque persona in buone relazioni con il Governo dei Soviet.→ Torna al Sommario.
13. La Turchia e la Delegazione musulmana Indiana. – Il Segretario di Stato per l’India Montagu espone in una lettera alla Delegazione Musulmana Indiana, venuta a Londra a perorare la revisione del Trattato di Sèvres, la nuova posizione della Turchia quale risulta dalla Conferenza di Londra. « Vi è ogni ragione di sperare», egli dice, che:
1. La Turchia sarà libera e indipendente qul’era prima della guerra, salvo le limitazioni di armamenti imposte tanto a lei che agli Stati ex-nemici, e l’internazionalizzazione degli stretti, egualmente necessaria alla sicurezza dell’Europa in generale e a quella della Turchia in particolare.
2. Adrianopoli avrà una speciale organizzazione autonoma, da fissarsi dal Consiglio della Lega.
3. I diritti dei Musulmani della Tracia saranno riconosciuti e rispettati secondo il Trattato.
4. Si provvederà a smilitarizzare quella parte della tracia che costituirebbe una minaccia alla nuova frontiera turca.
5. Non vi è ragione di temere disparità di trattamento per i musulmani della Palestina.
6. o un qualsiasi controllo o autorità straniere nell’Higiaz.
7. Si spera fra breve di vedere un nuovo e valido Stato arabo in Mesopotamia.
8. Quanto al Califfato, che gli alleati hanno più volte dichiarato una questione riguardante i soli Musulmani, il Trattato salvaguarderà il controllo di questi ultimi sui Luoghi Santi musulmani; e, come Vi ha assicurato il Presidente del Consiglio, gli Alleati non intendono menomamente immischiarsi nei rapporti spirituali fra il Califfo e gli abitanti dei territori che non apparterranno più alla Turchia; se su questo punto è rimasta qualche oscurità nel trattato, mi adopererò per chiarirlo.
La lettera si chiude con una appello alla moderazione, facendo presente che i diritti indiscussi dell’India a speciale considerazione nella conclusione della pace con la Turchia, hanno ricevuto ampio riconoscimento nel Trattato. (Times, 6-5-1921. V.d.B.) OM, cit., p. 21-22). Pare impossibile che il Governo Inglese ignori ancora che il Califfo non ha alcun potere spirituale, ma è invece, almeno in teoria, il sommo monarca di tutti i territori abitati da Musulmani! - → Torna al Sommario.
14. La politica italiana in Turchia. – Non avendo il Governo accettato l’accordo lucrativo che il conte Sforza ha voluto concludere con la nostra Delegazione (1), gli Italiani hanno cambiato faccia ad Adalia ed in altre città del litorale, assumendo una insensata attitudine di occupazione. Questo fatto ci spinge a gettare un’occhiata sulla politica seguita dall£Italia in Oriente, dopo la firma dell’armistizio. Nel momento in cui le Potenze dell’Intesa, abusando delle clausole dell’armistizio di Mudros. hanno calpestato ogni nostro diritto, il nostro onore e la nostra dignità nelle città turche dove esse non avevano potuto penetrare con la forza, gli Italiani avevano richiamato la nostra attenzione. In mezzo a questi eserciti vittoriosi, gli italiani furono quelli che si condussero con meno violenza e orgoglio, in paragone ai Francesi ed agli Inglesi. Noi abbiamo creduto che essi si mostrassero come amicinostri amici, dietro ordini ricevuti in proposito dai loro superiori. Il movente che ci ha spinto ad avvicinarci a loro, sta nello sforozo fatto dall’Inghilterra per fondare un imperialismo ellenico dell’Egeo. Mentre noi ascoltavamo gli uomini politici e i generali italiani dire che essi volevano che essi volevano vedere una Turchia forte in Oriente, abbiamo letto con grande stupore, l’anno passato, a questa medesima epoca, nei giornali europei, che i signori Venizelos e Tittoni si erano messi d’accordo sulla questione d’Oriente e che, seduti a Parigi, l’uno in faccia all’altro, si erano ripartiti i territori che venivano richiesti alla Turchia. Poco dopo Tittoni è caduto ed il conte Sforza ha assunto il portafogli degli Affari Esteri. Il conte Sforza, senza dubbio, conosce l’Oriente e i Turchi, assai meglio del suo predecessore. Egli agisce con dolcezza molto maggiore verso i Turchi. Però, malgrado questa politica di dolcezza e di benevolenza, noi siamo stati ben lungi dal prestar fede alla sincerità della politica turca dell’Italia. Tutte le dolci parole che leggevamo nei giornali e che trovavamo riportate nelle interviste, venivano poi applicate in senso assolutamente inverso. L’Italia parlava con sincerità, ma agiva in maniera assai equivoca. Possiamo citare vari esempi all’appoggio di questo nostro asserto. Sebbene l’Italia sostenesse che il Trattato di Sèvres era inapplicabile e non facesse che parlare della sua benevolente politica orientale, essa ha concluso l’anno passato con la Francia e l’Inghilterra un Trattato, secondo il quale l’Anatolia veniva divisa in zone d’influenza. Dopo l’occupazione di Costantinopoli, l’Italia si è sforzata di vivere in buoni rapporti con i governi di Angora e di Costantinopoli che non riuscivano a mettersi d’accordo fra loro. Or sono sei mesi, l’Italia ha consigliato ai nazionalisti di Anatolia, di accettare il Trattato di Sèvres. Questo consiglio, dato dal Conte Sforza, era un segno che l’Italia modificava la politica seguita ad Angora. Però il Conte Sforza, che basava il suo consiglio sopra un primo successo delle truppe elleniche contro le bande nazionaliste, vedendo, più tardi, la formazione di un forte esercito turco, si affrettò a modificare questo suo consiglio e riprese il tentativo di revisione del trattato di Sèvres. L’Italia diceva che essa non voleva avere in Turchia né territori, nè zona d’influenza, ma che cercava di assicurarsi degli interessi economici e degli sbocchi commerciali, rispettando l’indipendenza della nazione turca. Però l’insensata attività dei soldati e funzionari civili italiani a Adalia e in altre località, era in piena contraddizione con queste dichiarazioni. I Consoli e i comandanti facevano di tutto per prendere nella trappola, con le astuzie e con la propaganda, le popolazioni che l’Italia non riusciva a ridurre in schiavitù per la forza delle armi. Noi possediamo numerosi documenti comprovanti questa ipocrisia. Finalmente gli Italiani, comprendendo che il Governo di Angora non darebbe loro il profitto illecito cui essi agognavano, hanno scoperto il loro vero sentimento che non hanno potuto nascondere più a lungo. Noi vogliamo far capire chiaramente all’Italia che noi facciamo politica di principio e non politica di mercanteggi. Questo principio consiste in una assoluta indipendenza, la quale sarà da noi difesa, come del resto lo è stata fino a questo momento, col massimo della nostra forza e della nostra tenacia. Noi cr4ediamo che l’Italia non veda il territorio turco con lo stesso occhio con cui lo vedono Inghilterra e Francia; ed è perciò che i cannoni che hanno tuonato a Smirne e in Cilicia, tacciono ancora ad Adalia. Desideriamo ardentemente che questa nostra credenza sia per durare sempre. (Hākimiet - i - Millieh, di Angora, 22-3-1921, O.B.) - → Torna al Sommario.
15. Situazione in Cilicia. – La delegazione nazionale armena di Parigi ha ricevuto dal Patriarca armeno un telegramma, il quale conferma la notizia che, grazie a nuove disposizioni prese, la situazione della Cilicia è migliorata. (Vercin Lur, 9-5-1921, U.F.).
Da Costantinopoli 7 maggio.
La situazione in Cilicia risulterebbe ancora turbata. Un comunicato turco nazionalista del 3 maggio parla di combattimenti, nel corso dei quali i Turchi usavano artiglierie, nel distretto di Osmanieh, sulla ferrovia di Bagdad, circa 38 miglia a nord di Alessandretta. Sembra che le truppe francesi si siano ritirate lasciando parecchi morti. Questo comunicato ha prodotto una pessima impressione nei circoli ufficiali francesi di qui. Secondo le ultime informazioni dall’Anatolia, che sembrano attendibili, dopo aver discusso alquanto sull’accordo franco-turco, l’Assemblea di Angora, ha deciso di differire qualunque ulteriore discussione di questo documento. Sembra che l’accordo sia stato severamente criticato dagli estremisti di Angora, e sembra che ora la sua ratificazione sia dubbia. Bekir Sami bey, in un discorso innanzi all’Assemblea, ha espresso òa speranza che, alla prossima Conferenza, che, secondo quanto egli ha detto, verrebbe tenuta in Italia, le Potenze occidentali vogliano acconsentire a conchiudere un nuovo trattato di pace con la Turchia, che possa soddisfare l’onore e gli interessi della Nazione turca meglio e più sostanzialmente che non abbia fatto il Trattato di Sèvres. (Times, 9-5-1921, U.F.).
Nella seduta del 9 maggio alla Camera dei Comuni Harmsworth, in risposta ad un’interpellanza, dichiara che si hanno dalla stampa e da altre fonti notizie sull’accordo Franco-Turco concluso alla Conferenza di Londra, ma che non ne risulta la ratifica da parte dell’Assemblea Nazionale di Angora. Sotto questa riserva sembra che i Francesi intendessero ritirare le loro truppe dalla Cilicia entro un mese dalla cessazione delle ostilità, utilizzare l’attuale gendarmeria, comandata da ufficiali francesi come nucleo della nuova gendarmeria, e domandare garanzie per la protezione delle minoranze. Un telegramma da Larmaca, diretto al Foreign Office l’11 aprile da alcuni rappresentanti della popolazione cristiana della Cilicia, invocava dai Governi Alleati l’evacuazione di tutti gli abitanti cristiani nel caso che non si potesse ritardare lo sgombro delle truppe francesi. Tale telegramma venne comunicato al Governo Francese. Il Foreign Office non ha notizie sullo sgombro dei Cristiani di Aintab. Riguardo all’ultima parte dell’interpellanza: «se i Cristiani della Cilicia ed alcuni dei Musulmani non turchi hanno protestato contro il ritiro delle truppe francesi», la risposta è affermativa per i Cristiani. Non si sa con certezza se fra i firmatari della protesta vi fossero Musulmani non turchi, (Times, 10-5-1921. V.d.B.) - → Torna al Sommario.
Anatolia storica, oggi Turchia. |
M. Kemal Ataturk (1881-1938) |
«La situazione, dopo le ultime vittorie, si è volta completamente in nostro favore. Si è informati che la Grecia cerca un mezzo per venire alla pace; però noi non consentiremo di scendere a trattative con essa qualora non ci restituisca la Tracia e Smirne; fino ad ora domandammo lo sgombro di tali località soltanto colla forza del nostro diritto; invece presentemente al diritto aggiungemmo la vittoria militare. Per quanto sopra siamo perfettamente d’accordo con Costantinopoli. Ripeto, la prima condizione per la pace con la Turchia è lo sgombro della Tracia e di Smirne» (Peyam-i-Sabah, 9-5-1921). O.B. (O.M., a. I, Nr 1, 15 giugno 1921, p. 20). → Torna al Sommario.
Guerra greco-turca (1919-22) |
Enver Pascià (1881-1922) |
6. Ratifica del trattato Afgano-Kemalista. – Costantinopoli, 15 maggio. Il trattato Afghano-Kemalista è stato ratificato, ed una missione militare turca si recherà fra breve a Kabul dall’Anatolia. (Times, 15-5-1921). O.B. (O.M., a. I, Nr 1, 15 giugno 1921, p. 20). → Torna al Sommario.
7. L’intesa Russo-Turca. – Secondo notizie da Angora, in base alle prescrizioni dell’intesa segreta stipulata fra i Bolscevichi ed il Governo kemalista, le località che, sia in Armenia che ne Caucaso, saranno sgombrate dalle forze turche saranno occupate dalle truppe rosse; a sua volta il Governo russo fornirà all’esercito turco, armi e munizioni; lo stesso Governo costruirà una ferrovia fino ad Angora e sarà lasciato completamente libero per lo sfruttamento delle miniere del Caucaso e per quanto riguarda le operazioni di transito. Lo notizia dell’esistenza di una tale intesa è confermata anche da fonte greca. (Peyām-i-Ṣabāḥ, 18-5-1921). Un redattore del Hākimiet - i - Millieh ha domandato a Bakir Sami Bey se egli avesse fatto alla stampa europea dichiarazioni contro la Russia dei Soviet. Questi ha risposto che tutte le affermazioni in questo senso a lui attribuite sono inesatte. Mai, parlando ai giornalisti, egli ha ammesso la possibilità di dissensi col governo dei Soviet; anzi ha sempre affermato che i rapporti con la Russia sono non soltanto cordiali ma profondamenti sinceri. «Poiché la Russia è nostra vicina, io sento tutto il valore dei buoni rapporti che abbiamo con lei e sono convinto della loro necessità. Ecco quanto ho sempre dichiarato; se mi attribuiscono parole diverse, esse non hanno fondamento». (Hākimiet - i - Millieh, 1-5-1921) O.B. (O.M., a. I, Nr 1, 15 giugno 1921, p. 20-21). → Torna al Sommario.
8. Complotto bolscevico in Anatolia. – Notizie giunte dall’Anatola affermano che il Governo di Angora ha scoperto un complotto bolscevico. Sono stati trovati parecchi documenti firmati da Zinoviev. Capo degli organizzatori della congiura è Remzi Pascià. Conseguentemente è stato allontanato dall’Anatolia il rappresentante comunista di Merzifun. (Giagadamard, 17-5-1921). U.F. Merzifun (o Merzivan) è capoluogo di cazà, a NW di Amasia (vilayet di Sivas). (O.M., a. I, Nr 1, 15 giugno 1921, p. 21). → Torna al Sommario.
9. Le dimissioni di Bekir Sami Bey. – Come è noto, Bekir Sami Bey tornato ad Angora fu violentemente attaccato dalla maggioranza del Parlamento kemalista, per cui fu costretto a dimettersi. I motivi precisi sono tenuti nascosti, ma non è da escludere che fra di essi debbano annoverarsi anche i trattati stipulati da Bekir Sami con la Francia e l’Italia, nonché le sue idee di riavvicinamento con la Grecia, idee alle quali forse non è estranea l’Italia. L’attuale Commissario per gli Esteri ad Angora è Fevzi Bey. ( Peyām-i-Ṣabāḥ, 17-5-1921) O.B. → Torna al Sommario.
10. Il Partito di Bekir Sami Bey. – Secondo notizie provenienti dall”Anatolia, Bekir Sami Bey, allo scopo di far accettare il suo punto di vista dal Parlamento Nazionale, si sra occupando per la costruzione di un partito fra i suoi partigiani. Si assicura che fino ad ora hanno aderito ad esso ventiquattro deputati (Peyām-i-Ṣabāḥ, 21-5-1921, O.B.) → Torna al Sommario.
11. I partiti nel Parlamento di Angora. – Le correnti politiche contrastanti nel Parlamento di Angora sono tre: una è partigiana di una pace immediata; una seconda vuole la guerra ad oltranza; la terza desidera fare la pace in piena solidarietà col Governo di Costantinopoli. Allo scopo di fondere queste tre tendenze in un’unica volontà nazionale, si è costituito il “partito della difesa dei diritti dell£Anatolia e della Tracia”. ( Peyām-i-Ṣabāḥ, 21-5-1921, O.B.) Al nuovo partito hanno aderito 170 deputati, i quali hanno scelto a loro presidente Mustafà Kemal Pascià. Esso si propone di giungere ad una pace che assicuri l’integrità e l’indipendenza nazionale secondo i principi fondamentali posti e definiti nelle conferenze di Erzerum e di Sivas, ed accettati e confermati dal grande Parlamento di Costantinopoli. Detto partito orienterà ed adopererà al raggiungimento di tali fini tutte le istituzioni ed organizzazioni sia ufficiali sia private; nel contempo farà ogni sforzo affinché, nell’orbita della legge fondamentale statutaria, vengano preparate e consolidate le varie organizzazioni. (Peyām-i-Ṣabāḥ, 24-5-1921, O.B.) → Torna al Sommario.
12. Il nuovo Gabinetto in Angora. – Il Grande Parlamento Nazionale si radunò il 19 maggio u.s. in seduta straordinaria e procedè alla elezione del nuovo Gabinetto, che, secondo l’Agenzia di Anatolia, è così formato:
- Ministro per la Difesa Nazionale Frvzi Pascià, per gli Interni Ata Bey, per gli Esteri Iusuf Kemal Bey, per la Giustizia Refie Scevket Bey, per le Finanze Hasan Beym per l’Economia Gelal Bey,
Detti ministri, riunitisi, hanno scelto a loro Presidente Fevzi Pascià. (Peyām-i-Ṣabāḥ, 25.5-1921, O.B.)
Il nuovo Ministro degli Esteri, Iusuf Kemal, al momento della elezione trovavasi a Mosca; fino al suo arrivo in Angora, l’interim degli Esteri sarà tenuto dal Presidente del Consiglio Fevzi Pascià. (Peyām-i-Ṣabāḥ, 25-5-1921, O.B.). Il nuovo Ministro degli Esteri è dunque persona in buone relazioni con il Governo dei Soviet.→ Torna al Sommario.
13. La Turchia e la Delegazione musulmana Indiana. – Il Segretario di Stato per l’India Montagu espone in una lettera alla Delegazione Musulmana Indiana, venuta a Londra a perorare la revisione del Trattato di Sèvres, la nuova posizione della Turchia quale risulta dalla Conferenza di Londra. « Vi è ogni ragione di sperare», egli dice, che:
1. La Turchia sarà libera e indipendente qul’era prima della guerra, salvo le limitazioni di armamenti imposte tanto a lei che agli Stati ex-nemici, e l’internazionalizzazione degli stretti, egualmente necessaria alla sicurezza dell’Europa in generale e a quella della Turchia in particolare.
2. Adrianopoli avrà una speciale organizzazione autonoma, da fissarsi dal Consiglio della Lega.
3. I diritti dei Musulmani della Tracia saranno riconosciuti e rispettati secondo il Trattato.
4. Si provvederà a smilitarizzare quella parte della tracia che costituirebbe una minaccia alla nuova frontiera turca.
5. Non vi è ragione di temere disparità di trattamento per i musulmani della Palestina.
6. o un qualsiasi controllo o autorità straniere nell’Higiaz.
7. Si spera fra breve di vedere un nuovo e valido Stato arabo in Mesopotamia.
8. Quanto al Califfato, che gli alleati hanno più volte dichiarato una questione riguardante i soli Musulmani, il Trattato salvaguarderà il controllo di questi ultimi sui Luoghi Santi musulmani; e, come Vi ha assicurato il Presidente del Consiglio, gli Alleati non intendono menomamente immischiarsi nei rapporti spirituali fra il Califfo e gli abitanti dei territori che non apparterranno più alla Turchia; se su questo punto è rimasta qualche oscurità nel trattato, mi adopererò per chiarirlo.
La lettera si chiude con una appello alla moderazione, facendo presente che i diritti indiscussi dell’India a speciale considerazione nella conclusione della pace con la Turchia, hanno ricevuto ampio riconoscimento nel Trattato. (Times, 6-5-1921. V.d.B.) OM, cit., p. 21-22). Pare impossibile che il Governo Inglese ignori ancora che il Califfo non ha alcun potere spirituale, ma è invece, almeno in teoria, il sommo monarca di tutti i territori abitati da Musulmani! - → Torna al Sommario.
14. La politica italiana in Turchia. – Non avendo il Governo accettato l’accordo lucrativo che il conte Sforza ha voluto concludere con la nostra Delegazione (1), gli Italiani hanno cambiato faccia ad Adalia ed in altre città del litorale, assumendo una insensata attitudine di occupazione. Questo fatto ci spinge a gettare un’occhiata sulla politica seguita dall£Italia in Oriente, dopo la firma dell’armistizio. Nel momento in cui le Potenze dell’Intesa, abusando delle clausole dell’armistizio di Mudros. hanno calpestato ogni nostro diritto, il nostro onore e la nostra dignità nelle città turche dove esse non avevano potuto penetrare con la forza, gli Italiani avevano richiamato la nostra attenzione. In mezzo a questi eserciti vittoriosi, gli italiani furono quelli che si condussero con meno violenza e orgoglio, in paragone ai Francesi ed agli Inglesi. Noi abbiamo creduto che essi si mostrassero come amicinostri amici, dietro ordini ricevuti in proposito dai loro superiori. Il movente che ci ha spinto ad avvicinarci a loro, sta nello sforozo fatto dall’Inghilterra per fondare un imperialismo ellenico dell’Egeo. Mentre noi ascoltavamo gli uomini politici e i generali italiani dire che essi volevano che essi volevano vedere una Turchia forte in Oriente, abbiamo letto con grande stupore, l’anno passato, a questa medesima epoca, nei giornali europei, che i signori Venizelos e Tittoni si erano messi d’accordo sulla questione d’Oriente e che, seduti a Parigi, l’uno in faccia all’altro, si erano ripartiti i territori che venivano richiesti alla Turchia. Poco dopo Tittoni è caduto ed il conte Sforza ha assunto il portafogli degli Affari Esteri. Il conte Sforza, senza dubbio, conosce l’Oriente e i Turchi, assai meglio del suo predecessore. Egli agisce con dolcezza molto maggiore verso i Turchi. Però, malgrado questa politica di dolcezza e di benevolenza, noi siamo stati ben lungi dal prestar fede alla sincerità della politica turca dell’Italia. Tutte le dolci parole che leggevamo nei giornali e che trovavamo riportate nelle interviste, venivano poi applicate in senso assolutamente inverso. L’Italia parlava con sincerità, ma agiva in maniera assai equivoca. Possiamo citare vari esempi all’appoggio di questo nostro asserto. Sebbene l’Italia sostenesse che il Trattato di Sèvres era inapplicabile e non facesse che parlare della sua benevolente politica orientale, essa ha concluso l’anno passato con la Francia e l’Inghilterra un Trattato, secondo il quale l’Anatolia veniva divisa in zone d’influenza. Dopo l’occupazione di Costantinopoli, l’Italia si è sforzata di vivere in buoni rapporti con i governi di Angora e di Costantinopoli che non riuscivano a mettersi d’accordo fra loro. Or sono sei mesi, l’Italia ha consigliato ai nazionalisti di Anatolia, di accettare il Trattato di Sèvres. Questo consiglio, dato dal Conte Sforza, era un segno che l’Italia modificava la politica seguita ad Angora. Però il Conte Sforza, che basava il suo consiglio sopra un primo successo delle truppe elleniche contro le bande nazionaliste, vedendo, più tardi, la formazione di un forte esercito turco, si affrettò a modificare questo suo consiglio e riprese il tentativo di revisione del trattato di Sèvres. L’Italia diceva che essa non voleva avere in Turchia né territori, nè zona d’influenza, ma che cercava di assicurarsi degli interessi economici e degli sbocchi commerciali, rispettando l’indipendenza della nazione turca. Però l’insensata attività dei soldati e funzionari civili italiani a Adalia e in altre località, era in piena contraddizione con queste dichiarazioni. I Consoli e i comandanti facevano di tutto per prendere nella trappola, con le astuzie e con la propaganda, le popolazioni che l’Italia non riusciva a ridurre in schiavitù per la forza delle armi. Noi possediamo numerosi documenti comprovanti questa ipocrisia. Finalmente gli Italiani, comprendendo che il Governo di Angora non darebbe loro il profitto illecito cui essi agognavano, hanno scoperto il loro vero sentimento che non hanno potuto nascondere più a lungo. Noi vogliamo far capire chiaramente all’Italia che noi facciamo politica di principio e non politica di mercanteggi. Questo principio consiste in una assoluta indipendenza, la quale sarà da noi difesa, come del resto lo è stata fino a questo momento, col massimo della nostra forza e della nostra tenacia. Noi cr4ediamo che l’Italia non veda il territorio turco con lo stesso occhio con cui lo vedono Inghilterra e Francia; ed è perciò che i cannoni che hanno tuonato a Smirne e in Cilicia, tacciono ancora ad Adalia. Desideriamo ardentemente che questa nostra credenza sia per durare sempre. (Hākimiet - i - Millieh, di Angora, 22-3-1921, O.B.) - → Torna al Sommario.
15. Situazione in Cilicia. – La delegazione nazionale armena di Parigi ha ricevuto dal Patriarca armeno un telegramma, il quale conferma la notizia che, grazie a nuove disposizioni prese, la situazione della Cilicia è migliorata. (Vercin Lur, 9-5-1921, U.F.).
Da Costantinopoli 7 maggio.
La situazione in Cilicia risulterebbe ancora turbata. Un comunicato turco nazionalista del 3 maggio parla di combattimenti, nel corso dei quali i Turchi usavano artiglierie, nel distretto di Osmanieh, sulla ferrovia di Bagdad, circa 38 miglia a nord di Alessandretta. Sembra che le truppe francesi si siano ritirate lasciando parecchi morti. Questo comunicato ha prodotto una pessima impressione nei circoli ufficiali francesi di qui. Secondo le ultime informazioni dall’Anatolia, che sembrano attendibili, dopo aver discusso alquanto sull’accordo franco-turco, l’Assemblea di Angora, ha deciso di differire qualunque ulteriore discussione di questo documento. Sembra che l’accordo sia stato severamente criticato dagli estremisti di Angora, e sembra che ora la sua ratificazione sia dubbia. Bekir Sami bey, in un discorso innanzi all’Assemblea, ha espresso òa speranza che, alla prossima Conferenza, che, secondo quanto egli ha detto, verrebbe tenuta in Italia, le Potenze occidentali vogliano acconsentire a conchiudere un nuovo trattato di pace con la Turchia, che possa soddisfare l’onore e gli interessi della Nazione turca meglio e più sostanzialmente che non abbia fatto il Trattato di Sèvres. (Times, 9-5-1921, U.F.).
Nella seduta del 9 maggio alla Camera dei Comuni Harmsworth, in risposta ad un’interpellanza, dichiara che si hanno dalla stampa e da altre fonti notizie sull’accordo Franco-Turco concluso alla Conferenza di Londra, ma che non ne risulta la ratifica da parte dell’Assemblea Nazionale di Angora. Sotto questa riserva sembra che i Francesi intendessero ritirare le loro truppe dalla Cilicia entro un mese dalla cessazione delle ostilità, utilizzare l’attuale gendarmeria, comandata da ufficiali francesi come nucleo della nuova gendarmeria, e domandare garanzie per la protezione delle minoranze. Un telegramma da Larmaca, diretto al Foreign Office l’11 aprile da alcuni rappresentanti della popolazione cristiana della Cilicia, invocava dai Governi Alleati l’evacuazione di tutti gli abitanti cristiani nel caso che non si potesse ritardare lo sgombro delle truppe francesi. Tale telegramma venne comunicato al Governo Francese. Il Foreign Office non ha notizie sullo sgombro dei Cristiani di Aintab. Riguardo all’ultima parte dell’interpellanza: «se i Cristiani della Cilicia ed alcuni dei Musulmani non turchi hanno protestato contro il ritiro delle truppe francesi», la risposta è affermativa per i Cristiani. Non si sa con certezza se fra i firmatari della protesta vi fossero Musulmani non turchi, (Times, 10-5-1921. V.d.B.) - → Torna al Sommario.
16. Chiesa Ortodossa Indipendente in Anatolia. – Il Ḥākimiet - i - Millieh, giornale ufficiale d’Angora, ha la notizia, mutilata dalla censura, che i Greci dell’Anatolia intendono staccarsi dal patriarcato di Costantinopoli e formare in Anatolia un Patriarcato Turco ortodosso. Queste comunità di religione Greca, tanto nell’interno dell’Anatolia che sulla costa, sono turche di origine, di lingua e di tradizioni. Già durante la guerra il Governo turco avrebbe pensato di istituire per loro un patriarcato e una chiesa indipendenti a Karaman. Il Ministero dell’Interno ha presentato a quelli della Giustizia e degli Esteri comunicazioni relative a tale questione. (Journal d’Orient di Costantinopoli, 14-5-1921, V.d.B.). Se la notizia è vera, si tratta d’un colpo grave all’influenza greca in Anatolia. (O.M., a. I, Nr 1, 15 giugno 1921, p. 23-24). → Torna al Sommario.
17. Rapporti diplomatici Turco-Giapponesi. – Il barone Ushida, Alto Commissario giapponese, è stato ricevuto dal Sultano in udienza che segna il principio della ripresa dei rapporti diplomatici fra Turchia e Giappone. (Near East, 15-5-1921. V.d.B. → Torna al Sommario.
18. Predica dell’ex-Gran Senusso a Sivas. – Il giornale Sabīl ar-Rashād pubblica il testo di una predica pronunciata in una Moschea di Sivas dal Sayyid Ahmed esh-Sherīf es Senūsī. Egli fa l’elogio della guerra santa “tesoro che l’Onnipotente concede ai suoi prediletti” ed afferma che i Musulmani debbono vivere liberi e indipendenti; ciò risulta dal Corano e da tutta la vita del profeta, ed è la base dell’Islam. Termina invocando la fratellanza e l’unione di tutti i Musulmani. (Le Bosphore, 11-5-1921. V.d.B.). Nel 1332 eg. (1914 Cr.) Ahmed esh-Sherīf, per eccitare i Senussi alla guerra contro gl’Italiani. fece stampare al Cairo un suo libro (in-8°, 58 pp.) intititolato Bughyat al-musaid i ahkan al-mugaahid, esponente i meriti della guerra santa, le norme giuridiche per condurla, le regole per la spartizione del bottino, ecc. – Per altre notizie sull’ex-Gran Senusso cfr. qui più avanti, p. 32.
y.
Periodici e fonti
Peyām-i-Ṣabāḥ.
Giagadamard.
Ḥākimiet - i - Millieh.
Journal d’Orient.
Le Bosphore.
Near East.
Journal d’Orient.
Le Bosphore.
Near East.
Sabīl ar-Rashād.
Times.
Vercin Lur.
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Annali del Vicino Oriente: 1921. - 1. Le repubbliche caucasiche.
B. Geopolitica. → Succ.
Sommario: 1. La situazione al 1° giugno 1921. –
Sotto ogni riguardo la situazione interna ed estera della Georgia e dell’Azerbaigian è migliore di quella dell’Armenia. Mentre, in un primo momento, il Governo dei Soviet disconobbe il Trattato di Alessandropoli, siccome iniquo, e ne pretese dai Kemalisti la revisione in favore dell’Armenia, pur non accedendo, beninteso, all’idea di ricostruire l’Armenia secondo il piano degli alleati e l’Arbitrato di Wilson, nelle trattative svolte recentemente a Mosca coi delegati kemalisti ha finito per accettare il Trattato di Alessandropoli, che, com’è noto, mutila enormemente il territoria armeno, riconoscendo l’esistenza di una piccolissima Armenia. Gravissima attualmente è anche la situazione interna dell’Armenia per le malattie e la fame che travagliano la popolazione. Facendo tacere la politica, tutti gli abitanti danno mirabile esempio di concordia, raccogliendo le energie per cercare un riparo ai due tremendi mali, e sperano di superare la grave situazione facendo appello alla loro tenace volontà, di cui hanno dato per il passato non poche prove. (O.M., a. I, Nr. 1, 15 giugno 1921, p. 16). Torna al Sommario.
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1. La situazione al 1° giugno 1921. – Il Governo dei Soviet, mentre è addivenuto ad accordi con gli Stati sorti sui territori occidentali dell’ex-Impero russo (Finlandia, repubbliche baltiche, Polonia), senza ingerirsi nella loro situazione interna, mentre ha annientato bellicamente l’Ucraina esigendo dal governo polacco – col Trattato di Riga - l’espulsione del governo di Petliura da Tarnow, ha assunto, verso le repubbliche del Caucaso, un singolare atteggiamento, cioè non ne ha distrutto l’esistenza nè l’indipendenza, ma le bolscevizzate, ponendole, di fatto, sotto la protezione e l’alta direzione del Governo di Mosca. La prima a subire tale sorta fu l’Azerbaigian. Seguì l’Armenia, all’indomani della sconfitta da parte dei Kemalisti e del Trattato di Alessandropoli. Ultima è stata la Georgia. Dopo la recente offensiva contro la Georgia, l’Armenia rioccupò la zona neutra e restaurò il governo del partito Dascianzaga (socialdemocratico), presieduto da Vratsian, ma per breve tempo.
S. Vratsian (1882-1969) |
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