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Il Principe e altri scritti politici.
Firenze, Barbèra, 1862.
francesi - inglesi - tedeschi - spagnoli 
 
 
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§ 1.
Niccolò Machiavelli.
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| Testo: biografia. | 
Niccolo Machiavelli nacque in Firenze di Bernardo e di Bartolommea Nelli il 3 di maggio del 1469. Qual fosse il metodo de’ suoi studi, quale il maestro, come si reggessero i primi anni della sua vita, son cose al tutto rimase ignote; se non che sappiamo che, perduto il padre, molte cure gli porse la madre sua, donna diletta alle muse; e fu posto presso Marcello Adriani, chiarissimo letterato e cancelliere della Repubblica: ma egli giunto all’ età dei 29 anni aveva dato tali saggi del valor suo, che sopra quattro concorrenti ottenne l’ufficio di segretario del Comune col titolo di Cancelliere della seconda cancelleria de’ Signori; onde poi venne citato sotto la denominazione di Segretario Fiorentino. 
Non appena fu inteso alle cose pubbliche, subito fecesi manifesta quella maravigliosa attitudine della sua mente alla ragion politica di che poi lasciò eterno documento nelle opere sue, e più confermossi in ventiquattro legazioni che a’ principi italiani e stranieri ed a repubbliche sostenne, ed in sedici commissioni che in varie parti del dominio fiorentino ebbe ad espedire per raccogliere ed assoldar milizie, e per altre bisogne, nei 15 anni che si rimase in ufficio. Allor fu che andato più volte oratore al re di Francia, all’imperadore, al papa ec., profondamente considerando la natura e le condizioni dei diversi Stati, raccolse l’argomento di quei Ritratti 
NICCOLO MACHIAVELLI. V 
bellissimi delle cose di Francia, 
d’Alenlagna e dell’ Italia che fanno 
stupire per la sicura brevità dello 
stile e la dirittura dei giudizi onde 
sono dettati. Allor fu che trattando 
le cose della Repubblica in Nantes, 
e venuto a ragionar di politica col 
Cardinal d’ Amboise, a questo che 
burbanzoso diceva gl’ Italiani non in- 
tendersi della guerra, con sicura 
fronte subitamente rispose che i 
Francesi non s’ intendevano dello 
Stato, perchè intendendosene non 
avrebbero lasciato venire in tanta 
grandezza il pontefice e la Spagna 
in Italia: ed infatti venne poi tempo 
che ambedue cacciarono i Francesi 
da quella terra, e così non cadde in 
fallo T antivedere del Machiavelli. 
« 
Finché gli bastò la vita, fu ama- 
tore caldissimo della patria, e prima 
servendola coi pubblici incarichi, poi, 
quando da questi fu escluso, ammae- 
strandola cogli scritti, fece quanto 
stava da lui per conservarle la liber- 
VI NICCOLÒ MACHIAVELLI. 
tà. La patria al contrario pregiava 
l’ ingegno suo, ma non fu sempre 
generosa remuneratrice dei suoi me- 
riti; cosicché spesso trovossi vicino 
a cadere nel fondo dell’ indigenza, 
ed ebbe a ricorrere alla Signoria, 
perchè ne lo ritraesse. Quando ve- 
deva correre a mal termine le cose 
della Repubblica, questa profezia po- 
litica gli scoppiava dal cuore: « La 
buona fortuna de’ Francesi ci ha 
fatto perdere la metà dello Stato; 
la cattiva ci farà perdere la libertà. » 
E fece quanto l’ amor della patria ed 
il senno gli dettavano per salvarla 
dalla estrema rovina: vide qual pe- 
ste fossero le milizie mercenarie, e 
gridò si dovessero confidar le armi 
alle mani dei cittadini, chè la loro 
difesa sarebbe stata sempre più vi- 
gorosa e leale della mercenaria, pe- 
rocché difendendo la patria difende- 
vano sé stessi, le mogli, i figli, le 
proprie sostanze; e perchè non ba- 
sta in guerra, per vincere, il solo 
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NICCOLO MACHIAVELLI. VII 
amor del luogo natio e la libertà 
della patria se non è fortificato dal- 
1’ arte e dalla buona disciplina, dettò 
i sette libri dell’ arte della guerra. 
Quando i Medici con l’ aiuto di 
Giulio IL erano stati rimessi in Fi- 
renze, il primo segno dell’ ira loro 
fu il Machiavelli che troppo lo sa- 
pevano divoto alla libertà, e lo fe- 
cero privar del suo u/izio di segre- 
tario della cancelleria dei dieci ma- 
gistrati di libertà e di pace (1512). 
Ma non paghi di averlo ridotto alla 
miseria, era mestieri si aggravasse 
maggiormente il peso dei mali con- 
tro colui che per altezza d’ ingegno 
li faceva tremare nell’ usurpato do- 
minio: ed eccolo, per sospetto di 
complicità nella congiura del Bo- 
scoli e del Capponi contro il cardi- . 
naie de’ Medici, trascinato a guisa 
di malfattore nelle pubbliche carce- * 
ri ; ed ecco farsi orrendo strazio del 
corpo suo mettendolo alla tortura. 
Ma un intrepido silenzio, un’ eroica 
Vili NICCOLO MACHIAVELLI. 
costanza furono le risposte del te- 
muto filosofo al rigorosum examen. 
Il supplizio estremo aspettavalo, se 
meno astuti stati fossero i suoi ne- 
mici; ma era d’ uopo farsi genexosi 
a colui che i tormenti non avevan 
potuto avvilire. Il cardinale, salito 
al pontificato sotto il nome di Leo- 
ne X, in mezzo alle pubbliche alle- 
grezze lo faceva uscire di carcere, 
ma lo mandava in esilio : « esilio, dice 
il Baldelli, eh’ ei sopportò come Ari- 
stide, portandovi com’ esso, dopo 
lunghi servigi, un cuore senza rim- 
proveri ed una nobile povertà. » Rien- 
trato poi nella patria, confortavasi 
della sventura scrivendo le opere che 
lo han fatto immortale ; e delizian- 
dosi nell’ amicizia d’ uomini egregi, 
raccoglievasi ne’ famosi Orti Orieel- 
lari con una eletta brigata di gio- 
vani insofferenti della nuova servi- 
tù, i quali apprendevano dalla sua 
bocca le dottrine altissime dello Sta- 
to- In quegli Orti si ordì una nuova 
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NICCOLÒ MACHIAVELLI. IX 
congiura che fu scoperta dal Cardi- 
nal Giulio de’ Medici che governava 
Firenze per Leon X: alcuni scampa- 
rono con la fuga, altri perderono la 
vita; contro il Machiavelli si adden- 
sarono sospetti, ma non è noto se 
patisse alcuna persecuzione. Co’ suoi 
scritti frattanto saliva a maggior no- 
minanza: e cosi a poco a poco gli 
stessi Medici, suoi antichi persecu- 
tori, cominciarono a pensare come 
farselo amico e giovarsi dell 1 inge- 
gno suo; quindi il Cardinal Giulio 
gli affidò una legazione al Capitolo 
dei Frati Minori di Carpi. Io non sa- 
prei veramente se fu più presto per 
vilipendio che per onore il mandare 
un uomo che aveva trattato con tanti 
monarchi e repubbliche, ambascia- 
dorè ad un Capitolo di Frati; ma il 
Machiavelli anche in ciò seppe tro- 
var cagione a’ suoi studi politici, 
giovandosi di molte cose che andava 
leggendo nelle costituzioni di quella 
republica degli zoccoli , com’ egli 
X NICCOLO MACHIAVELLI. 
stesso la chiama rispondendo alle 
scherzose lettere che su quella sua 
ambasceria erangli scritte da Fran- 
cesco Guicciardini, in una delle quali 
10 paragona a Lisandro, che dopo 
tanti trionfi ebbe la cura di distri- 
buir la carne a quegli stessi soldati 
che aveva sì spesso condotti alla 
vittoria. 
Passata poco appresso la tiara sul 
capo del Cardinal Giulio che assunse 
11 nome di Clemente VII, quella sem- 
bianza di repubblica che ancor si 
rimaneva in Firenze, vedendo il 
nostro messer Niccolò entrato in gra- 
zia del pontefice, lo richiamò ai pub- 
blici incarichi, e lo mandò all’ eser- 
cito della lega contro il Borbone ge- 
nerale di Carlo V, per indurlo a 
muovere alla difesa della Toscana 
minacciata da quel generale. Tor- 
nato in patria dopo il sacco di Roma, 
trovossi oppresso dall’ odio del po- 
polo, il quale davasi a credere eh’ egli, 
mutato animo pei pochi favori avuti 
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NICCOLO, MACHIAVELLI. XI 
dai Medici, li avesse col suo trattato 
del Principe ammaestrati ad esser 
tiranni. Questa era certo una ingra- 
titudine per parte dei suoi concitta- 
dini; ma il Machiavelli, sì profondo 
conoscitore degli uomini e delle cose, 
doveva sapere che chi tanto aveva 
fatto o scritto per la libertà della 
patria non poteva senza biasimo 
grandissimo accettar benefizi da co- 
loro che lui e. lei avevano barbara- 
mente trattati. 11 bisogno, come si 
fa chiaro dalle sue lettere, lo strinse 
ad accettare le modiche beneficenze 
medicee, ma meglio sarebbe stato 
per lui l’andare di porta in porta 
mendicando la vita. In tale lacrime- 
vole condizione lo colse la morte il 
di 22 di giugno del 1527 per fieris- 
simi dolori di ventre derivati da una 
medicina che spesso usava di pren- 
dere. Non ebbe il compianto dei cit- 
tadini, lasciò in povertà estrema i 
cinque suoi figli, sol fu ammirato e 
desiderato da pochi che intimamente 
XII NICCOLO MACHIA YKLLI. 
conoscevano l’ animo suo non mu- 
tato punto da quel di prima e non 
si riducevano a delirar con la plebe. 
« 
Fu ameno e scherzevole nel conver- 
sare, arguto nelle risposte, saldo 
nelle amicizie ; se si dee credere al * 
Varchi e ad alcune sue lettere (quan- 
do non sieno una scherzevole esa- 
gerazione), alquanto prosciolto nei 
costumi; se, come dicono, nella sua 
novella di Belfagor volle dipingere 
Manetta Corsini sua moglie, ebbe 
poco a lodarsi del matrimonio. 
Chi vuol giudicare del Machiavelli, 
si fermi bene in mente queste due 
massime: ch’ei fu passionato ama- 
tore della repubblica, e che consi- 
derò sempre e poi sempre gli uomi- 
ni quali sono, non quali dovrebbero 
essere. 
Ma parliamo del Principe. Buon 
per lui se non avesse posto il pen- 
siero a quello scritto; perchè seb- 
bene certo sia eh’ ei non creasse 
una nuova politica, perchè, come 
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NICCOLO MACHIAVELLI. XIII 
trovo notato nel Malfei,* già prima 
del Machiavelli esisteva il machia- 
vellismo, pure egli fu il capro espia- 
tore che tutto ne portò il vituperio. 
Qual fosse il fine, qual la cagione 
che lo inducesse a trattar quell’ ar- 
gomento non sarebbe agevole defi- 
nire : molte e svariate sono state e 
saranno le opinioni degli uomini su 
tal subietto; ma incomincieremo dal 
ricordare che egli stesso dice in quel 
trattato medesimo come è suo pen- 
siero di scrivere cosa utile a chi l’in- 
tende: questo tratto unito a molti 
altri argomenti, dà gran peso alla 
opinione di quei non pochi che dis- 
sero lui con quel trattato aver vo- 
luto tendere un laccio sottilissimo 
ai Medici, cosicché se essi nei primi 
istanti del loro dominio avessero co- 
minciato a mettere in pratica i mal- 
vagi precetti eh’ ei dava loro, sareb- 
bero venuti in tanto odio pubblico 
# Storia deìla lett. ital . 
XIV NICCOLÒ MACHIAVELLI. 
che era da sperare fossero cacciati 
dalla ancora non ben ferma signo- 
ria; e d’altra parte ammonisce col 
fatto i suoi concittadini di non darsi 
a credere di dover esser felici sotto 
il nuovo dominio mediceo. 
Queste cose che lo studio di bre- 
vità ci costringe a toccare appena 
di scorcio, sono diffusamente dichia- 
rate e nella prefazione alla edizion 
« 
fiorentina di tutte le Opera del Ma- 
chiavelli fatta nel 1782, e nell’jE7o- 
gio che scrisse di lui Gio. Battista 
Baldelli (1794), e negli Elogi degli 
Illustri Toscani all’ articolo Machia- 
velli, e nella prefazione dell’ altra 
edizione fiorentina delle Opere sue , 
con la data d’ Italia, 1813. Altri poi, 
e con essi il Ginguené, son d’ avviso 
che il vero fine del Machiavelli fosse 
quello che nella sua famosa lettera 
scritta a Francesco Vettori nel 10 di- 
cembre 1513 egli stesso manifesta, 
cioè di gratificarsi i Medici, poiché 
egli si andava consumando nella mi- 
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NICCOLÒ MACHIAVELLI. XV 
seria e non poteva ancora per lungo 
tempo rimanersi in quello stato ; ma 
vaglia il vero, in questa lettera tutta 
tradotta dal Ginguené nella sua Sto- 
ria letteraria d’ Italia, dice messer 
Niccolò di avere scritta quest’ ope- 
ra, ma non ne disvolge il line, e 
soltanto segue dicendo che vuol de- 
dicarla a Giuliano de’ Medici, perchè 
ella dovrebbe piacere ad un principe 
e soprattutto ad un principe nuovo; 
quindi se anche avesse avuto un più 
riposto intendimento, ei certo non 
era tale da avventurarlo allo scritto. 
* 
A noi non dispiace accostarci all’opi- 
nione del Corniani, al quale sembrò 
che il Segretario Fiorentino « tra- 
sportar si lasciasse (sono le sue pa- 
role) da un desiderio intemperante 
di scientifica gloria. Egli aveva acu- 
tamente scrutinato 1’ uomo in parti- 
colare e gli uomini in massa. Egli 
non aveva lasciato trapassar nella 
storia alcun avvenimento che non 
avesse accuratamente scandagliato 
XVI NICCOLÒ MACHIAVELLI. 
sulle bilance della riflessione. Quindi 
egli aveva acquistato una cognizione 
profonda di tutti i mezzi e giusti e 
nobili e vili e perversi per cui si 
erano stabiliti, mantenuti e ingran- 
diti i principati e le repubbliche, e 
dall’ altra parte i danni e i corrodi- 
menti anche inosservati ed obliqui 
che li avevano condotti a perdizione 
e rovina. Voleva dunque dimostrare 
quanto vasta fosse la sfera delle sue 
politiche idee, e come a lui non erano 
sfuggite nemmeno le vie tortuose ed 
inique per cui alcuni dalla condizione 
privata erano saliti al dominio senza 
esservi chiamati dall’ unanime voto 
dei popoli, e divenuti per sè soli 
grandi e potenti.* *» Nè qui lascerò 
di riferire quanto l’ illustre Gio. Bat- 
tista Niccolini scrisse in una nota a 
piè di alcuni Cenni sulla vita del 
Machiavelli: «Meritano esser lette 
le profonde Considerazioni sul libro 
• Voi. II, pag. 234, ed. Pomba. 
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NICCOLÒ MACHIAVELLI. XVII 
del Principe, che scrisse il celebre 
professore Andrea Zambelli : il quale 
desumendo la ragione o lo scopo di 
quest’ opera dall’ indole del Machia- 
velli e da quella de’ suoi tempi, pose 
fine alle antiche e moderne dispute 
insorte tra coloro che del Segretario 
Fiorentino trascorrono o nel biasimo 
o nella lode. » 
 
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