sabato, marzo 17, 2018

§ 1. Prefazione - Demattio, Fonologia italiana.

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Testo online.

PREFAZIONE

Il primo a spiegare con metodo veramente scientifico le più importanti leggi, che governano il tramutamento dei suoni latini in quelli delle lingue romanze, fu il glorioso fondatore della scienza dei linguaggi neo-latini Federico Diez nella sua stupenda Grammatica delle lingue romanze.

Ad uso degli Italiani io pubblicava in succinto quelle leggi fonetiche che riguardano la nostra lingua nell’appendice al mio opuscolo su Origine, Formazione ed Elementi della lingua italiana (Innsbruck, Wagner 1869) [2ª ed. 1878], e più tardi faceva lo stesso il prof. Raffaello Fornaciari nella sua Grammatica storica della lingua italiana estratta e compendiata dalla Grammatica romana di Federico Diez (Torino, Loescher 1872).

Al lavoro del Fornaciari faceva poi seguito nella Nuova Antologia di Firenze una Notizia letteraria del chiarissimo prof. cav. Adolfo  Mussafia, in cui si deplorava, che, fra le tre parti della grammatica prese a trattare, il dotto Toscano avesse dedicate le minori cure precisamente a quella che era della maggiore importanza, vale a dire, alla teorica dei suoni, che si dovrebbe sviluppare più ampiamente, e, indipendentemente dal modello seguito, meglio chiarire certe leggi e tendenze o consuetudini fonetiche, che riguardano la lingua italiana in particolare, e che il Diez, trattando di sei lingue nel medesimo tempo, non poteva che tutto al più toccare alla sfuggita.

Queste considerazioni, che indirettamente riguardavano anche l’appendice del mio opuscolo, mi fecero determinare ad estendere i miei studi e le mie ricerche, a far tesoro delle preziose osservazioni che si contengono in quella Notizia, ed a dar fuori adesso ad uso de’ candidati allo insegnamento, che percorrono i loro studi nelle Università, e de’ professori e maestri di lingua italiana nelle scuole secondarie, e specialmente ne’ ginnasi, un apposito trattato di fonologia italiana, il quale venisse a corrispondere meglio ai bisogni della scuola e alle attuali esigenze della scienza linguistica. Com’ io sia riuscito nel diffìcile compito, lo diranno i miei compagni di studio, ai quali, come a giudici indulgenti e benevoli, ne rimetto senza più il giudizio.

Innsbruck 1. Gennajo 1875.
F. D.


ANNOTAZIONI

• Fortunato Demattio (1837-1899), the Online page books.
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Rassegna di grammatiche italiane - Homepage 1

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Testo online.
HOMEPAGE 1
Rassegna di Grammatiche Italiane
(redatte in italiano)

A.
FONOLOGIA ITALIANA

Pagine dettate giusta i risultati delle più recenti investigazioni linguistiche, soprattutto germaniche come Introduzione e chiave allo studio della grammatica storica ed alle ricerche etimologiche per
Fortunato Dr. Demattio,
professore pubblico ordinario nell’I. R. Università d’Innsbruck,
Innsbruck, Libreria Accademica Wagner, 1875.

Sommario: §§ 1. Prefazione. – 2.

B.
Testo online.
Grammatica storica della lingua italiana,
di Fortunato Fornaciari, Torino, 1872.
Sommario: §§ 1. Prefazione. – 2.

C.
Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti,
di Gerhard Rohlfs. - Indice-Sommario dei tre volumi.


martedì, marzo 06, 2018

Scrittori politici italiani: 2. Niccolò Machiavelli (1469-1527): i. Il Principe. - §1 Biografia.

B. Home. §2. ↔︎ §4.
Testo online.
NICCOLÓ MACHIAVELLI
Il Principe e altri scritti politici.
Firenze, Barbèra, 1862.


francesi - inglesi - tedeschi - spagnoli
Internet Archive: N. Machiavelli. (1048)







.

§ 1.

Niccolò Machiavelli.


Testo: biografia.
Niccolo Machiavelli nacque in Firenze di Bernardo e di Bartolommea Nelli il 3 di maggio del 1469. Qual fosse il metodo de’ suoi studi, quale il maestro, come si reggessero i primi anni della sua vita, son cose al tutto rimase ignote; se non che sappiamo che, perduto il padre, molte cure gli porse la madre sua, donna diletta alle muse; e fu posto presso Marcello Adriani, chiarissimo letterato e cancelliere della Repubblica: ma egli giunto all’ età dei 29 anni aveva dato tali saggi del valor suo, che sopra quattro concorrenti ottenne l’ufficio di segretario del Comune col titolo di Cancelliere della seconda cancelleria de’ Signori; onde poi venne citato sotto la denominazione di Segretario Fiorentino.

Non appena fu inteso alle cose pubbliche, subito fecesi manifesta quella maravigliosa attitudine della sua mente alla ragion politica di che poi lasciò eterno documento nelle opere sue, e più confermossi in ventiquattro legazioni che a’ principi italiani e stranieri ed a repubbliche sostenne, ed in sedici commissioni che in varie parti del dominio fiorentino ebbe ad espedire per raccogliere ed assoldar milizie, e per altre bisogne, nei 15 anni che si rimase in ufficio. Allor fu che andato più volte oratore al re di Francia, all’imperadore, al papa ec., profondamente considerando la natura e le condizioni dei diversi Stati, raccolse l’argomento di quei Ritratti





NICCOLO MACHIAVELLI. V

bellissimi delle cose di Francia,
d’Alenlagna e dell’ Italia che fanno
stupire per la sicura brevità dello
stile e la dirittura dei giudizi onde
sono dettati. Allor fu che trattando
le cose della Repubblica in Nantes,
e venuto a ragionar di politica col
Cardinal d’ Amboise, a questo che
burbanzoso diceva gl’ Italiani non in-
tendersi della guerra, con sicura
fronte subitamente rispose che i
Francesi non s’ intendevano dello
Stato, perchè intendendosene non
avrebbero lasciato venire in tanta
grandezza il pontefice e la Spagna
in Italia: ed infatti venne poi tempo
che ambedue cacciarono i Francesi
da quella terra, e così non cadde in
fallo T antivedere del Machiavelli.

«

Finché gli bastò la vita, fu ama-
tore caldissimo della patria, e prima
servendola coi pubblici incarichi, poi,
quando da questi fu escluso, ammae-
strandola cogli scritti, fece quanto
stava da lui per conservarle la liber-


VI NICCOLÒ MACHIAVELLI.

tà. La patria al contrario pregiava
l’ ingegno suo, ma non fu sempre
generosa remuneratrice dei suoi me-
riti; cosicché spesso trovossi vicino
a cadere nel fondo dell’ indigenza,
ed ebbe a ricorrere alla Signoria,
perchè ne lo ritraesse. Quando ve-
deva correre a mal termine le cose
della Repubblica, questa profezia po-
litica gli scoppiava dal cuore: « La
buona fortuna de’ Francesi ci ha
fatto perdere la metà dello Stato;
la cattiva ci farà perdere la libertà. »
E fece quanto l’ amor della patria ed
il senno gli dettavano per salvarla
dalla estrema rovina: vide qual pe-
ste fossero le milizie mercenarie, e
gridò si dovessero confidar le armi
alle mani dei cittadini, chè la loro
difesa sarebbe stata sempre più vi-
gorosa e leale della mercenaria, pe-
rocché difendendo la patria difende-
vano sé stessi, le mogli, i figli, le
proprie sostanze; e perchè non ba-
sta in guerra, per vincere, il solo


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NICCOLO MACHIAVELLI. VII

amor del luogo natio e la libertà
della patria se non è fortificato dal-
1’ arte e dalla buona disciplina, dettò
i sette libri dell’ arte della guerra.

Quando i Medici con l’ aiuto di
Giulio IL erano stati rimessi in Fi-
renze, il primo segno dell’ ira loro
fu il Machiavelli che troppo lo sa-
pevano divoto alla libertà, e lo fe-
cero privar del suo u/izio di segre-
tario della cancelleria dei dieci ma-
gistrati di libertà e di pace (1512).
Ma non paghi di averlo ridotto alla
miseria, era mestieri si aggravasse
maggiormente il peso dei mali con-
tro colui che per altezza d’ ingegno
li faceva tremare nell’ usurpato do-
minio: ed eccolo, per sospetto di
complicità nella congiura del Bo-
scoli e del Capponi contro il cardi- .
naie de’ Medici, trascinato a guisa
di malfattore nelle pubbliche carce- *
ri ; ed ecco farsi orrendo strazio del
corpo suo mettendolo alla tortura.
Ma un intrepido silenzio, un’ eroica


Vili NICCOLO MACHIAVELLI.

costanza furono le risposte del te-
muto filosofo al rigorosum examen.
Il supplizio estremo aspettavalo, se
meno astuti stati fossero i suoi ne-
mici; ma era d’ uopo farsi genexosi
a colui che i tormenti non avevan
potuto avvilire. Il cardinale, salito
al pontificato sotto il nome di Leo-
ne X, in mezzo alle pubbliche alle-
grezze lo faceva uscire di carcere,
ma lo mandava in esilio : « esilio, dice
il Baldelli, eh’ ei sopportò come Ari-
stide, portandovi com’ esso, dopo
lunghi servigi, un cuore senza rim-
proveri ed una nobile povertà. » Rien-
trato poi nella patria, confortavasi
della sventura scrivendo le opere che
lo han fatto immortale ; e delizian-
dosi nell’ amicizia d’ uomini egregi,
raccoglievasi ne’ famosi Orti Orieel-
lari con una eletta brigata di gio-
vani insofferenti della nuova servi-
tù, i quali apprendevano dalla sua
bocca le dottrine altissime dello Sta-
to- In quegli Orti si ordì una nuova


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NICCOLÒ MACHIAVELLI. IX

congiura che fu scoperta dal Cardi-
nal Giulio de’ Medici che governava
Firenze per Leon X: alcuni scampa-
rono con la fuga, altri perderono la
vita; contro il Machiavelli si adden-
sarono sospetti, ma non è noto se
patisse alcuna persecuzione. Co’ suoi
scritti frattanto saliva a maggior no-
minanza: e cosi a poco a poco gli
stessi Medici, suoi antichi persecu-
tori, cominciarono a pensare come
farselo amico e giovarsi dell 1 inge-
gno suo; quindi il Cardinal Giulio
gli affidò una legazione al Capitolo
dei Frati Minori di Carpi. Io non sa-
prei veramente se fu più presto per
vilipendio che per onore il mandare
un uomo che aveva trattato con tanti
monarchi e repubbliche, ambascia-
dorè ad un Capitolo di Frati; ma il
Machiavelli anche in ciò seppe tro-
var cagione a’ suoi studi politici,
giovandosi di molte cose che andava
leggendo nelle costituzioni di quella
republica degli zoccoli , com’ egli


X NICCOLO MACHIAVELLI.

stesso la chiama rispondendo alle
scherzose lettere che su quella sua
ambasceria erangli scritte da Fran-
cesco Guicciardini, in una delle quali

10 paragona a Lisandro, che dopo
tanti trionfi ebbe la cura di distri-
buir la carne a quegli stessi soldati
che aveva sì spesso condotti alla
vittoria.

Passata poco appresso la tiara sul
capo del Cardinal Giulio che assunse

11 nome di Clemente VII, quella sem-
bianza di repubblica che ancor si
rimaneva in Firenze, vedendo il
nostro messer Niccolò entrato in gra-
zia del pontefice, lo richiamò ai pub-
blici incarichi, e lo mandò all’ eser-
cito della lega contro il Borbone ge-
nerale di Carlo V, per indurlo a
muovere alla difesa della Toscana
minacciata da quel generale. Tor-
nato in patria dopo il sacco di Roma,
trovossi oppresso dall’ odio del po-
polo, il quale davasi a credere eh’ egli,
mutato animo pei pochi favori avuti


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NICCOLO, MACHIAVELLI. XI

dai Medici, li avesse col suo trattato
del Principe ammaestrati ad esser
tiranni. Questa era certo una ingra-
titudine per parte dei suoi concitta-
dini; ma il Machiavelli, sì profondo
conoscitore degli uomini e delle cose,
doveva sapere che chi tanto aveva
fatto o scritto per la libertà della
patria non poteva senza biasimo
grandissimo accettar benefizi da co-
loro che lui e. lei avevano barbara-
mente trattati. 11 bisogno, come si
fa chiaro dalle sue lettere, lo strinse
ad accettare le modiche beneficenze
medicee, ma meglio sarebbe stato
per lui l’andare di porta in porta
mendicando la vita. In tale lacrime-
vole condizione lo colse la morte il
di 22 di giugno del 1527 per fieris-
simi dolori di ventre derivati da una
medicina che spesso usava di pren-
dere. Non ebbe il compianto dei cit-
tadini, lasciò in povertà estrema i
cinque suoi figli, sol fu ammirato e
desiderato da pochi che intimamente


XII NICCOLO MACHIA YKLLI.

conoscevano l’ animo suo non mu-
tato punto da quel di prima e non

si riducevano a delirar con la plebe.

«

Fu ameno e scherzevole nel conver-
sare, arguto nelle risposte, saldo
nelle amicizie ; se si dee credere al *
Varchi e ad alcune sue lettere (quan-
do non sieno una scherzevole esa-
gerazione), alquanto prosciolto nei
costumi; se, come dicono, nella sua
novella di Belfagor volle dipingere
Manetta Corsini sua moglie, ebbe
poco a lodarsi del matrimonio.

Chi vuol giudicare del Machiavelli,
si fermi bene in mente queste due
massime: ch’ei fu passionato ama-
tore della repubblica, e che consi-
derò sempre e poi sempre gli uomi-
ni quali sono, non quali dovrebbero
essere.

Ma parliamo del Principe. Buon
per lui se non avesse posto il pen-
siero a quello scritto; perchè seb-
bene certo sia eh’ ei non creasse
una nuova politica, perchè, come


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NICCOLO MACHIAVELLI. XIII

trovo notato nel Malfei,* già prima
del Machiavelli esisteva il machia-
vellismo, pure egli fu il capro espia-
tore che tutto ne portò il vituperio.
Qual fosse il fine, qual la cagione
che lo inducesse a trattar quell’ ar-
gomento non sarebbe agevole defi-
nire : molte e svariate sono state e
saranno le opinioni degli uomini su
tal subietto; ma incomincieremo dal
ricordare che egli stesso dice in quel
trattato medesimo come è suo pen-
siero di scrivere cosa utile a chi l’in-
tende: questo tratto unito a molti
altri argomenti, dà gran peso alla
opinione di quei non pochi che dis-
sero lui con quel trattato aver vo-
luto tendere un laccio sottilissimo
ai Medici, cosicché se essi nei primi
istanti del loro dominio avessero co-
minciato a mettere in pratica i mal-
vagi precetti eh’ ei dava loro, sareb-
bero venuti in tanto odio pubblico


# Storia deìla lett. ital .


XIV NICCOLÒ MACHIAVELLI.

che era da sperare fossero cacciati
dalla ancora non ben ferma signo-
ria; e d’altra parte ammonisce col
fatto i suoi concittadini di non darsi
a credere di dover esser felici sotto
il nuovo dominio mediceo.

Queste cose che lo studio di bre-
vità ci costringe a toccare appena
di scorcio, sono diffusamente dichia-

rate e nella prefazione alla edizion

«

fiorentina di tutte le Opera del Ma-
chiavelli fatta nel 1782, e nell’jE7o-
gio che scrisse di lui Gio. Battista
Baldelli (1794), e negli Elogi degli
Illustri Toscani all’ articolo Machia-
velli, e nella prefazione dell’ altra
edizione fiorentina delle Opere sue ,
con la data d’ Italia, 1813. Altri poi,
e con essi il Ginguené, son d’ avviso
che il vero fine del Machiavelli fosse
quello che nella sua famosa lettera
scritta a Francesco Vettori nel 10 di-
cembre 1513 egli stesso manifesta,
cioè di gratificarsi i Medici, poiché
egli si andava consumando nella mi-


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NICCOLÒ MACHIAVELLI. XV

seria e non poteva ancora per lungo
tempo rimanersi in quello stato ; ma
vaglia il vero, in questa lettera tutta
tradotta dal Ginguené nella sua Sto-
ria letteraria d’ Italia, dice messer
Niccolò di avere scritta quest’ ope-
ra, ma non ne disvolge il line, e
soltanto segue dicendo che vuol de-
dicarla a Giuliano de’ Medici, perchè
ella dovrebbe piacere ad un principe
e soprattutto ad un principe nuovo;
quindi se anche avesse avuto un più
riposto intendimento, ei certo non
era tale da avventurarlo allo scritto.

*

A noi non dispiace accostarci all’opi-
nione del Corniani, al quale sembrò
che il Segretario Fiorentino « tra-
sportar si lasciasse (sono le sue pa-
role) da un desiderio intemperante
di scientifica gloria. Egli aveva acu-
tamente scrutinato 1’ uomo in parti-
colare e gli uomini in massa. Egli
non aveva lasciato trapassar nella
storia alcun avvenimento che non
avesse accuratamente scandagliato


XVI NICCOLÒ MACHIAVELLI.

sulle bilance della riflessione. Quindi
egli aveva acquistato una cognizione
profonda di tutti i mezzi e giusti e
nobili e vili e perversi per cui si
erano stabiliti, mantenuti e ingran-
diti i principati e le repubbliche, e
dall’ altra parte i danni e i corrodi-
menti anche inosservati ed obliqui
che li avevano condotti a perdizione
e rovina. Voleva dunque dimostrare
quanto vasta fosse la sfera delle sue
politiche idee, e come a lui non erano
sfuggite nemmeno le vie tortuose ed
inique per cui alcuni dalla condizione
privata erano saliti al dominio senza
esservi chiamati dall’ unanime voto
dei popoli, e divenuti per sè soli
grandi e potenti.* *» Nè qui lascerò
di riferire quanto l’ illustre Gio. Bat-
tista Niccolini scrisse in una nota a
piè di alcuni Cenni sulla vita del
Machiavelli: «Meritano esser lette
le profonde Considerazioni sul libro


• Voi. II, pag. 234, ed. Pomba.

*
Top.


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NICCOLÒ MACHIAVELLI. XVII

del Principe, che scrisse il celebre
professore Andrea Zambelli : il quale
desumendo la ragione o lo scopo di
quest’ opera dall’ indole del Machia-
velli e da quella de’ suoi tempi, pose
fine alle antiche e moderne dispute
insorte tra coloro che del Segretario
Fiorentino trascorrono o nel biasimo
o nella lode. »
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lunedì, marzo 05, 2018

Scrittori politici italiani online: 1. Gaetano Mosca (1858-1941), Elementi di scienza politica. § 3: Il metodo della scienza politica.

B. Home. §2. ↔︎ §4.
Testo online.
GAETANO MOSCA
Elementi di Scienza Politica.
Seconda edizione
Torino, Fratelli Bocca, 1923.

francesi - inglesi - tedeschi - spagnoli
Internet Archive: Gaetano Mosca.







Dilexi iustitiam, quasivi veritatem.

PARTE PRIMA
CAPITOLO I
§ 3.

Il metodo nella scienza politica.


Testo: Cap. I.
Sommario: 1. Origini e scopi della scienza politica. — 2. Perchè si è scelta questa denominazione. — 3. Il metodo sperimentale e l’origine delle scienze. — 4. Varie applicazioni di questo metodo nella scienza politica. — 5. Sistema che dà la prevalenza all’ambiente fisico nello studio della scienza politica. — 6. Della prevalenza dei popoli del settentrione su quelli del mezzogiorno. — 7. Continua lo stesso argomento. — 8 I vari tipi di organizzazione politica e le diversità di clima. — 9. Importanza della diversa configurazione del suolo. — 10. Sistema che fa dipendere i fenomeni politici dalla diversità delle razze umane. — 11. Razze superiori ed inferiori. — 12. Il genio delle razze. — 13. Il sistema evoluzionista e la lotta per l’esistenza. — 14. Il progresso politico ed il miglioramento fisico delle razze umane. — 15. Riassunto delle teoriche evoluzioniste. — 16. Il metodo storico fondato sulla identità fondamentale delle tendenze ed attitudini politiche delle grandi razze umane. — 17. Nuovi materiali di cui questo metodo dispone. — 18. Obiezioni che ad esso si fanno. — 19. Condizioni alle quali questo metodo può essere bene adoperato. — 20. Continuazione dello stesso argomento e conclusione.

1. Origini e scopi della scienza politica.  ↑ Sommario — Da molti secoli si è affacciata alla mente dei pensatori l’ipotesi che i fenomeni sociali, che davanti ad essi si svolgevano, non fossero meri accidenti, né la manifestazione di una volontà soprannaturale ed onnipotente, ma piuttosto l’effetto di tendenze psicologiche costanti, che determinano l’azione delle masse umane. Fin da Aristotele si è cercato di scoprire le leggi e le modalità che regolano l’azione di queste tendenze e lo studio, che ha avuto questo obietto, si è chiamato politica.

N. Machiavelli (1469-1527)
Nei secoli decimosesto e decimosettimo molti scrittori, in Italia specialmente, si occuparono di politica (1). Però essi, a cominciare da Machiavelli, che è fra tutti il più famoso, non si occuparono tanto di determinare quelle tendenze costanti in tutte le società umane, che abbiamo già accennato, quanto d’investigare le arti per le quali un uomo od una classe di persone potevano arrivare a disporre del supremo potere, in una data società, ed a difendersi contro gli sforzi di coloro che li volevano surrogare. Si tratta di due cose, che, sebbene abbiano qualche punto di contatto tra loro, pure sono sostanzialmente diverse (2). Un esempio, che crediamo molto calzante, dimostra ciò assai meglio di un lungo ragionamento. L’Economia politica studia le leggi o le tendenze costanti, che regolano nelle società umane la produzione e la distribuzione della ricchezza: ma questo studio non equivale in niun modo all’arte di arricchirsi e di conservare le dovizie. Un valentissimo economista può infatti essere assolutamente inetto a costituirsi un patrimonio, ed un banchiere, un industriale, uno speculatore, sebbene possano ricavare qualche lume dalla conoscenza delle leggi economiche, non hanno bisogno di esserne maestri e riescono del resto a fare abbastanza bene i loro affari anche se completamente le ignorano.

2. Perchè si è scelta questa denominazione. ↑ S. — Ai giorni nostri lo studio iniziato da Aristotele si è suddiviso e specializzato, sicché più che la scienza abbiamo le scienze politiche. Inoltre si è cercato di fare la sintesi, di coordinare i risultati di queste scienze ed è nata così la Sociologia. Anche gli scrittori di diritto pubblico, i quali interpretano e commentano le leggi positive, quasi sempre sono trascinati all’indagine delle tendenze generali alle quali queste leggi sono inspirate, e gli storici, che narrano gli avvenimenti umani, dall’esame di questi hanno spessissimo cercato di dedurre le leggi che li regolano e li determinano. Cosi fecero nell’antichità Polibio e Tacito, nel secolo decimosesto Guicciardini, nel secolo presente Macaulay e Taine. Filosofi, teologi, giuristi, quanti hanno avuto per fine diretto od indiretto dei loro lavori il miglioramento della umana società, ed hanno perciò esaminato le leggi che ne regolano l’organizzazione, possono essere considerati, almeno da un lato, come studiosi di scienze politiche. Sicché forse una buona metà dello scibile umano, una somma immensa di sforzi intellettuali, che l’uomo ha impiegato alla ricerca del suo passato, a scrutare il suo avvenire, a studiare la propria natura morale e sociale, si può considerare come ad esse consacrata.

Fra le scienze politiche o sociali una branca ha finora raggiunto una maturità scientifica tale che, per la sicurezza e l’abbondanza dei risultati acquisiti, si lascia notevolmente indietro tutte le altre. Intendiamo alludere all’Economia politica.

Infatti verso la fine del secolo decimottavo alcuni ingegni potenti hanno isolato i fenomeni riguardanti la produzione e la distribuzione della ricchezza dagli altri fenomeni sociali, ed, isolatamente guardandoli, sono riusciti a determinare molte delle leggi o tendenze psicologiche costanti alle quali ubbidiscono. L’isolamento dei fenomeni economici dagli altri rami delle scienze sociali, e specialmente l’uso invalso di considerarli come indipendenti dagli altri fenomeni, che riguardano l’organizzazione dei poteri politici, se da una parte spiega i rapidi progressi dell’Economia politica, dall’altra è forse la causa principale per la quale alcuni postulati di questa scienza sono ancora soggetti a discussione. Sicché forse, coordinando le proprie osservazioni con altre che riguardano altri lati della psicologia umana, l’Economia politica potrà fare nuovi e decisivi passi in avanti (3).

È indiscutibile però che non si possono studiare le tendenze  che regolano l’ordinamento dei poteri politici senza tener conto dei risultati che l’Economia politica, questa scienza sorella che ha  raggiunto più presto la sua maturità, ha di già ottenuto. Noi lo studio delle tendenze suddette, che forma oggetto di questo nostro lavoro, chiamiamo Scienza politica. Ed abbiamo scelta questa denominazione perchè fu la prima usata nella storia dello scibile umano, perchè ancora non è caduta in disuso (4), ed anche perchè il nome nuovo di Sociologia, che, dopo Augusto Comte, si è da molti scrittori adottato, non ha ancora una significazione ben determinata e precisa e, nell’uso comune, comprende tutte le scienze sociali, fra le quali anche le economiche e quelle che hanno per obietto lo studio delle leggi che determinano la delinquenza, anziché quell’una, che ha per suo scopo principale l’esame dei fenomeni, che più propriamente e specialmente si chiamano politici.

3. Il metodo sperimentale e l’origine delle scienze. — Una scienza risulta sempre da un sistema di osservazioni fatte sopra un dato ordine di fenomeni con speciale cura, con appropriati metodi e coordinate in modo da giungere alla scoperta di verità indiscutibili, che all’osservazione volgare e comune sarebbero rimaste ignote.

Le scienze matematiche forniscono l’esempio più semplice e più facile per porre in luce come si forma il procedimento scientifico. L’assioma è il frutto di un’osservazione accessibile a tutti e la cui verità salta subito agli occhi anche dei profani; richiamando e coordinando diversi assiomi si arriva alla dimostrazione dei più facili teoremi, e poi, coordinando ancora le verità ricavate da questi teoremi con quelli degli assiomi, si arriva alla dimostrazione di nuovi teoremi più difficili ancora, e la cui verità non si può intuire né provare da chi in quelle scienze non sia iniziato. Analogamente si procede nella fisica e nelle altre scienze natu-












NOTE


(1). II Ferrari nel suo Corso sugli scrittori politici italiani [in Internet Archive] (Milano, 1862) ne novera parecchie centinaia quasi tutti appartenenti ai secoli accennati. -↑ par1.

(2). La differenza fra la politica come arte di governo (Staatskunst) e la politica come scienza di governare (Staatswissenscliaft) è stata svolta, a dir vero con non molta precisione e chiarezza, dall’Holtzendorff nei due primi capitoli del libro Principes de la politique. Introduction à l’étude du droit public contemporain. [in Internet Archive] Tradotto in francese dal Lehr. Hambourg, 1887. -↑ par1. [Internet Archive: Franz von Holtzendorff, Prinzipien del Politik, Berlin 1879].

(3). Negli ultimi venti o trent’anni è nata la tendenza di spiegare con lo studio dei fenomeni economici tutti i fatti politici che avvengono nella storia dell’umanità. In Italia questo ardito concetto è stato svolto dal Loria nel libro La Teoria economica della Costituzione politica (Torino, 1886) [Internet Archive: Achille Loria, opere varie]. A noi pare questo un modo di vedere troppo unilaterale ed esclusivo. Vi sono fenomeni sociali e politici, ad esempio il sorgere ed il diffondersi delle grandi religioni, il rinascere di alcune antiche nazionalità, il costituirsi di alcune grandi monarchie militari, che non si possono esclusivamente spiegare col variare della distribuzione della ricchezza o con la lotta fra il capitale e i proletari o fra il capitale mobile e l’immobile, come vorre il Loria. -↑ par2.

(4). E usato, oltre che dal citato Holtzendorff, dal Bluntschli, dal Donnat, dallo Scolari, dal Brougham, dallo Sheldon-Amos, dal De Parieu, dal Pollock e da altri scrittori del secolo decimonono e del ventesimo.  -↑ par2.







Top.

Scrittori politici italiani online: 1. Gaetano Mosca (1858-1941), Elementi di scienza politica. § 2: Prefazione.

B. Home. §1. ↔︎ §3.
Testo online.
GAETANO MOSCA
Elementi di Scienza Politica.
Seconda edizione
con una seconda parte inedita.


Torino, Fratelli Bocca, 1923.



francesi - inglesi - tedeschi - spagnoli
Internet Archive: Gaetano Mosca.







§ 2.

Prefazione.

Testo: Prefazione.
Il volume che ora viene alla luce consta di due parti: la prima è la seconda edizione degli Elementi di Scienza politica, che furono pubblicati alla fine del 1895; la seconda è completamente nuova e fu pensata e scritta negli ultimi due o tre anni.

Essendo infatti da un pezzo esaurita la prima edizione del  lavoro sulla Scienza politica, pubblicato quasi trenta anni fa, diventava necessario farne una nuova; ma intanto erano mutati i tempi, nuovi avvenimenti erano maturati ed essi mi fornivano nuovi dati dei quali dovevo tener conto, anche perchè modificavano sensibilmente alcuni dei modi di vedere ai quali mi ero conformato quando scrivevo la prima parte del lavoro. Né devo nascondere al lettore che a ciò hanno contribuito quelle variazioni che avvengono nel carattere e nella mentalità di qualunque uomo, finché l’uno e l’altra, con l’età molto avanzata, non si cristallizzano in una forma definitiva.

Date queste mie condizioni intellettuali e morali, o dovevo rifare la prima parte dell’opera o dovevo scriverne un’altra, che perfettamente corrispondesse alla mia odierna maniera di pensare. Ho scelto quest’ultima soluzione, aggiungendo alla prima parte del lavoro solo le poche note che sono segnate con un asterisco, anche perchè tenevo a mantenere integra l’interpretazione che molti anni fa avevo dato ad alcuni importanti probleml politici, interpretazione che fatti recentissimi hanno oggi confermato.

Ma, tanto nella prima che nella seconda parte del presente lavoro, mi sono sforzato di mantenermi fedele al metodo che, fin da quando ancora giovanissimo scrivevo la Teorica dei governi, ho adottato e che poi ho cercato sempre di praticare apportandovi tutti i miglioramenti di cui ero capace. Da moltissimi anni sono convinto che l’unico sistema possibile col quale l’uomo può fino ad un certo punto dominare le proprie passioni e migliorare le proprie sorti consiste nello studio della psicologia umana individuale e collettiva. Fin da un’epoca molto remota la saggezza ellenica avea giudicato che la maniera più efficace che avea l’uomo per elevare il proprio carattere e moderare gli effetti di alcuni suoi istinti consistesse nella conoscenza di se stesso. È quindi spiegabile se ho creduto e credo fermamente che un simile metodo possa applicarsi con uguali risultati allo studio della psicologia collettiva. Esso anzi fu già ad essa applicato più di ventidue secoli fa, nell’epoca cioè nella quale il grande Aristotile scriveva la sua Politica, e ben altri risultati potrebbe dare oggi quando, mercè il progresso degli studi storici, geografici e statistici, conosciamo tanta parte del passato e del presente dell’umanità. Aggiungerò che l’esempio dell’Economia politica la quale, studiando collo stesso sistema i fenomeni economici, ha potuto sicuramente mettere in evidenza alcune delle leggi che li regolano, mi ha oltremodo confortato a persistere nella via che da un pezzo avevo scelto.

Naturalmente non mi nascondo le grandi difficoltà che presenta l’uso del metodo che ho rapidamente accennato, fra le quali occupa uno dei primi posti la quantità di cognizioni esatte che esso richiede su tutto quanto è accaduto ed accade nelle società che hanno una storia; nè io mi lusingo di averle tutte superate. Quindi posso soltanto affermare che ho fatto del mio meglio, fiducioso che, se la civiltà umana saprà superare la procella che oggi la minaccia, la modesta opera mia potrà essere da altri continuata e perfezionata e che potranno essere a poco a poco colmate tutte le grandi lacune che essa oggi presenta.

Dirò, per ultimo, che mi sono sforzato di comprimere tutte quelle passioni e quei sentimenti che potevano annebbiare la visione obiettiva dei fatti sui quali dovevo fondare le mie conclusioni. Riconosco che la completa riuscita di questo sforzo esigerebbe che l’uomo non fosse più tale, ma credo di aver fatto tutto ciò che, mercè la buona fede e la buoha volontà, si poteva in questo senso ottenere. Prossimo a chiudere la mia carriera scientifica, ho fermamente voluto esporre, senza odi, senza collera, senza entusiasmi, colla serenità che solo l’età avanzata può dare, tutto quanto lo studio degli avvenimenti e del carattere umano aveva potuto insegnarmi.

Torino, dicembre del 1922.

Gaetano Mosca.

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* * *
1.
Gaetano Mosca (1858-1941):
«Elementi di Scienza Politica»

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2.
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GAETANO MOSCA
Elementi di Scienza Politica.
Seconda edizione.
Torino, Fratelli Bocca, 1923.

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§ 1.

Dedica.

Testo: Dedica.

ALLA DOLCE E CARA MEMORIA

DI MIA FIGLIA GRAZIELLA

DEDICO QUESTE PAGINE

ALLE QUALI HO CONSACRATO

LE ORE MIGLIORI DELLA MIA VITA

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