mercoledì, aprile 18, 2007

Appunti sulla guerra arabo-israeliana del 1948

LA PRIMA GUERRA ARABO-ISRAELIANA
E LE SUE CONSEGUENZE

Mi baso sul libro di Massimo Campanini, Storia del Medio Oriente (1798-12005), Bologna, il Mulino, 2007, da cui attingo per una serie di schede liberamente adattate. I precedenti dell’insediamento e della colonizzazione ebraica delle terre arabe non vanno a mio avviso ricondotte alla dichiarazione Balfour del 1917, ma devono essere riportati al 1840, quando Palmerston parlava di “focolare ebraico” pensando ad una porta per le sue merci nell’Impero Ottomano, di cui già da allora si progettava lo sgretolamento. Una politica analoga fu seguita negli stessi anni con la Cina, provocando la poco onorevole guerra dell’oppio (1839-1842). Israele ed il sionismo non avrebbero potuto avere successo se non avessero avuto forti appoggi, prima dell’Inghilterra e fino ad oggi degli Usa, che attraverso Israele perseguano una politica imperiale. Nel groviglio di fatto difficilmente governabili puà essere illuminante seguire il sorgersi e l’affermarsi dello Stato d’Israele, delle sue guerre, della sua ideologia, delle sue allenze.

Sommario: 1.

1.
Antefatto

Gli antefatti della guerra vanno ricercati in avvenimenti accaduti durante e dopo la seconda guerra mondiale. Fu con il 1948 che Israele si pose come Stato, ottenendo il riconoscimento delle principali potenze. Ben Gurion, che sarà il primo presidente del consiglio israeliano (1948-1954), lesse la proclamazione di indipendenza il 14 maggio 1948. Si fece uso della forza e dell’astuzia politica. Ma ciò a mio avviso non fonda ancora una piena legittimazione. Anzi il modo della fondazione dello Stato d’Israele è ancora oggi una ferita aperta nel mondo arabo. L’ideologia biblica che accompagna la nascita dello Stato d’Israele non può ingannare più di tanto né è di alcuna utilità sul piano effettuale la storia degli insediamenti dal 1840 in poi. Questa serve soltanto a retrodatare nel tempo il mito della fondazione, che senza la concatenazione degli eventi bellici della seconda guerra mondiale non avrebbe mai avuto luogo. Campanini: «I sionisti non avevano ostacolato lo sforzo bellico della Gran Bretagna, ma la loro aggressività nei confronti della potenza mandataria della Palestina esplose subitò dopo» (p. 107-108). Vi era stata il 29 novembre 1947 una risoluzione delle Nazioni Unite, che prevedeva una spartizione del territorio e la nascita di due distinti stati, quello israeliano e quello palestinese. Gli israeliani avevano creato due organizzazioni paramilitari dedite al terrorismo: l’Irgun e la banda Stern. Il 6 novembre 1944 venne assassinato lord Moyne, plenipotenziario britannico in Palestina; nell’ottobre 1945 le due organizzazioni militari si allearono con l’Hagana per creare un fronte militare sionista unificato; nel febbraio 1946 vennero colpiti tre aeroporti; nell’aprile 1946 vi fu un attacco a Tel Aviv; nel giugno furono fatti saltare in aria ponti e ferrovie; nell’agosto 1946 si registrò uno spettacolare attentato all’Hotel King David a Gerusalemme, sede del mandato britannico. Vale la pena ricordare che anche questo è terrorismo, ma ai nostri giorni si condanna un determinato terrorismo e si dimenticano gli altri. Ma cerchiamo di scendere in ulteriori dettagli.

2.
L’assassinio di Lord Moyne

Lord Moyne fu assassinato il 6 novembre 1944 al Cairo ad opera di due terroristi della Banda Stern, in ebraico detto anche gruppo Lehi. Ci si opponeva in tal modo al mandato affidato dalla Lega delle Nazioni alla Gran Bretagna per la Palestina. Il mandato era stato costituito nel 1940 ed il personale britannico era già da allora oggetto delle attenzioni della Banda Stern. Non sono chiare le ragioni dell’attentato in quanto specificamente rivolto a Moyne, ma è chiaro il contesto in cui esso avveniva. Nel 1939 il governo britannico aveva redatto un Libro Bianco, dove si constatava la «impossibilità di spartire il territorio palestinese in due parti, sia per motivi logistici che economici e trovatosi di fronte all’impossibilità di ottenere un qualsiasi tipo di avvicinamento tra Arabi ed Israeliani» (Ambrosio) e si annunciava la creazione entro dieci anni di uno Stato sovrano e indipendente di palestina, dove avrebbero dovuto convivere arabi ed ebrei. Il territorio doveva essere diviso in tre zone: una dove sarebbe stato vietato l’acquisto della terra da parte degli ebrei, un’altra dove sarebbe stato limitato ed una terza completamente libera. Gli Ebrei si opposero decisamemnte a questo piano perché impediva la nascita del loro “focolare nazionale ebraico”. Non è difficile immaginare come in questo contesto potesse maturare l’attentato contro Moyne. Pare del tutto irrilevante chiedersi perché si dovesse scegliere proprio Moyne. Per avere una dimensione demografico-statistico del problema è bene tener presente che alla fine della guerra si trovavano in Palestina 1.240.850 Arabi e 553.600 Ebrei. Quello ebraico era un vero e proprio insediamento nel corso degli anni e chiaramente volto alla “cacciata” degli arabi. La gran Bretagna era andata mutando il suo atteggiamento da filosionista a filoarabo. Da qui l’ostilità sionista verso gli inglesi e l’attentato.

Nel frattempo la Gran Bretagna aveva deciso di dividere con gli USA le sue responsabilità. Nel novembre del 1945, un anno dopo l’assassinio di Moyne, fu creata una nuova commissione d’inchiesta angloamericana che in pratica portò all’abolizione del Libro Bianco, ottenendo il plauso degli Ebrei, ma non quello degli Arabi. Si stabiliva l’introduzione in Palestina di altri 100.000 Ebrei, si sconsigliava la divisione del territorio in una parte araba e l’altra ebraica e si proponeva il mantenimento a tempo indeterminato del mandato britannico ed infine si consigliava di lasciare libera l’immigrazione ebraica. La Gran Bretagna non aveva intenzione di prolungare a tempo indeterminato il suo mandato e le proposte del rapporto non furono accolte. Fu redatto il 31 luglio 1946 da Herbert Morrison un nuovo piano cje divideva la Palestina in quattro zone: una provincia araba, una provincia ebraica, il distretto di Gerusalemme e il distretto del Negev. Si trattava di un piano funzionale agli interessi britannici. Questo piano trovò la ferma opposizione dell’Irgun e del gruppo Stern che organizzarono nell’agosto 1946 l’attentato all’Hotel King David. In settembre il governo inglese convocò Arabi e Agenzia ebraica a Londa per una conferenza, alla quale questi rifiutarono ufficialmente di partecipare. Fu così che la Gran Bretagna giunsè a rimettere la questione palestinese nelle mani dell’Assemblea delle Nazioni Unite, che nell’aprile 1947 costituì una commissione d’inchiesta denominata U.N.S.C.O.P.

domenica, aprile 08, 2007

L’Inquisizione: un’istituzione benemerita?

Bisogna prepararsi a tutto. Devo dire che da non specialista non mi sono mai giunte buone notizie sull’Inquisizione, sia essa quella medievale, quella spagnola o quella romana. Né i miei studi mi hanno mai spinto a dover approfondire l’argomento, che non credo sia affatto divertente. Trovo piuttosto ipocrita la distinzione fra l’aspetto puramente investigativo, di cui si occupavano per lo più i frati domenicani, e la parte esecutiva, demandata alle autorità civili o potere temporale. Quasi si potesse oggi scindere la responsabilità del mandante di un delitto da quella dell’esecutore, e magari gettare tutta la colpa sull’esecutore. Eppure così sembrerebbe da un Elogio dell’Inquisizione, che ho potuto scaricare gratis dal sito totustuus. Per medodo sono sempre pronto a rivedere i miei giudizi, se ve ne è fondato motivo. Francamente, dubito che sull’Inquisizione si possa ribaltare un giudizio consolidato. Mi compiaccio tuttavia che anche in questo senso si riconosca l’utilità di un certo revisionismo storico in un’accezione non abituale del termine. In questo post mi riservo con il tempo di indagare la questione, raccogliendo tutto il materiale disponibile in rete.

sabato, aprile 07, 2007

Papi: Pio XII (1939-1958)

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Di lui Peter De Rosa così dice: «Eugenio Pacelli, Pio XII, nacque nel 1876 da famiglia patrizia. Per motivi di salute, studiò a casa per il sacerdozio; ordinato nel 1899, fu immediatamente introdotto nel Segretariato di Stato del Vaticano e sedici anni dopo fu nominato vescovo, senza aver avuto un giorno di esperienza pastorale. Era un burocrate nato e cresciuto… Verso la fine della Prima Guerra Mondiale Pacelli era nunzio apostolico a Monaco; dopo la guerra fu trasferito a Berlino, dove assisté all'ascesa delle Camicie Brune. Nel 1929 fu richiamato a Roma e nominato cardinale e Segretario di Stato… Pur avendo visto il nazismo da vicino, aveva sempre temuto di più il comunismo. Divenne papa il 2 marzo 1939, all'età di sessantatré anni. Freddo, distante e dal volto privo di espressione, se non quando rispondeva alle acclamazioni della folla, aveva occhi marroni spenti e un profilo aquilino. Quando Mussolini mise sotto pressione la comunità ebraica, Pio prese l’abitudine di non dir nulla. Il 10 giugno 1940 l’Italia entrò in guerra a fianco di Hitler; alla fine del 1941 tre quarti degli Ebrei italiani avevano perso la vita. Era ormai pronto lo scenario di quella che molti, Cattolici compresi, considerano la più vergognosa di tutte le encicliche papali, di gran lunga più terribile della Cum nimis absurdum di Paolo IV: quella che non fu mai scritta» (p. 220.21).

Succedeva a Pio XI il 2 marzo 1939 e moriva il 9 ottobre 1958. Gli succedeva papa Giovanni XXIII. Studiò al liceo-ginnaio Ennio Quirino Visconti, in Roma, in piazza del Collegio Romano. Si dottorò alla Gregoriana nel 1901. Suo fratello Francesco fu tra i principali negoziatori dei Patti Lateranensi. Su Pio XII si sta scatenando proprio in questi giorni una bufera di cui mi sto occupando in altro contesto, ma di cui voglio dare qui una versione, anche se poi la trattazione generale restera quella prevista per “Spigolature storiche”. (segue)

Links:
1. Wikipedia: Pio XII.
2. Sito Ufficiale della Santa Sede: Pio XII.

giovedì, aprile 05, 2007

Papi: Innocenzo III (1198-1216)

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A lui si deve la crociata contro gli Albigesi: un fatto di sangue terribile sul quale non si vuol riflettere. Ad Innocenzo III interessava di creare uno Stato che fosse al suo servizio. In genere si oppone lo stato alla Chiesa, ma Innocenzo III voleva innazitutto lo Stato e la Chiesa era soltanto il mezzo di cui disponeva per creare lo Stato. Non disponeva degli eserciti di un Carlo Magno, ma aveva dalla sua la superstizione eretta a sistema di potere.

Links:
1. Innocenzo III

mercoledì, aprile 04, 2007

Papi: Pio V (1566-1572)

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A mio avviso, dopo la Riforma luterana in un estremo tentativo di correre ai ripari per non far franare tutto l’edificio (la Torre di Mordor) del potere, la chiesa cattolica attraverso i suoi infallibili Pontefici si è arroccata in un sistema di etica bacchettona che verrà chiamata la Fede e la Dottrina, ovvero l’Alto Magistero. Si tratta di un complesso di principi contingenti che si è venuto enucleando nel tempo come difesa di privilegi. Di ognuno di essi è possibile in genere una decostruzione storica ed un’ermeneutica della situazione contingente che l’ha prodotto. Tutto ciò non è più consapevole ed i Fedeli in nome della Fede si attardano a difendere come religione cose che neppure essi comprendono razionalmente. Anche per i laici è perciò istruttiva e necessaria una nuova storia della chiesa e del papato, questa volta non più scritta da pii fedeli, ma con occhi neutri di un precristiano o di un loico venuto dal pianeta Marte. Con Pio V (1566-1572), degno successore di Paolo IV, inizia l'epoca del bigottismo e del Pregiudizio eretto a Fede e Dottrina. Di Pio V così scrive l’ex-sacerdote Peter De Rosa: «Mangiava poco e minacciava di scomunica il suo cuoco se metteva nella zuppa ingredienti proibiti nei giorni di astinenza. Il suo scopo principale era di trasformare Roma in un monastero; parlava con Dio e non ascoltava altri che lui. All’aspetto esteriore, Pio era un ammasso di pelle giallastra e di ossa tremolanti; era calvo, con una gran barba bianca, aveva la fronte alta e stretta, bianca come la cera, il naso aquilino, gli occhi come capocchie di spillo e le labbra incurvate come la lama di una scimitarra. Il suo primo atto di pontefice fu quello di cacciare da Roma tutte le prostitute, poiché il numero di donne perdute presenti nella sua diocesi lo imbarazzava. Il Senato romano oppose resistenza, dicendo che la licenziosità prosperava sempre dove c’erano dei celibi; se le prostitute se ne fossero andate, non solo gli afflitti sarebbero crollati, ma nessuna donna onesta si sarebbe salvata dalle grinfie degli ecclesiastici» (p. 143). La logica mi pare stringente e viene da chiedersi perché mai tanta demonizzazione del sesso se nei secoli precedenti non si fosse costruito tutto un sistema di potere su un’armata celibataria di preti. La prima ricchezza della Chiesa si era venuta formando, accumulando le eredità dei pii fedeli che in questo modo si guadagnavano un posto in Paradiso. Mi pare questa una spiegazione storica che non ha bisogno di ricorrere agli insondabili misteri della Fede. Pio V al secolo Antonio Michele Ghisleri era nato a Bosco marengo il 17 gennaio 1504. Fu consacrato papa il 17 gennaio 1566 e finì il suo pontificato il 1° maggio 1572. Gli era preceduto nella carica Pio IV e gli successe Gregorio XIII. Diamo la parola a Peter De Rosa che così prosegue con efficace sintesi che coglie l’essenziale:

«Pio proibì ai cittadini di Roma di entrare nelle taverne e per un pelo non fece dell’adulterio un crimine da punire con la pena capitale [la lapidazione ebraica e musulmana: mirabile affinità dei monoteismi]. Ma non sa niente della storia dei papi? si lamentò un membro della Curia. Inoltre elaborò quella che la comunità inglese chiamò la Bolla Estrema, in cui si proibivano le corride per tutta la Cristianità. Fu pubblicata ovunque, eccetto che nella penisola iberica, il che ne diminuì in un certo senso l’impatto; la gerarchia spagnola si giustificò dicendo di non voler mettere in cattiva luce la Chiesa. Non ci volle molto perché Pio rivolgesse la sua attenzione all’Inghilterra, incoraggiando dietro le quinte la disobbedienza civile contro la regina Elisabetta. Finanziò una rivolta nel nord con dodicimila sterline, e si disse disposto, se necessario, a parteciparvi di persona e a “impegnare in quel servizio tutti i beni della santa Sede”. La ribellione fallì e fu allora che Pio commise un errore madornale, seppur prevedibile. La prima settimana di Quaresima del 1570 un tribunale di Roma giudicò Elisabetta colpevole di tradimento in base a diciassette capi d’accusa; il verdetto del papa era contenuto nella Bolla Regnans in Excelsis del 28 febbraio, con la quale definiva Elisabetta schiava del vizio e falsa regina d’Inghilterra. “Questa stessa donna, che si è impadronita del regno ed ha usurpato oltraggiosamente la carica di Capo Supremo della Chiesa in Inghilterra” doveva essere punita. L’ultimo tentativo di rovesciare un sovrano da parte del papa fu il più impetuoso e pernicioso» (p. 143-44).
Le armi del papato ai tempi di Pio V erano costituiti dalla superstizione spacciata per Fede. La situazione non è cambiata di molto neppure oggi, ogni volta che i Vescovi pretendono di entrare in camera da letto di ogni cittadino e dettar regole su ogni aspetto della vita altrui chiamando ciò Dottrina Morale della Chiesa, un complesso di assurdi pregiudizi che si è venuto stratificando nel tempo e la cui terrena origina gli stessi successori di Pietro hanno dimenticando, credendo essi stessi per secoli nelle bugie che i loro predecessori hanno scientemente fabbricato: valga per tutti la falsa donazione di Costantino. Hanno degli ascari al loro servizio, che sono forse la loro ultima arma temporale. Sono questi i parlamentari cattolici che professano la loro Fede (Santa Madre Mastella di Calcutta) al solo scopo di ottenere i voti di quanti “cretini” (Odifreddi) sono disposti a darli loro. Ma ascoltiamo le stesse parole di papa Pio V, uomo infallibile in quanto Dio stesso:
«Noi dichiariamo la succitata Elisabetta eretica e complice di eretici e dichiariamo che ella è incorsa nella sentenza di scomunica assieme ai suoi sostenitori… Dichiariamo che ella debba venir privata dei suoi pretesi diritti sul regno succitato e di qualsiasi signoria, dignità e privilegio. Dichiariamo inoltre che i signori, i sudditi e il popolo di detto regno e tutti coloro che le hanno prestato giuramento di fedeltà sono assolti in perpetuo da qualsiasi obbligo di fedeltà ed obbedienza. Di conseguenza, li assolviamo e priviamo la stessa Elisabetta dei suoi pretesi diritti sul regno… E proibiamo ai suoi nobili, ai suoi sudditi e al suo popolo di obbedirle … Colpiremo chi agirà diversamente con una simile sentenza di scomunica».

Il pastore di anime, il pescatore di uomini, è divenuto ai tempi di Pio V una Grande Scomunicatore di Popoli. I Romani, dal canto loro, non hanno mai amato il loro papa-re, ma hanno compreso per tempo che finito l’Impero, ciò che loro rimaneva come principale fonte di guadagno era la Sede di Pietro con tutta l’economia che vi era connessa. Considerato quel che oggi costa agli italiani la Chiesa cattolica, oggi non è più tanto vero come nel passato. In tempi in cui si reclama una diminuzione del carico fiscale, i cittadini potrebbero veder dimezzate le loro tasse se venissero aboliti tutti gli infiniti privilegi di cui gode la chiesa, o almeno santamente e piamente si lasciasse ai soli fedeli cattolici di sostenere in modo diretto, consapevole e informato la loro Chiesa e la loro Fede.

Fecero le spese della libido dominandi di Pio V i cattolici inglesi che vollero persistere nella “Fede”. Dapprima i cattolici che non volevano aderire alla nuova chiesa anglicana venivano semplicemnte multati, ma non giustiziati. Dopo la Bolla di Pio V furono invece tutti considerati potenziali traditori e tra il 1577 e il 1633 centoventi sacerdoti furono messi a morte insieme a sessanta laici che avevano dato loro asilo. Duecento cinquanta anni dopo la morte di Pio V, cioè nel 1822, si guadagnarono la patacca di “santi”. Per pure fini di potere Gregorio VII ed Innocenzo III avevano pensato di usare l’arma della scomunica per detronizzare i sovrani. Ciò pose le premesse per un conflitto di fedeltà al proprio sovrano ed alla propria nazione ed al papa che risiedeva in Roma e che con le armi della superstizione intendeva gareggiare con i re, ponendosi sopra di essi. Ancora oggi nella “dottrina” cattolica vige il principio e la presunzione che lo Stato abbia minore dignità rispetto alla Chiesa: lo Stato esiste solo per servire la Chiesa. Questo il retropensiero di ogni Vescovo, anche se può essere pericoloso esplicitarlo fino alle estreme conseguenze. Paradossalmente, oggi l’ultimo baluardo del potere temporale dei papi è quel “voto” che solo la Rivoluzione francese e liberale ha reso possibile ad ogni cittadino, anche quello meno consapevole della sua dignità e del suo status di cittadino di uno Stato che ha potuto garantire la pace interna e la libertà solo dopo che si è separato dalla Chiesa.

Links:
1. Wikipedia: Pio V

Papi: Paolo IV (1555-1559)

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Peter De Rosa si è laureato all’Università Gregoriana di Roma. È stato professore di Etica e Metafisica al seminario di Westminster e professore di teologia al Corpus Christi College. Ha abbandonato l’abito talare nel 1970. Autore del libro Vicari si Cristo. Il lato oscuro del papato così scrive di Paolo IV a p. 140-41:
«Di lui i Romani dicevano che se sua madre avesse previsto la sua carriera, l’avrebbe strangolato appena nato, L’uomo in questione era Gian Pietro Carafa, l’incarnazione dell’ira di Dio, che divenne papa Paolo IV (1555-1559)… Persino lo storico pontificio Pastor ebbe difficoltà a trovare parole caritatevoli per Paolo IV; meridionale sboccato, “si lasciava trascinare a tal punto”, osservò Pastor, “da far uso di espressioni che potrebbero suonare incredibili se non fossero state comprovate da testimoni al di sopra di ogni sostetto”… Cattolico sino al midollo nelle sue imprecazioni, non faceva differenza tra un cardinale ed un lacché quando si trattava di dargli una strigliata; faceva aspettare gli ambasciatori da quattro a sette ore come se ciò si addicesse al successore di Pietro, e non li ammetteva mai alla sua presenza senza urlar loro nelle orecchie che era superiore a tutti i principi. Come Vicario di Cristo, affermava, bastava che muovesse un dito per sostituire tutti i sovrani della terra… Nel 1557 Paolo IV pubblicò la Bolla Cum ex Apostolatus Officio in cui dichiarava di essere il Pontifex Maximus, cioè il rappresentante di Dio in terra; in quanto tale aveva poteri illimitati, tra i quali quello di deporre qualsiasi sovrano, di aprire qualsiasi paese all’invasione straniera, di privare chiunque dei suoi beni senza processo; e affermò inoltre che chiunque avesse offerto ad un sovrano deposto il suo aiuto, anche quello derivante dalla più elementare carità umana, sarebbe stato scomunicato».
Questo l’uomo cui si deve in buona parte la Riforma Cattolica, che avrebbe dovuto porre rimedio ai guasti e alle lacerazioni prodotte da Lutero all’unità della Chiesa. Ma è un valore l’Unità della Chiesa? Cosa significa propriamente questa unità? Unità del potere di un uomo e di una casta di sacerdoti che mentre parlano di santità del matrimonio e pretendono di disciplinare l’altrui vita privato hanno vissuti per la maggior parte della storia nella sregolatezza.

Giovanni Pietro Carafa nacque nel 1476, fu eletto papa il 23 maggio 1555, consacrato il 26 maggio, morì il 18 agosto 1559. Succedeva a Marcello II, dal brevissimo pontificato, e gli succederà Pio IV. A lui si dev l’Indice dei Libri Proibiti. Pare che l’imperatore Carlo V si fosse opposto alla sua ascesa e questo fatto rintuzzasse il candidato osteggiato. Istituì il ghetto di Roma. Si fece promotore di un radicale antisemitismo. Fu odiato dai romani che gli dedicarono questa pasquinata:

Carafa in odio al diavolo e al cielo è qui sepolto
col putrido cadavere; lo spirito Erebo ha accolto.
Odiò la pace in terra, la prece ci contese,
ruinò la chiesa e il popolo, uomini e e cielo offese;
infido amico, supplice ver l’oste a lui nefasta.
Di più vuoi tu saperne? Fu papa e tanto basta.

Certo potrebbe bastare. Ma ancora oggi vi è chi crede che un papa sia un santo per definizione. Cosa significa poi esser santi? Altra assurdità della Fede cattolica. Convinto delle sue pretese, Paolo IV si trovò in conflitto non solo con Carlo V ma anche con Elisabetta d’Inghilterra, che dopo due mesi ruppe le relazioni diplomatiche con Roma. De Rose: «Gli insulti gratuiti di Paolo IV decretarono la sorte dei cattolici inglesi; se il papa pensava di essere sovrano in Inghilterra, lei sarebbe diventata sovrana nella Chiesa. Due persone potevano giocare a questo gioco delle deposizioni, specialmente nell’epoca turbolenta della Riforma; e se si può giudicare dalla storia, era accaduto più spesso che un sovrano deponesse un papa, anziché il contrario» (p. 142). Paolo IV aveva nominato Grande Inquisitore il domenicano Michele Ghisleri che gli succederà come papa Pio V, dopo la parentesi del papa Pio IV, che tentò di porre rimediò ai disastri del suo predecessore.

Links:
1. Wikipedia: Paolo IV.
2. Wikipedia: Carlo V e i Papi.

martedì, aprile 03, 2007

Papi: Pio IX (1846-1878)

I nostri politici recitano abitualmente la favoletta della libertà che si deve concedere alla Chiesa, ovvero al Papa, alla Curia, alla CEI, di poter dire la loro, specialmente in materia di Fede e di visione pastorale della vita secondo il Santo e Alto Magistero proprio della Chiesa. In realtà, nessuna attenta a questa libertà che dovrebbe essere riconosciuta ad ognuno. Non vi è occasione in cui non vengano riportate per televisione ogni più piccola insignificante dichiarazione del papa e dei vescovi. In pratica, assistiamo ad una continua pervasiva propaganda religiosa. Altro è consentire l'epsressione nelle chiese e nei luoghi di culto, altro riportare come fosse una “notizia” le stesse dichiarazioni a milioni e milioni di cittadini. Si tratta propriamente di “propaganda”, che chiunque altro dovrebbe pagare a peso d'oro e che è invece concessa gratuitamente alla chiesa cattolica insieme ad altri infiniti privilegi. Ma non è lontano il tempo in cui la chiesa negava agli altri quella libertà che oggi pretende per sé e di cui si lamenta per non averne abbastanza.

Riporto questo brano dalla mia abituale fonte, cioè Peter De Rosa:
«Negli archivi del Foreign Office di Londra si trova una lettera datata 15 febbraio 1865, che reca la dicitura “Confidenziale”; è di Odo Russel, rappresentante del governo britannico in Vaticano, che vi riportava ciò che gli aveva detto il papa in un’udienza: “Quella libertà di coscienza e quella tolleranza che condanno qui (Roma), la esigo per la Chiesa Cattolica in Inghilterra ed in altre nazioni straniere”. Pio IX si preoccupava soltanto di un giudizio politico: la Chiesa sarebbe stata avvantaggiata o svantaggiata dal fatto di rifiutare agli altri la libertà che richiedeva per sé?» (Vicari di Cristo, cit., p. 26).
La libertà nel senso in cui noi abitualemente la intendiamo è sempre stata estranea all'essenza del cattolicesimo in tutto il corso della sua storia. Per negarla non ha esitato alle più efferrate stragi, alla pratica della tortura e ad ogni possibile mezzo. I suoi servili politici in Parlamento dimostrano un’incredibile faccia tosta ed un'imperdonabile ignoranza, quando si lamentano che ai loro vescovi-padroni o committenti venga negata una libertà che eguale non riescono neppure ad immaginare per gli altri.

Pio IX fu il papa che nel 1870 proclamò l'infallibilità papale e dopo quattro secoli ribaltò il rapporto con il Concilio di Costanza. Non il Concilio sta al di sopra del Papa, ma il Concilio è subordinato al papa.

Papi: Stefano VII (896-897)

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Secondo un diffuso modo di pensare, ai nostri giorni, sembrerebbe che nella storia della Chiesa vi siano stati pochi papi cattivi, che sono proprio un'eccezione, ed invece la maggior parte di essi siano stati dei veri sant'uomini. Non poteva essere altrimenti, visti che su di loro e sulla Chiesa soffia lo Spirito Santo. Del resto, può mai esistere per un cattolica una Chiesa senza il suo Papa? No! Ed ecco dunque che è un miracolo la sopravvivenza della Chiesa, ossia dell'Istituzione ecclesiatica, malgrado pochi papi peccatori. In fondo, siamo tutti peccatori. Il cattolicesimo senza il peccato, senza la teoria e la pratica del peccato, non potrebbe affatto esistere. Perciò si giustifica pienamente che i papi siano i primi e più grandi Peccatori della chiesa. Per farne una storia mi baso sulla traccia fornita da Peter De Rosa, che a proposito di Stefano VIII così scrive:
«Stefano VII era completamente pazzo; fece riesumare la salma del suo predecessore Formoso (891-896), un Corso morto da nove mesi e poi, durante quello che divenne noto come il Sinodo Cadaverico, fece sedere in trono il cadavere puzzolente vestito di tutti i paramenti e lo interrogò di persona. Lo accusò di essere divenuto papa con la frode, poiché in quanto vescovo di un'altra cittò, non poteva essere eletto a Roma: e questo a suo parere invalidava tutti i suoi atti, in particolare le ordinazioni» (p. 57).
Nei libri scolastici di storia, ad educazione della gioventù, normalmente non si presentano questi aspetti del papato, che viene presentata come un’istituzione salvifica, dove l’aspetto religioso è comunque prevalente per tutta la sua durata storica. È invece normale il contrario secondo ogni evidenza storico-documentale. Di Stefano VII non si conosce l’anno della nascita in Roma, ma fu eletto al pontificato nel maggio dell’896 e cessò dalla carica nell'agosto dell’897. È noto soprattutto per il processo a papa Formoso, che terminò con lo strazio del cadavere. Una rivolta popolare depose Stefano VII, che finì strangolato. Dov’èra lo Spirito Santo che sempre assiste la Chiesa? Predecessore di Stefano VII fu Bonifacio VI, prima ancora il famoso papa Formoso. Successore fu papa Romano. Eccetto che per l’inaudita barbarie questo papa non è ricordato per altre sue gesta.

Links:
1. Wikipedia: Stefano VII.
2. Processo al cadavere e papato nel X secolo.
3. Cadaver Synod.

Papi: Gregorio VII (1073-1085)

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È una buona fonte per il mio progetto di una storia della Chiesa il libro di Peter De Rosa, che dipinge il “grande” Gregorio VII come un autentico falsario tanto sul piano strettamente giuridico avendo egli inventato di sana pianta tutti i suoi titoli giuridici sotto il profilo temporale quanto sul piano teologico poco curandosi di come la poteva pensare Gesù Cristo, ammesso che costui sia mai esistito per Gregorio VII in particolare e per i papi in generale. Gregorio VII, al secolo Ildebrando Aldobrandeschi di Soana, nace a Sovana intorno al 1020/1025 e morì a Salerno il 25 maggio 1085. Fu eletto papa il 22 aprile 1073, consacrato il 30 giugno, finì il suo pontificato con la morte avvenuta “in esilio” il 25 maggio 1085, Gli precedette come papa Alessandro II, gli succederà Vittore III. Alcuni giudizi tratti da De Rosa: fu l’unico papa a canonizzarsi da sé. Infatti i papi erano per santi per definizione. Fu probabilmente «il papa più potente e rispettato della storia». Ma cosa significa “rispettato”? Che fosse anche rispettabile? Non pare proprio!

Ecco alcuni articoli del suo Dictatus, consistente in 27 articoli che delineavano i suoi poteri in quanto Vicario di Cristo, non già più semplice Vicario di Pietro, troppa poca cosa per la cresciuta potenza dei Papi:
– Il papa non può essere giudicato da nessuno sulla Terra.
– La Chiesa di Roma non ha mai errato né mai errerà fino alla fine dei tempi.
– Soltanto il papa può deporre i vescovi.
– Egli solo ha diritto alle insegne imperiali.
– Può detronizzare re ed imperatori e dispensare i loro sudditi dall’obbedienza.
– I suoi legati, anche se non sono sacerdoti, hanno la precedenza su tutti i vescovi.
– Un papa legalmente eletto è irrefutabilmente un santo, reso tale dai meriti di Pietro.
«È difficile accertare» - è De Rosa che parla - «se egli sapesse che la maggior parte delle sue argomentazioni si basava su documenti contraffatti; il minimo che si possa dire è che la sua credulità fu allarmante, specialmente tenendo conto di ciò che riporta il Nuovo Testamento sugli errori di san Pietro. Queste contraffazioni fanno pensare che le sue pretese assolutistiche si basassero su antichi documenti conservati zelantemente negli archivi di Roma» (p. 69).

Nelle edicole è ormai abituale trovare a buon prezzo opere generali di carattere divulgativo, spesso a prezzo staandard di euro 12.90. Anche io sono un acquirente di queste opere, soprattutto per il basso prezzo e la buona veste grafica. Ma non sempre valgono il poco che costano. Così ad esempio nella Storia delle Religioni, uscita con “la Repubblica” ed originariamente apparsa presso Laterza, trovo un polpettone a cura di Giovanni Filoramo, dove a proposito del Dictatus di Gregorio VII trovo la seguente illuminazione:

«Pressoché tutti i manuali di storia medievale [sarebbe stato meglio sorvolare?], quando devono illustrare le concezioni gregoriane, si rifanno alle ventisette proposizioni che nel registro delle lettere di quel papa sono riportate sotto il titolo di Dictatus papae. In effetti [ma guarda un po’!] esse sintetizzano in modo chiarissimo la vastità e profondità delle prerogative e delle competenze riservate alla chiesa romana [o a Gregorio VII?], e ovviamente al suo vescovo: una chiesa romana [e torna lui] alla quale era attribuita la superiorità dottrinale e giuridica [sulla base dei falsi sfornati come in una fabbrica?] su tutta la cristianità, amdando contro ai tradizionali diritti e poteri non solo del “regno”, ma anche dei metropoliti e dei vescovi. Si apriva una vastissima capacità di intervento della chiesa romana così nel corpo ecclesiastico, come nella società. Il processo che era nato per difendere la libertas ecclesiae da ogni intervento che apparisse intromissione nelle vita degli enti della chiesa [ma quale processo?], finì per trasformarsi nell'avvio di un processo di fagocitazione della società nella chiesa [bell’eufemismo!], ovvero di sacralizzazione della realtà [ma quale sacralizzazione?!]. Finì pure per sollecitare la necessità di una ricostruzione razionale delle istituzioni ecclesiastiche, strutturate in modo gerarchico e culminanti nel papato romano» (p. 220).
Ed è tutto sul Dictatus di Gregorio VII, il quale pensava a se stesso innanzitutto ed alla sua libido dominandi senza starsi troppo a curare delle generalizzazioni che mille anni dopo ne avrebbe tratto il divulgatore delle edicole. Un bell’esempio di assenza di spirito critico e di reticenza. Meglio lasciar perdere gli edicolanti! Chi mette a confronto un testo come quello di Peter De Rosa e l’altro di Giovanni Filoramo, edicolante della domenica, può farsi un’idea di cosa può significare una storiografia addomesticata. Chi narra la storia deve avere il coraggio di un giudizio critico. Altrimenti, se non falsifica la storia come fece Gregorio VII, certamente nasconde i fatti e copre i crimini e le colpe di epoche anche assai remote. In tempi in cui si pretende di far passare come un valore in quanto “radici cristiane” le nefandezze di un Gregorio VII lo storico che avalla simili operazioni si rende complice.


Links:
1. Wikipedia: Gregorio VII

lunedì, aprile 02, 2007

Papi: Stefano III (752-757)

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Sembra sia stato Stefano III l’autore della falsa donazione di Costantino. Ha ingannato il tal modo Pipino il Breve. Fu eletto il 26 marzo del 752 e morì il 26 aprile del 757. Suo predecessore fu Stefano II. Gli successe Paolo I. Nacque probabilmente il 714 o 715. A Stefano III si deve pure l’invenzione della sedia gestatoria, cioè l'uso di portare il papa sulle spalle. La falsità della Donazione di Costantino fu così smaschearata da Lorenzo Valla:

La fama di Lorenzo Valla è dovuta principalmente al fatto che, dimostrando la falsità della presunta “donazione di Costantino”, egli ha “smascherato” la Chiesa, che con quel documento giustificava il proprio potere temporale e rivendicava privilegi nei confronti dell'Impero. Quello di Valla non intende essere un lavoro esclusivamente di tipo filologico, ma anche una analisi dell'epoca storica in questione. Importante l'atteggiamento di fondo, che è quello di un uomo moralmente indignato di fronte alla menzogna e alla truffa perpetrate per secoli.

L. Valla,
De falso credita et ementita Constatini donatione declamatio,
II, 6; IX, 32-33


Prima di confutare il testo della Donazione, unica difesa di costoro, difesa non solo falsa ma stolta, occorre che mi rifaccia un po' indietro.
Per prima cosa dimostrerò che Costantino e Silvestro non erano giuridicamente tali da poter legalmente l'uno assumere, volendolo, la figura di donante e poter quindi trasferire i pretesi regni donati che non erano in suo potere e l'altro da poter accettare legalmente il dono (né del resto lo avrebbe voluto).
In seconda istanza, dimostrerò che anche se i fatti non stessero cosí (ma sono troppo evidenti), né Silvestro accettò né Costantino effettuò il trapasso del dono, ma quelle città e quei regni rimasero sempre in libera disponibilità e sotto la sovranità degli imperatori. In terza istanza dimostrerò che nulla diede Costantino a Silvestro, ma al papa immediatamente anteriore davanti al quale Costantino era stato battezzato; furono doni del resto di poco conto, beni che permettessero al papa di vivere. Dimostrerò (quarto assunto) che è falsa la tradizione che il testo della Donazione o si trovi nelle decisioni decretali della Chiesa o sia tolto dalla Vita di Silvestro: non si trova né in essa né in alcuna cronaca, mentre invece si contengono nella Donazione contraddizioni, affermazioni infondate, stoltezze, espressioni, concetti barbari e ridicoli. Aggiungerò notizie su altri falsi o su sciocche leggende relativamente a donazioni di altri imperatori. Tanto per abbondare aggiungerò che, anche se Silvestro avesse preso possesso di ciò che afferma di aver avuto, una volta che o lui o altro papa fosse stato deietto dal possesso non avrebbe piú possibilità di rivendica, né a norma delle leggi civili né delle ecclesiastiche, dopo sí lunga interruzione. Al contrario (ultima parte della mia discussione) i beni tenuti dal Papa non conoscono prescrizioni di sorta. [...]
Taccio di molti monumenti storici e dei templi di Roma; si trovano ancora (e molte ne posseggo io) monete di oro di Costantino già cristiano e poi di quasi tutti i successori con questa iscrizione, in lettere latine non greche, sotto l'immagine della croce: Concordia orbis. Se ne troverebbero numerose anche dei sommi pontefici, se mai avessero imperato su Roma: non si trovano invece né di oro né di argento né alcuno ricorda di averle viste, mentre non poteva non battere proprie monete chiunque avesse comandato a Roma [...].

“E decretiamo e stabiliamo che tenga il primato tanto sulle quattro sedi di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, Costantinopoli, quanto su tutte le chiese dell'universa terra. Anche il pontefice che nei secoli futuri sarà a capo della sacrosanta Chiesa romana, sia il piú alto a capo di tutti i sacerdoti e di tutto il mondo, e tutte le cose che toccano il culto di Dio e servano a rafforzare la fede dei Cristiani, siano disposte dal papa”. Non voglio far notare la barbarie della lingua, quando dice princeps sacerdotibus invece che princeps sacerdotum, che a poca distanza usi existerit ed existat; e che avendo detto in universo orbe terrarum aggiunga poi totius mundi, come se volesse dire due concetti diversi o volesse abbracciare anche il cielo che è una parte del mondo, quando buona parte dell'orbe terracqueo non era sotto Roma; che distinse, come se non potessero coesistere insieme, il procurare fidem vel stabilitatem; e confuse insieme sancire e decernere; e come se Costantino prima non avesse deciso con gli altri, lo fa decernere e sancire (come se stabilisse sanzioni, pene) e per giunta lo fa sancire insieme con il popolo. Quale cristiano potrebbe sopportare ciò e non rimprovererebbe il papa, severamente e quasi direi da censore, per avere pazientemente sopportato e ascoltato volentieri queste cose, cioè che, mentre la sede romana ha ricevuto il suo primato da Cristo, [...] si dica ora che tale primato lo abbia ricevuto da Costantino appena cristiano, come da Cristo? Avrebbe voluto dire ciò quel moderatissimo imperatore, avrebbe voluto udirlo quel religiosissimo papa? Lontana da ambedue tanta enorme empietà.

(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. X, pagg. 84-86, 88)



Links:
1. Wikipedia.

Papi: Homepage

ELENCO CRONOLOGICO

Damaso I (366-383)
Stefano III (752-757)
Stefano VII (896-897)
Gregorio VII (1073-1085)
Innocenzo III (1198-1216)
Paolo IV (1555-1559)
Pio V (1566-1572)
Innocenzo X (1644-1655)
Pio IX (1846-1878)
Pio XII (1939-1958)

ELENCO ALFABETICO

Damaso I (366-383)
Gregorio VII (1073-1085)
Innocenzo III (1198-1216)
Innocenzo X (1644-1655)
Paolo IV (1555-1559)
Pio V (1566-1572)
Pio IX (1846-1878)
Pio XII (1939-1958)
Stefano III (752-757)
Stefano VII (896-897)

Voci connesse:

Papi: Damaso I (366-383)

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La storia del papato non è una storia della santità. Da quando la comunità originariamente religiosa si trasforma in un luogo del potere vi si manifestano tutti i fenomeni tipici. Trovo che si discosti da una corretta metodologia ogni storiografia che affronti la storia della chiesa sotto l’influenza di categorie religiose o sia pervasa da intenti apologetici. Credo che la maggior parte della storiografia esistente sia di questo tipo. È perciò inutile. Con Damaso I si vede già con piena evidenza la natura degli uomini che nel tempo hanno aspirato al soglio detto di Pietro. Il suo pontificato durò dal 1° ottobre 366 all'11 dicembre 383. Suo predecessore fu papa Liberio e suo successore papa Siricio. Si noti che il termine papa non è originario. Non so se all’epoca di Damaso era giò in uso questo appellativo. La fonte più importante su Damaso è forse un passo di Ammiano Marcellino, che così narra le circostanze della sua elezione, mai contestata nella sua legittimità:

«L’ardore di Damaso e Ursino per occupare la sede vescovile superava qualsiasi ambizione umana. Finirono per affrontarsi come due partiti politici, arrivando allo scontro armato, con morti e feriti; il prefetto, non essendo in grado di impedire i disordini, preferì non intervenire. Ebbe la meglio Damaso, dopo molti scontri; nella basilica di Sicinnio, dove i cristiani erano riuniti, si contarono 137 morti e dovette passare molto tempo prima che si calmassero gli animi. Non c’è da stupirsi, se si considera lo splendore della città di Roma, che un premio tanto ambito accendesse l'ambizione di uomini maliziosi, determinando lotte feroci e ostinate. Infatti, una volta raggiunto quel posto, si gode in santa pace una fortuna garantita dalle donazioni delle matrone, si va in giro su di un cocchio elegantemente vestiti e si partecipa a banchetti con un lusso superiore a quello imperiale».
Questo stinco di santo si distinse – leggo – nella difesa dell’ortodossia cattolica e nella lotta contro due forme di eresia: l’apollinarismo e il macedonianismo (pneumatochia). Cerchiamo di capire cosa fossero queste due eresie. L’apollinarismo non ha niente a che fare con il dio Apolo, ma è da ricondurre alla dottrina o alle posizioni di Apollinare di Teodicea vissuto circa il 310-390, cioè ai tempi di Teodosio (379-395), che lo condanno con un’ordinanza imperiale del 388. Siamo ancora in un periodo in cui vero ed autentico capo della chiesa è l’Imperatore, che ha sue proprie esigenze di politica ecclesiastica. Muovendo dalla tripartizione platonica, Apollinare sostiene che Cristo non aveva un’anima come gli altri uomini e non accettava la piena ed intera umanità del Cristo. Il macedonianismo prende invece il nome da Macedonio di Costantinopoli, morto verso il 362. La pneumatochia, ricondotta Macedonio e per questo detta anche con termine equivalente macedonianismo, significa ostilità allo Spirito Santo. Gli aderenti a questa concezione credevano che lo Spirito Santo fosse una creatura di Dio, superiore agli angeli, ma non consustanziale al Padre e al Figlio. Nella difficile coabitazione della Trinità lo Spirito Santo era reso da taluni subordinato alle figure del Padre e del Figlio. Questa posizione fu condannata al Concilio di Costantinopoli nel 381: è eretica perché condannata, ma non è meno assurda di ogni altra teoria ortodossa. Le posizioni assunte e decise conciliarmente condizionano gli sviluppi dottrinali successivi: questa la ratio. Per trovare spiegazioni specifica bisogna risalire al preciso contesto storico, se mai possibile allo stato delle fonti e se proprio ne vale la pena.




Links:
1. Wikipedia.

Papi: Innocenzo X (1644-1655)

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Mi interessa raccogliere notizie su questo Papa, perché il suo pontificato cade nell’anno della pace di Westfalia (1648), sancita dai trattati di Münster tra Francia e Impero e di Osnabrück tra Svezia e protestanti da una parte ed imperatore e cattolici dall'altra. Nei trattati di pace viene sancito che: «i cittadini di religione diversa da quella del loro sovrano debbono avere uguali diritti rispetto agli altri cittadini». Questa pace fu condannata da Innocenzo X. Il suo nome era Giovanni Battista Pamphili. Nacque nel 1574, salì al soglio il 15 settembre 1644 e morì il 7 gennaio 1655. Durante il suo pontificato Hobbes pubblicava Il Leviatano. Suo predecessore era stato Urbano VIII. Suo successore sarà Alessandro VII. Fu uno dei pontefici più abili della sua epoca e aumentò considerevolmente il potere temporale degli Stati della Chiesa. Studiò al Collegio Romano, dove si laureo in giurisprudenza nel 1594. L'evento più importante del pontificato di Innocenzo X fu la sua opposizioni ai trattati di paace a conclusione della guerra dei Trent’Anni. Wikipedia: «Innocenzo X obiettò immediatamente contro le clausole dei trattati perché l’immediata conseguenza per la Chiesa cattolica era la perdita di tutti i vescovadi della Germania settentrionale e centrale, e di molti conventi e monasteri. Al tavolo delle trattative, delegato dal papa, sedette il nunzio Fabio Chigi, che protestò energicamente, ma inutilmente. Il papa, allora, scrisse la Bolla Zelus domus Dei (26 novembre 1648). Tuttavia, la protesta della Santa Sede venne completamente ignorata e non ebbe alcun effetto». Con questa formulazione non si capisce però abbastanza la questione di principio, che darà origine alla separazione moderna fra Stato e Chiesa. Cerco altrove.

Importante fu il giubileo dell’anno 1650. Le cronache riportano l’influenza che sul papa ebbe Donna Olimpia Pamphili Maidalchini (1594-) detta Pimpaccia.. I primi due links riportanto suppergiù le stesse notizie, ma approfondiscono poco la posizione pontificia sul Trattato di Westfalia. Si limitano a dire che il papato ci perse in termini economici. Ma si tratta di qualcosa di più profondo. Era per sempre spezzato il principio dell’unità ecclesiastica all'interno di uno stesso Stato e che per tredici secoli si era voluto mantenere con la forza delle armi e con la repressione interna. Se ne aveva abbastanza di guerre durate da più un secolo e provocate da contrasti confessionali in Francia e in Germania. I trattati riconoscevano l'eguaglianza delle tre grandi confessioni cristiane e le ponevano l'una accanto all’altra con gli stessi diritti e la stessa autorità. Sia il luteranesimo sia il calvinismo avevano sollevato la stessa pretesa dei cattolici di essere l’unica vera chiesa universale e si erano scagliate reciproche scomuniche: ormai non poteva più essere mantenuto una simile pretesa al monopolio religioso ed i sovrani degli Stati avevano compreso l'importanza della separazione degli affari di stato dalle questioni religiose e di fede.


Links:
1. Wikipedia
2. Cronologia.