giovedì, giugno 28, 2007

Ricordi di un’epoca attraverso la rete. In memoria di Aldo Moro e Franco Tritto.

Versione 1.1

Ho intrapreso la lettura di un libro che mi sembra ben impostato e congegnato, nonché meritevole di essere letto. Credo che lo si posso collocare nel genere “memorialistica”, almeno in parte. L’autore, Pino Casamassima, narra anche fatti di cui fu testimone ed in un certo senso siamo tutti testimoni in quanti compresi in quella generazione. Il libro ha il seguente titolo e sottotitolo: Il libro nero delle brigate rosse. Gli episodi e le azioni della più nota organizzazione armata dagli “anni di piombo” fino ai nostri giorni. L’editore è Newton Compton. Si tratta di un volume di circa 430 pagine ricche di dati e di nomi, che anche io in parte ricordo. Si parla fra l’altro della prima facoltà di Sociologia in Trento. Quando nel 1970 mi sono immatricolato all’università di Roma pensavo con una certa invidia alla possibilità di andare a Trento per iscrivermi ad una facoltà che sembrava di moda. Per fortuna, fu solo la bizzarria di un momento e scelsi un’università ed una facoltà, non fra le ultime d’Italia – la Sapienza – dove potevo recarmi anche a piedi senza costituire nessun aggravio economico per i miei genitori. Ciò che qui mi propongo è di annotare nomi e luoghi mentre procedo nella lettura del libro. Di tanto in tanto cercherò in rete links ed immagini disponibile. Negli anni settanta non esisteva internet e la connessione continua adsl. Oggi esiste ed è un’opportunità di cui faccio ampio uso. Una sorta di quaderno di appunti, dove chiunque che ne abbia voglia, può accedervi. A questo punto non posso non rivolgere un ricordo commosso al mio collega di università di studi, di stanza, di lavoro che in tutta questa storia ha un tragico ruolo. Si tratta di quel prof. Franco Tritto a cui le Brigate Rosse telefonarono per indicare il luogo dove avrebbero potuto trovare il corpo di Moro. Con Franco Tritto eravamo stati insieme studenti al corso di diritto penale con Aldo Moro. Siamo rimasti sempre in contatto in quanto ricercatori nella stessa facoltà, di cui condividevano anche la stessa stanza: filosofia del diritto io diritto penale lui. La stessa scrivania fino a quando nella stessa piccola stanza non si trovò modo di far entrare tre scrivania, una per cattedra. A parte la comune cena con Aldo Moro, al termine del corso di diritto penale, non avevamo mai avuto occasione di incontarci fuori dell’università, ma non ne sentivamo il bisogno perché l’università stessa forniva la più frequente occasione per vederci. La notizia della sua prematura ed improvvisa morte mi giunse in piena estate, mentre ero sulla spiaggia. Mi colse allora il rimorso ed il rimpianto per non averne allora coltivata l’amicizia anche fuori dell’università. La sua vita privata mi è rimasta del tutto sconosciuta. Entrambi, sia pure in modo diverso, siamo rimasti segnati dalla tragedia dell’assassinio del comune “Maestro”. Non trovo purtroppo in rete nessuna foto di Franco Tritto ed io non ne possiedo nessuna. Era molto riservato e diffidava di internet e della posta elettronica.

Sommario:

1.
Tutto comincia da Berkely


«Durante gli ulimi mesi del 1964 l’università californiana di Berkeley è occupata dagli studenti guidati da un ragazzo di chiare origini italiane, Mario Savio. È l’inizio della contestazione» (p. 15).
Mario Savio (1942-1996)

Per la verità il nome Savio non mi ricorda nulla, ma Berkeley si. Da studente che nel 1968 aveva 18 anni cercavo di tenermi informato su quanto succedeva nel mondo. Compravo anche dei libri di attualità, o di cui sentivo spesso parlare, specialmente quelli di Marcuse. I componenti di una stessa generazione comunicano fra di loro più con le emozioni condivise, gli stati d’animo, le speranze, le frustrazioni, e simili irrazionalità che non nelle forme del linguaggio e del discorso formalmente elaborato e costruito. Solo molto tempo dopo gli eventi si riesce a dare una forma logica alle esperienze vissute o anche lontanamente condivise. Ma anche in queste caso le costruzioni che ne vengono fuori possono essere arbitrarie e le realtà può essere diversa o restarne largamente fuori. Altro è la vita nel suo svolgersi, altra la ricostruzione mentale del vissuto, del passato.

«È l’inizio della contestazione. Il vento che soffia dalle coste della California arriva in Europa due anni più tardi, e l’Italia è il primo Paese del vecchio continente a esserne scosso: il 9 febbraio del 1966 a Milano vengono arrestati due anziani tipografi e sei giovani, studenti e lavoratori. La principale imputazione che grava su alcuni di loro è quella di aver diffuso volantini a favore dell’obiezione di coscienza, istigando quindi i militari alla disobbedienza» (p. 15-16).


Per la verità io il termine “contestazione” l’ho sempre trovato strano e libresco. Se devo definire la mia condizione spirituale di quegli anni io non mi definisco un “contestatore”, termine che mi occorre prima tradurre per capire cosa significhi propriamente. Deve essere stato coniato dai giornalisti o da qualche sociologo e sarebbe interessante un’indagine linguistica analoga a quella che ho visto svolgere, stucchevolmente e inutilmente, nel corso del recente megalitico convegno paneuropeo-episcopale, dove ho sentito analisi linguistiche del “catechismo” e della scrittura di Sant’Alfonso. In quegli anni frequentavo ancora la parrocchia. La mia “contestazione”, dopo la lettura de L’essenza del Cristianesimo, di Feuerbach fu un formale atto di abiura che attaccai sul crocefisso in sacrestia. Cessò quindi il mio impegno nell’Azione Cattolica, anche se conservai sempre l’amicizia con non pochi sacerdoti ed il rispetto che avevo verso di loro.

Links e note:
1. I due anziani tipografi. Credo che a questa fonte abbia attinto a piene mani il nostro Pino. Le parole sono quasi le stesse. Se così è, andava fatta una nota di rinvio. Ai miei studenti insegno che si può citare anche da internet. Credo che la massa di dati già oggi disponibile in rete superi di gran lunga quanto è possibile ricavare da qualsiasi biblioteca privata, per quanto ben fornita essa sia. Volevo trovare qualcosa di più preciso su questi due anziani tipografi ed i nomi degli arrestati giovani.

2. Wikipedia: Mario Savio. Mi impressiona l’anno della sua morte: il 1996, all’età di 54 anni. Pur non sapendo nulla lui, mi immagino una vita tragica.

3. Fonte iconografica: Berkeley 1964. La foto che si vede sopra con Mario Savio in mezzo alla folla è del 1° ottobre 1964. La foto originale ha una didascalia alla quale si rinvia.

(segue)

Nessun commento: