domenica, marzo 15, 2009

Palestina e Medio Oriente 40 anni fa da una rivista di allora

Mentre riordinavo la mia Biblioteca è uscita fuori da uno scaffale una rivistina che ricordo di aver comprato nel 1968 nella Libreria Feltrinelli di via del Babuino in Roma. Ho voluto ripercorrerne le pagine. Ne ho sfogliato il sommario degli argomenti trattati nel numero datato giugno 1968, n. 2 della rivista “Maquis” il cui Direttore era Filippo Gaja, che personalmente non ho mai conosciuto ed il cui nome non ricordavo neppure come neppure ricordo di aver letto altre pubblicazioni. La mia attenzione si sofferma, 4o anni dopo, su alcuni servizi dedicati al Medio Oriente. Vi è un certo trionfalismo nell’esaltazione della causa palestinese. È certamente dignitosa e ammirevole la resistenza di questo popolo, che ancora resiste allo sterminio e alla pulizia etnica, ma in realtà mi sembra che vi sia poco trionfalismo da fare. Oggi, anche per gli stessi stati arabi che si sono arresi all’invasione e alla prepotenza, in primis l’Egitto, sembra che i palestinesi siano una palla al piede: meglio sarebbe stato se gli israeliani avessero finito di sterminarli, completando un’opera che i padri sionisti hanno avuto sempre in mente, traducendo magaro loro ciò che era nella mente di dio, beninteso del loro dio. Rileggo di seguito quell’articolo di 40 anni fa, comparandolo con il presente e riproducendone la documentazione fotografica, di cui non se se già esiste eguale in rete.

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Sembra tipico di un tono trionfalistico di quegli anni la “situazione di debolezza” attribuita agli “atteggiamenti aggressivi” di Israele che in realtà ne hanno sempre caratterizzato la presenza in Medio Oriente fin dai primi insediamenti sionisti, il cui fine è sempre stato la “pulizia etnica” di quelle terre, che essi – altro che fondamentalismo religioso! – considerano di loro proprietù in quanto attribuite loro direttamente da dio, dal Jahvè biblico, che meriterebbe di essere portato davanti ad una corte di giustizia, come “istigatore all’odio”. Ancora attuali invece le seguenti frasi: «2 milioni e 300.000 ebrei sono troppo pochi per mantenere con la forza della repressione l’occupazione di un paese popolato da un milione e 300.000 arabi animati da uno spirito di affermazione nazionale e decisi a non lasciarsi umiliare». Il “provvisorio” dell’occupazione è un dato permanente e la “guerra guerreggiata” volta allo sterminio ed alla pulizia etnica ha avuto una recentissima conferma tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009, per noi goym periodo delle maggiori festività dell’anno: anche questa una forma di disprezzo della nostra sensibilità da parte degli strateghi dell’operazione “piombo fuso”. Sono di valore documentario le foto della pagina 119 che riporto in evidenza qui di seguito, riproducendone testualmente le didascalie. La fonte iconografica non è diversamente indicata e non mi sono possibili riscontri:
Abitazioni arabe rase al suolo con la dinamite a Abu Niss. L’obiettivo è semplice: incitare gli arabi alla partenza.
Partigiani palestinesi arrestati

Il Il villaggio di Karamé, in territorio giordano, nel corso del raid israeliano del 20 marzo [1968]. Era una base dei guerriglieri.

Un partigiano arabo arrestato dalla polizia israeliana.


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