Il riso è forse l’arma più innocua e distruttiva che in modo non violento possa usarsi contro un regime di intolleranza e sopraffazione che ogni giorno diventa sempre più sfacciato, esigente ed arrogante. Per le vignette su Maometto, che non mi hanno fatto mai ridere, si invoca la libertà di stampa e di espressione artistica noncé di pensiero, ma se appena la satira cambia di segno e si volge altrove, allora scattano pesanti sanzioni penali. In questo blog dedicato alle “spigolature”, pensiamo di fare cosa e utile raccogliendo in un solo post notizie che si prestano in uno stesso tempo al riso ed alla riflessione. L’idea di metterle insieme sorge da una loro contemporaneità pur nella diversità dei loro contesti. Ad esempio, merita di passare nella storia del riso, non in senso vegetale, ma proprio del ridere più o meno a creparelle, rientra la bufala pezzettiana che aveva pensato di dare un chicca alla mostra della Shoah in Roma, annunciando che la cantante Lia Origoni della Scala di Milano aveva cantato in Auschwitz, ossia nella comune immaginazione il luogo dove si entra passando sotto il cartello “Arbeit macht frei”, mentre invece si trattava di un teatro varietà esistente in Berlino con lo stesso nome, ma soprattutto negando la signora Origoni di essere mai stata all’interno del campo di concentramento, come leggendo sul “Corriere della Sera” del 27 gennaio un comune lettore poteva intendere. È stata quanto mai penoso e divertente la smentita, apparsa sullo stesso quotidiano in data 1° marzo, da parte del direttore della mostra Marcello Pezzetti, noto storico olocaustico, che peraltro era per lo meno costretto ad ammettere che non vi era nessun “inedito” – come annunciato – ma solo un insignificante e per nulla “eccezionale” documento edito dieci anni prima. La mia personale vicenda e polemica è narrata in apposito post, ma qui intendo raccogliere tutte le notizie analoghe che. per la mia sensibilità e per il mio angolo visuale, offrono spunti comici.
Vers. 1.4/15.3.10
Sommario: 1. Ma quale Scala? – 2. Lula non vuole. – 3. Qualcuno si muove. – 4. Una Promenade Ben Gurion a Parigi. – 5. E perchè mai proprio Lula? –
1. Ma quale Scala? – Il nostro viaggio, spigolando qua e là, incomincia con un rinvio ad un ampio post di questo blog, che qui riassumiamo brevemente. In data 27 gennaio 2010, in coincidenza con le annuali ricorrenze della Shoah veniva annunciato un documento inedito di eccezionale importanza offerto ai visitatori della mostra al Vittoriano, non ancora conclusa. Il chiaro intento era quello di gettare discredito sulla massima istituzione musicale del paese, il teatro della Scala di Milano, una cui cantante, Lia Origoni, avrebbe cantato in tournéé addirittura nel campo di concentramento di Auschwizt. Questo ultimo aspetto, per la verità, è un poco ambiguo. Con questo nome tutti intendono comunemente il campo di concentramento. La signora Lia, che in difesa proprio degli ebrei perseguitati aveva opposto un diniego ad un invito di Goebbels, e dunque testimone non sospetta, nega però decisamente di aver mai cantato dentro il campo di concentramento di Auschwitz. Nelle sue numerose tournéè in parecchie città della Germania, in Cecoslovacchia e in Polonia si erà avvicinata – in tournéé dove il suo impresario la portava – al massimo a Katowize, che dista trenta chilometri dal campo di concentramento vero e proprio: se fosse stata lì dentro la lucidissima signora di 90 anni non avrebbe avuto nessuna difficoltà ad ammetterlo ed a testimoniare ciò che aveva visto. Ma non c’era stata! Quel che è peggio però ed assai più grave, dimostrando la bufala, il dilettantismo e la malafede di altri, è il fatto che in quegli anni, cioè nel 1942-43, il soprano Lia Origoni non lavorava ancora alla Scala di Milano, cosa che avviene solo a partire dal 1946, non prima, come è facile verificare, consultando, ad esempio, la collezione delle locandine della Scala di Milano. Il teatro della Scala di cui si parla nel 1942-43 è un omonimo teatro di varietà che esisteva in Berlino, dove la signora Origoni aveva avuto un contratto nell’autunno-inverno del 1942-43. Non è difficile arguire che si tratta di un marchiano errore del burocrate che scrive "Milano” anziché Berlino, annunciando per il futuro uno spettacolo di cui non è poi certo abbia avuto effettivamente luogo. Messo alle corde da un’intervista di smentita della signora Lia Origoni, apparso sul Corriere della Sera del 5 febbraio, il direttore “scientifico” della Mostra Marcello Pezzetti se ne esce fuori con una “controsmentita” del 1° marzo, dove intanto si dà la zappa sui piedi, ammettendo che l’«inedito» era in realtà apparso dieci anni prima in un libro, la cui “scientificità” è riconosciuta da tutti gli studiosi dell’eccelsa materia. E comunnqe alla mostra non è dato trovare neppure il documento originale e neppure le fotocopie del due pagine di libro, dove ogni modesto cultore di materie storiche può valutare l’inconsistenza probabtoria e documentale del pur autentico (ma non esposto) documento: un pezzetto di carta che non dice nulla che valga di più di quanto la diretta interessata ha personalmente chiarito ed autenticato. Mi sono divertito non poco andando alla mostra, per chiedere di poterlo vedere questo documento “inedito” e di “eccezionale importanza”. La morale della favola è che si voleva incrementare l’industria della colpa e del senso di colpa, coinvolgendo il teatro della Scala di Milano ed i suoi cantanti, rei di niente altro che di... cantare!
2. Lula non vuole. – Era la prima volta che un presidente brasiliano passava dalle parti di Israele. Per chi conosce un poco di diritto internazionale sa che se uno stato esiste vuol che esiste, cioè esiste di fatto. E quindi si hanno le relazioni che si devono avere. Per giunta Israele ha 200 testate atomiche che potrebbero giungere fin nel Brasile. Dunque, un capo di stato deve fare il capo di stato. A casa sua, in privato, fa quello che vuole. E dunque sia pure obtorto collo bisognava passare da Israele. Ma esiste il cerimoniale. E cosa volevano da Lula? Che andasse a deporre una corona sulla tomba di Thédore Herzl, che sarà pure un padre per i sionisti, ma il cui giudizio storico può essere per nulla positivo da parte di chi ha indipendenza di giudizio. E così ha dimostrato di essere il presidente Lula, che non sembra ci voglia stare a ripetere per l’Iran il copione già visto per l’Iraq. Senza guerre – e ne conduce da più di cento anni – Israele proprio non può vivere. Lo sapeva già persino papà Herzl.
Può essere divertente seguire e monitorare i commenti. Intanto diamo la notizia dell’agenzia adncronos:
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3. Qualcuno si muove. – Nei grandi media la posizione di tutto l’ebraismo o giudaismo – ma i due termini non sono identici – è in genere tutta schiacciata su Israele ed i sionismo. Se però si va a leggere e studiare un libro come quello di Jacob Rabkin, si apprende che non è esattamente così. Anzi, si viene ad apprendere che il giudaismo rigorosamente inteso sulla base dei testi religiosi ebraici e della sua tradizione è addirittura antitetico al sionismo. La confusione aumenta perché si legge nei grandi media di ebrei “ultraortodossi” che sono poi in realtà “ultranazionalisti” ed hanno le posizioni estreme in una vera e propria campagna di genocidio dei palestinesi. Questa “ortodossia” non ha nulla a che fare con l’«ortodossia» chè è invece descritta nel libro di Rabkin ed è rappresentata da Neturei Karta. Sarebbe interessante, utile e chiarificatore saperne di più, ma questa informazione è inutile ed ingenuo aspettarsela dal grandi media. Resta però un fatto assai pericoloso per l’ebraismo inteso nel suo complesso, cioè includendo le comunità ebraiche che vivono nei diversi paesi, avendone la cittadinanza e godendo in fondo di una situazione di privilegio non concessa ad altri strati di popolazione. Si tratta di una particolare comunità religiosa, non di un “popolo” in senso proprio. Se così fosse sorgerebbero delicati problemi di ordine costituzionale: può vivere un "popolo” all’interno di un altro "popolo”? Non insisto oltre sul tema. Invece la notizia che intendo dare come “curiosa” è significativa è il fatto che qua e là qualcuno dall’interno dell’ebraismo insorge contro Israele e la sua politica. Qualcuno capisce che appoggiare Israele significa assumersi la responsabilità per “Piombo Fuso”, per la “puliza etnica del 1948”, per tutta la politica di insediamento coloniale dell’ebraismo che inizia esattamente dal 1882 e che giunge con una linea costante di sangue fino all’odierno regime di apartheid e di genocidio programmato. La propaganda israeliana può avere successo dove le orecchie hanno interesse a far passare la propaganda, ma dove esiste un minimo di indipendenza di giudizio e non dipendenza materiale, la visione delle cose è ben diversa. La responsabile si chiama comunque Anne Sander e cercheremo di seguirne le vicende, interessanti e istruttive.
4. Una Promenade Ben Gurion a Parigi. – Cosa succederebbe se anziché a Ben Gurion la promenade fosse intitolata ad Adolh Hitler? È questione di punti di vista, ma per chi si informa bene su cosa ha significato la fondazione dello stato di Israele, si impongono determinate riflessioni, valutazioni ed opzioni politiche. È qui difficile non immaginare i soggetti che stanno dietro a questa iniziativa. Difficile non pensare alla potenza di un ben individuabile Lobby e a una lenta e capillare penetrazione di tipo culturale, scientificamente programmata. Qualcosa di simile si vuol fare anche per Roma. Mancano in genere forze che si contrappangono alla Lobby e perciò le cose passano. Quel che è poi è peggio è che a farne le spese sono singoli cittadini che in modo spontaneo, individuale e senza avere alle spalle forze politiche ed appoggi esprime sue libere valutazioni e giudizi. Il cosiddetto “lavaggio del cervello” passa per questi canali.
5. E perchè mai proprio Lula? – Il gioco diplomatico si arricchisce di nuovi dettagli. Il ministro degli esteri Lieberman, uomo che è tutto dire, ha fatto opera di “boicottaggio” – dunque anche lui boicotta? – contro Lula, che non vuole andare a deporre la corona a Herzl, ma impeccabilmente lo staff di Lula obietta che questa performance non era nel programma, era un fuor d’opera, che non è stato chiesto per altre visite di stato, in ultimo quella di Berlusconi. Non si capisce quindi perché proprio a Lula dovesse venire chiesta questa prestazione diplomatica non prevista. Chissà se ne sentiremo delle altre.
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Sommario: 1. Ma quale Scala? – 2. Lula non vuole. – 3. Qualcuno si muove. – 4. Una Promenade Ben Gurion a Parigi. – 5. E perchè mai proprio Lula? –
1. Ma quale Scala? – Il nostro viaggio, spigolando qua e là, incomincia con un rinvio ad un ampio post di questo blog, che qui riassumiamo brevemente. In data 27 gennaio 2010, in coincidenza con le annuali ricorrenze della Shoah veniva annunciato un documento inedito di eccezionale importanza offerto ai visitatori della mostra al Vittoriano, non ancora conclusa. Il chiaro intento era quello di gettare discredito sulla massima istituzione musicale del paese, il teatro della Scala di Milano, una cui cantante, Lia Origoni, avrebbe cantato in tournéé addirittura nel campo di concentramento di Auschwizt. Questo ultimo aspetto, per la verità, è un poco ambiguo. Con questo nome tutti intendono comunemente il campo di concentramento. La signora Lia, che in difesa proprio degli ebrei perseguitati aveva opposto un diniego ad un invito di Goebbels, e dunque testimone non sospetta, nega però decisamente di aver mai cantato dentro il campo di concentramento di Auschwitz. Nelle sue numerose tournéè in parecchie città della Germania, in Cecoslovacchia e in Polonia si erà avvicinata – in tournéé dove il suo impresario la portava – al massimo a Katowize, che dista trenta chilometri dal campo di concentramento vero e proprio: se fosse stata lì dentro la lucidissima signora di 90 anni non avrebbe avuto nessuna difficoltà ad ammetterlo ed a testimoniare ciò che aveva visto. Ma non c’era stata! Quel che è peggio però ed assai più grave, dimostrando la bufala, il dilettantismo e la malafede di altri, è il fatto che in quegli anni, cioè nel 1942-43, il soprano Lia Origoni non lavorava ancora alla Scala di Milano, cosa che avviene solo a partire dal 1946, non prima, come è facile verificare, consultando, ad esempio, la collezione delle locandine della Scala di Milano. Il teatro della Scala di cui si parla nel 1942-43 è un omonimo teatro di varietà che esisteva in Berlino, dove la signora Origoni aveva avuto un contratto nell’autunno-inverno del 1942-43. Non è difficile arguire che si tratta di un marchiano errore del burocrate che scrive "Milano” anziché Berlino, annunciando per il futuro uno spettacolo di cui non è poi certo abbia avuto effettivamente luogo. Messo alle corde da un’intervista di smentita della signora Lia Origoni, apparso sul Corriere della Sera del 5 febbraio, il direttore “scientifico” della Mostra Marcello Pezzetti se ne esce fuori con una “controsmentita” del 1° marzo, dove intanto si dà la zappa sui piedi, ammettendo che l’«inedito» era in realtà apparso dieci anni prima in un libro, la cui “scientificità” è riconosciuta da tutti gli studiosi dell’eccelsa materia. E comunnqe alla mostra non è dato trovare neppure il documento originale e neppure le fotocopie del due pagine di libro, dove ogni modesto cultore di materie storiche può valutare l’inconsistenza probabtoria e documentale del pur autentico (ma non esposto) documento: un pezzetto di carta che non dice nulla che valga di più di quanto la diretta interessata ha personalmente chiarito ed autenticato. Mi sono divertito non poco andando alla mostra, per chiedere di poterlo vedere questo documento “inedito” e di “eccezionale importanza”. La morale della favola è che si voleva incrementare l’industria della colpa e del senso di colpa, coinvolgendo il teatro della Scala di Milano ed i suoi cantanti, rei di niente altro che di... cantare!
2. Lula non vuole. – Era la prima volta che un presidente brasiliano passava dalle parti di Israele. Per chi conosce un poco di diritto internazionale sa che se uno stato esiste vuol che esiste, cioè esiste di fatto. E quindi si hanno le relazioni che si devono avere. Per giunta Israele ha 200 testate atomiche che potrebbero giungere fin nel Brasile. Dunque, un capo di stato deve fare il capo di stato. A casa sua, in privato, fa quello che vuole. E dunque sia pure obtorto collo bisognava passare da Israele. Ma esiste il cerimoniale. E cosa volevano da Lula? Che andasse a deporre una corona sulla tomba di Thédore Herzl, che sarà pure un padre per i sionisti, ma il cui giudizio storico può essere per nulla positivo da parte di chi ha indipendenza di giudizio. E così ha dimostrato di essere il presidente Lula, che non sembra ci voglia stare a ripetere per l’Iran il copione già visto per l’Iraq. Senza guerre – e ne conduce da più di cento anni – Israele proprio non può vivere. Lo sapeva già persino papà Herzl.
Può essere divertente seguire e monitorare i commenti. Intanto diamo la notizia dell’agenzia adncronos:
«Gerusalemme, 15 mar. (Adnkronos) - Il mancato omaggio del presidente braziliano Luiz Inacio Lula da Silva alla tomba di Theodor Herzl nel corso della sua prima visita ufficiale in Israele iniziata ieri e' "un insulto agli israeliani e alle comunita' sioniste di tutto il mondo". E' il commento dell'Agenzia ebraica per bocca di Hagai Merom, citato dal 'Jerusalem Post'. "Mi auguro e credo che il presidente cambiera' idea -aggiunge- non deporre una corona sulla tomba di Herzl e' come rifiutarsi di visitare le tombe di Mustafa Kemal Ataturk in Turchia o del Mahatma Gandhi in India"»Per il bene del mondo ci auguriamo che non cambi idea, ma soprattutto interessa poter leggere qualche dichiarazione di Lula come spiegazione del suo gesto, che in ogni caso ha un suo valore, anche se per ragioni diplomatiche decidesse di cambiare idea.
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3. Qualcuno si muove. – Nei grandi media la posizione di tutto l’ebraismo o giudaismo – ma i due termini non sono identici – è in genere tutta schiacciata su Israele ed i sionismo. Se però si va a leggere e studiare un libro come quello di Jacob Rabkin, si apprende che non è esattamente così. Anzi, si viene ad apprendere che il giudaismo rigorosamente inteso sulla base dei testi religiosi ebraici e della sua tradizione è addirittura antitetico al sionismo. La confusione aumenta perché si legge nei grandi media di ebrei “ultraortodossi” che sono poi in realtà “ultranazionalisti” ed hanno le posizioni estreme in una vera e propria campagna di genocidio dei palestinesi. Questa “ortodossia” non ha nulla a che fare con l’«ortodossia» chè è invece descritta nel libro di Rabkin ed è rappresentata da Neturei Karta. Sarebbe interessante, utile e chiarificatore saperne di più, ma questa informazione è inutile ed ingenuo aspettarsela dal grandi media. Resta però un fatto assai pericoloso per l’ebraismo inteso nel suo complesso, cioè includendo le comunità ebraiche che vivono nei diversi paesi, avendone la cittadinanza e godendo in fondo di una situazione di privilegio non concessa ad altri strati di popolazione. Si tratta di una particolare comunità religiosa, non di un “popolo” in senso proprio. Se così fosse sorgerebbero delicati problemi di ordine costituzionale: può vivere un "popolo” all’interno di un altro "popolo”? Non insisto oltre sul tema. Invece la notizia che intendo dare come “curiosa” è significativa è il fatto che qua e là qualcuno dall’interno dell’ebraismo insorge contro Israele e la sua politica. Qualcuno capisce che appoggiare Israele significa assumersi la responsabilità per “Piombo Fuso”, per la “puliza etnica del 1948”, per tutta la politica di insediamento coloniale dell’ebraismo che inizia esattamente dal 1882 e che giunge con una linea costante di sangue fino all’odierno regime di apartheid e di genocidio programmato. La propaganda israeliana può avere successo dove le orecchie hanno interesse a far passare la propaganda, ma dove esiste un minimo di indipendenza di giudizio e non dipendenza materiale, la visione delle cose è ben diversa. La responsabile si chiama comunque Anne Sander e cercheremo di seguirne le vicende, interessanti e istruttive.
4. Una Promenade Ben Gurion a Parigi. – Cosa succederebbe se anziché a Ben Gurion la promenade fosse intitolata ad Adolh Hitler? È questione di punti di vista, ma per chi si informa bene su cosa ha significato la fondazione dello stato di Israele, si impongono determinate riflessioni, valutazioni ed opzioni politiche. È qui difficile non immaginare i soggetti che stanno dietro a questa iniziativa. Difficile non pensare alla potenza di un ben individuabile Lobby e a una lenta e capillare penetrazione di tipo culturale, scientificamente programmata. Qualcosa di simile si vuol fare anche per Roma. Mancano in genere forze che si contrappangono alla Lobby e perciò le cose passano. Quel che è poi è peggio è che a farne le spese sono singoli cittadini che in modo spontaneo, individuale e senza avere alle spalle forze politiche ed appoggi esprime sue libere valutazioni e giudizi. Il cosiddetto “lavaggio del cervello” passa per questi canali.
5. E perchè mai proprio Lula? – Il gioco diplomatico si arricchisce di nuovi dettagli. Il ministro degli esteri Lieberman, uomo che è tutto dire, ha fatto opera di “boicottaggio” – dunque anche lui boicotta? – contro Lula, che non vuole andare a deporre la corona a Herzl, ma impeccabilmente lo staff di Lula obietta che questa performance non era nel programma, era un fuor d’opera, che non è stato chiesto per altre visite di stato, in ultimo quella di Berlusconi. Non si capisce quindi perché proprio a Lula dovesse venire chiesta questa prestazione diplomatica non prevista. Chissà se ne sentiremo delle altre.
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