lunedì, settembre 03, 2012

Q.G.-III Cap. 1°: Paolo Sebastiano Medici: Riti e costumi degli Ebrei - Frontespizi delle diverse edizioni

Sommario - In costruzione
Senza data ma 1737
Il nome di Paolo Sebastiano Medici (1671-1738) mi diviene noto a seguito della furiosa polemica sorta all’uscita del libro di Ariel Toaff, Pasque di sangue, la cui “colpa” era di contenere la tesi o l’ipotesi che casi di “omicidi rituali” ebraici possono esservi stati. Ricostruiremo a suo luogo la controversia. Qui interessa rilevare come in un siffatto contesto accanto al nome di Giulio Morosini sia venut fuori quello di Sebastiano Paolo Medici, che sarebbero state le “fonti” di Ariel Toaff. A noi non interessano in particolar modo gli “omicidi rituali ebraici”, se ve ne siano stati o meno in un passato remoto, contemporanei all’epoca in cui le streghe venivano mandate sul rogo, a seguito di un regolare processo della «Santa Inquisizione». Nessuno dubita o contesta che simili roghi vi siano stati, ma per gli omicidi rituali sembra si debba presumere che non vi siano mai stati ed è strano che ne sia preclusa la ricerca anche in negativo. Sia per i roghi che per ogni altra cosa oggi inammissibile pare logico che essi si debbano imputare solo Più che la alle condizioni culturali, politiche e spirituali di un’intera epoca, che li ha prodotti, ma precludere la ricerca storica e la riflessione filosofica intorno ad essi pare una nuova forma di barbarie, tanto più inammissibile quanto i nostri tempi pretendono di essere superiori a quelli in cui simili eventi si sono o sarebbero verificati. Basta considerare quel che avviene in Germania, Francia, Austria... dove una “opinione”, una determinata opinione è considerata “reato” ed è punita con parecchi anni di carcere. No, l’epoca delle streghe e della loro messa al rogo non è affatto finita. È ozioso chiedersi se gli “omicidi rituali ebraici” vi siano mai stati, quando con “Piombo Fuso” di omicidi rituali ne avvengono in ogni momento, a partire almeno dal 1948 e con frange religiose sioniste che teorizzano l’omicidio dei gentili. Israel Shahak ci ha informati di una ortodossia rabbinica, riconosciuta dallo Stato di Israele, che si attiene al principio secondo cui non si possa violare il sabato per salvare la vita di un gentile: l’eccezione è possibile solo se si tratta della vita di un ebreo. Ben sapendo quanto sia diverso il giudaismo di Neturei Karta da quello rabbinico sionista, si possono rintracciare le posizioni di quest’ultimo in quelle criticate e denunciate da autori dimenticati, come Morosini, Eisenmeger, Medici? La nostra ricerca, che si distingue da altre ricostruzione storiche, per la netta distinzione fra “questione sionista”, “questione giudaica” e “questione ebraica”, vuole indagare se il presente può essere spiegato con il passato. Paolo Medici è autore di diverse opere, ma quella di cui ci occupiamo sono i “Riti e costumi degli Ebrei confutati dal Dottore Paolo Medici”, di cui esistono nel tempo diverse edizioni o ristampe, che cercheremo di avere tutte presenti. La prima edizione dell’opera è del 1736 e si colloca in successione temporale dopo la “Via della Fede” (1683) di Morosini, che di Leone di Modena fu “pupillo” e dopo l’«Entdescktes Judenthum» (1700) di Eisenmenger. Quest’ultima opera – forse superiore alle altre per dottrina e vastità – fu però subito tolta dalla circolazione, per intervento degli “ebrei di corte” tedeschi.

domenica, settembre 02, 2012

Q.G.-II Cap. 1°: J. A. Eisenmenger: Entdecktes Judenthum - Frontespizio

Sommario - Prec. / Succ.
Il progetto editoriale cui ci accingiamo è molto probabilmente destinato a rimanere incompiuto per la vastità dell’impresa. Esso rientra nel piano di studio già enunciato nell’editing dell’opera di Giulio Morosini, apparsa in Roma nel 1683. Sia il testo di Morosini che il presente di Eisenmenger rientrano nella “Questione giudaica”, come da noi definita. Entrambi sono disponibili in rete nell’originale digitalizzato e pertanto non si spiegherebbe un notevole dispendio di lavoro per un diverso editing. Ma intanto noi stesso riusciamo ciò facendo ad avere una migliore intelligenza del testo. E certamente sarà maggiore la fruibilità dell’opera trascrivendo il testo tedesco dal gotico settecentesco ai moderni caratteri latini, accompagnato da una traduzione italiana o in altre lingue, ponendo i testi a fronte. Sul “Giudaismo svelato” esiste in lingua italiana un lavoro introduttivo ed antologico, coordinato da Gian Pio Mattogno, al quale attingeremo largamente. L’opera di Johann Andrea Eisenmenger usciva a Francoforte nel 1700, ma fu subito sequestrata al suo apparire. Solo dopo molti anni il testo è divenuto accessibile alla pubblica conoscenza. Valgono in quanto compatibili gli stessi criteri che vengono seguiti per l’opera di Morosini e fra le due verranno stabiliti tutti i raffronti che verranno individuati, essendo distanti le due opere l’una dall’altra da soli 17 anni.

* * *

Des ben 40. Jahr von der Judenschafft mit Arrest bestrcikt gewesene,

nunmehro aber

Durch Autorität eines hohen ReichsVicariats

relaxirte

Joahann Andreä Eisenmengers,

Professoris der Orientalischen Sprachen
bey der Universität Heidelberg,

Entdecktes Judenthum,

oder:
Gründlicher und wahrhafter Bericht,

Welchergestalt die verstockte Juden
die hochheilige Dreyeinigkeit, Gott Vater, Sohn und Heiligen Geist,
erschrecklicher Weise lästern und verunehren, die heil. Mutter Christi verschmähen,
das Neue Testament, die Evangelisten und Aposteln, die christliche Religion spöttlich durchziehen, und die gantze Christenheit auf das äusserste verachten und verfluchen;

Dabey noch viele andere, bishero unter den Christen entweder gar nicht,
oder nur
zum Theil bekant-gewesene Dinge
und
grosse Irrthüme der jüdischen Religion und Theologie,
wie auch
viel lächerliche und kurtzweilige Fabeln und andere ungereimte Sachen
an den Tag kommen;
Alles aus ihren eigenen, und zwar sehr vielen, mit grosser Mühe und unverdrossenem Fleiß
durchlesenen Büchern, mit Anziehung der hebraischen Worte, und deren treuen Ubersetzung
Und
In Zweyen Theilen
verfasset,
Deren jeder seine behorige allemal von einer gewissen Materie ausführlich handelnde Kapiteln enthält,
Allen Christen zur treuerzigen Nachricht, verfertiget,
Und
Mit vollkommenen Registern versehen.

Gedruckt im Jahr nach Christi Geburt 1700




Commentario e Annotazioni

1°) Dal volume citato, “Giudaismo svelato”, coordinato da Gian Pio Mattogno, riprendiamo le seguenti notizie sulla “Struttura” dell’opera di Eisenmenger, tralasciando dettagli qui non necessari, che però si ritrovano nel cap. IV, pp. 75-82 :
 «L’opera fu pubblicata per la prima volta nel 1700 a Francoforte. Essa è costituita due grandi volumi in quarto che comprendono complessivamente più di 2100 pagine. Dopo la confisca, decretata dal Kaiser Leopoldo I d’Austria in seguito alle suppliche dei grandi finanzieri Hofjuden Samson Wertheimer, Samuel Oppenheimer e Leffmann Behrends, l’opera fu ristampata a Könisberg nel 1711. Successivamente l’opera, abbreviata ed espurgata, fu tradotta in inglese e pubblicata a Londra nel 1732-1735 dal reverendo John Peter Stehelin, membro della Royal Society, con titolo: The Tradition of the Jews, or The Doctrines and Expositions Contained in the Talmud and Other Rabbinical Writings.  Questa edizione fu utilizzata da Sir Richard Burton. per la sua opera The Jews, the Gypsy and El Islam. Elia Liborius Roblik, sacerdote e decano rurale a Gross-Meseritch in Moravia, scrisse un trattato in due tomi dal titolo Jüdische Augen-Gläser (Brunn, 1741): nel primo tomo analizzava gli insegnamenti erronei dell’ebraismo, nel secondo, grazie alle citazioni talmudiche, rilevava che il giudaismo dell’epoca era una fede falsa e blasfema. La maggior parte dei passi talmudici menzionati nell’opera di Roblik provengono, com’egli afferma, dall’opera di Eisenmenger, ma anche da quelle di Antonino Margaritha.»
Il capitolo V contiene anche l’elencazione dei capitoli dell’opera di Eisemenger con tra traduzione in italiano, di cui ci serviamo nella intitolazione di ogni singolo post, dando prima il titolo italiano e di seguito in titolo originale.

Q.G.-I Cap. 3°: Giulio Morosini - Via della Fede mostrata a’ gli Ebrei - Al Cortese Christiano Lettore

B. Prec. ↔ Succ.
Sommario Morosini.
Al  Cortese Christiano Lettore

Formidabile cosa, e di gran periglio è il dare alla luce publica i suoi sentimenti, come che allora non, con pochi vivi, ma col mondo intero si favella, cioè a dire con infinite sorti di genti, forse sovente contrarie, nè solo con le presenti, ma con le future generationi; e dove uno per pietà, o per conformità di sentimento, o per minore capacità, o per inavvertenza trascorre, ivi fermansi altri non pochi, e osservando quello che a loro è disaggradevole, e trovatevi colpe diligentemente numerate, con riso, e scherno condannano il parto col genitore. L’applauso d’alcuni è oppresso della censura d’altri, e quello che vien preso per magistero dagli avidi del sapere, viene da altri rigettato come cibo inutile. Nè è di tutti il fondamento medesimo, mancando a chi la patienza d’aspettar ciò che siegue; a chi l’avvertenza a parole, che modificano il senso; a chi le notitie presupposte per stabilimento della proposizione. Se libri ingioiellati delle gemme d’eloquenza e intersiati di varie scienze non possono sfuggire i flagelli della critica; che posso aspettar, cortese Lettore, della presente mia Opera Via della Fede io, che tra Letterati non oso di porre il mio nome, anzi abbassando il ciglio riverente, mi stimo assai favorito, se delle miche, che cadono dalle loro lautissime mense, mi si permetta di raccorre alcuna?

Mi consolo però, che si come il Mare essendo pieno di pericoli, non per tanto si lascia di valicare anche dalle navicelle, così nel mare delle stampe navigano di continuo anche talenti mediocri, e gemono i torchi, tanto per li principali Letterati, quanto per gl’inferiori, e se ben rigettati, pure da alcuni si leggono, e tutti hanno i suoi lodatori, forse al pari de’ biasimatori. Anche huomini d’intendimento, come che tutti non hanno le stesse notitie, abbracciano volontieri il libro per trovarvi ciò che per essi è nuovo, benché ad altri familiare.

Il sapersi pure il fine dell’Opera, e la necessità di darla al publico, è quella rocca, dove per ragione stà sicuro dalle satire ogni componimento; ond’è che ogn’uno mendica anche violente espressive d’essere stato costretto da Amici a manifestar quello che la modestia repugnava di communicare. Io non ti voglio inviluppar con inganni, ma senza mentire ti assicuro, che da tre potenti fini sono stato spinto a pubblicar l’Opera presente con tal vehemenza, che non potevo ritirarmene.

L’uno si è, che essendomi io nel 1649 traspiantato nella S. Fede di Christo, m’è stato d’huopo mostrare col libro Via della Fede a gl’increduli Giudei, che nella stessa Santa Religione abbracciata una volta intendevo chiudere l’hultimo fiato, e era una mia publica professione della Fede, utile al publico, come che gli Ebrei con sfacciatissimo ardire affermano, che ogn’uno di loro, passato anche al Christianesimo, non può morire se non con la legge di Mosè nel cuore.

Il secondo motivo è stato, che avendo due mesi dopo il S. Battesimo sin hora, in Venetia, e in Roma adopratomi a ridurre alla S. Religione di Christo quei del Popolo Hisraelitico in gran numero dell’uno, o dell’altro sesso, senza risparmio di denaro, e di fatica, mi sono ingegnato a porre in un libro le mie Vie della Fede, dicendo: E chi sa, che almeno alcuni nel tempo, che seguirà, si lasceranno guidare dall’aura benigna dello Spirito Santo, che forse si servirà della mia opera in stampa, si come si è servito della mia voce per istromento?

Il terzo motivo è stato l’incitamento di un letterato, e correttissimo Prelato, e di cui se bene per degni rispetti taccio il nome, tenacissima memoria conservo per l’affetto smisurato, con quale mi coronava.  Accadde che ritrovandomi io nella sua degnissima e quotidiana conversazione, mi richiese intorno al rito della circoncisione Ebraica notizie necessarie per le circostanze, che correvano; e soddisfattosi il virtuoso Signore di quanto gli avevo detto, m’animò a far un’esposizione universale de’ riti de gli Ebrei, e delle loro cerimonie, la quale a Predicatori del Vangelo servisse di lume, non essendovi (per quello che io so) libro di tal materia, digerito secondo la sua idea. Io riflettendo che, ad un imperio simile non potevo disubbidire, e che insieme potevo congiungere gli altri due fini sopradetti, mi applicai dopo qualche vacillamento all’impresa, parendomi necessario di mostrar a gli Ebrei per questa via, che dovevano lasciar la loro già caduta Religione Mosaica, e Talmudica, come ripiena di superstitioni e d’inganni; e ho poi trovato esser tal consiglio anche suggerito anche nell’ottavo secolo di Christo da Padri radunatisi nel gran Concilio VII Generale, Secondo di Nicea, dove al Canone ottavo così parlano. Se forse alcuno (degli Ebrei) con cuor sincero, e con fede si convertirà, e sonfesserà di tutto il suo cuore, divulgando i loro costumi, e le loro cose, acciocché gli altri si riprendano, e correggano; sia questi ricevuto etc.

È incredibile quanto studio, e quante fatiche  per molti anni mi opprimessero, essendo difficilmente contento di ciò, che la penna dà la prima, o seconda volta. Il mio pensiero era, parlando col popolo de gli Ebrei rozzo, mostrar semplicemente loro la vera Via, sapendo che le maniere sollevate a loro sono poco confacevoli; e per non obbligarli a leggere l’antecedente, e susseguente Capitolo, havendoli tutti formati con indipendenza. Ma poi avvertito dagli amici, che la curiosità della materia sarebbe stata un invito anche ai letterati, come che pienamente non sono trattate le cerimonie giudaiche da verun altro; onde conveniva, per non offender l’occhio loro, adoprar alquanto maggior industria. Mi posi a fare a guisa di colui, che vedendo correre a povera mensa de’ cibi grossolani, anche delicati palati, vassene a provvedere di altro più degno elemento. Confesso al vero non senza gran disgusto, non conoscendovi spazio per far degno apparato in tempo angusto, anzi precipitoso dell’età mia cadente, che di tanto in tanto con le podagre, e malattie mi minacciava l’ultimo crollo, e di costituirmi in un istato di non veder la mia fabrica, per cui tanti anni haveno consumato. Tuttavia somministrandomi gli amici letterati vari libri secondo l’occasione, e chi una notizia, chi un’altra, ho finalmente in fretta, dirò quasi all’improvviso, aggiustata la tavola, anche per quei virtuosi, che degnassero accostarsi. In riguardo loro ho concatenato i Capitoli, e le loro parti, dandovi a tutti la connessione, e la corrispondenza, come lo vedrai. Ho procurato di provar quello che la stabiliva, e proferiva, o almeno di sostenerlo con riflessioni ragionevoli; di rispondere indirettamente con clausole a ciò che si poteva opporre, e finalmente d’inserirvi varie esamine di Testi, o di dubbii, che sovvengono agli addottrinati.


* * *

Cap. 3°
Al Cortese Cristiano Lettore

Commentario e Annotazioni

1°) Traendo spunto da quanto lo stesso Morosini dice poco sopra, e cioè i singoli capitoli sono tutti «formati con indipendenza», non non ci sentiremo vincolati ad una trascrizione meccanica e consecutiva di questa opera del Morosini e di tutte le altre che entreranno a far parte della nostra «Questione giudaica», che nasce in internet ed è concepita per internet, superando la tecnica della composizione libraria a stampa, che è appunto una tecnica, non la sola tecnica espressiva del pensiero. Allo stesso tempo, non essendo finalizzata questa trascrizione ad una nuova stampa tradizionale, ci sembra opportuna renderla modernamente leggibile, per quanto possibile senza snaturarla. In fondo, cosa succederebbe se l’opera del Morosini avesse oggi una traduzione in una lingua straniere? Verrebbe tradotta nel francese del seicento, o nel coevo, tedesco, inglese, spagnolo? Chiaramente no! Ed allora perché noi non possiamo rendere più moderno il testo per al massimo un centinaio di persone che possono averne oggi interesse? Ma penso di aver annoiato abbastanza il lettore con questa problematica. Procedo nel modo che mi pare più opportuno, ma sono sempre disponibile a discutere dell’editing con chiunque sia interessato alla problematica. Dicevamo che non è necessario seguire nell’editing il criterio della lettura sequenziale. Per cui salteremo tranquillamente da un capitolo all’altro non solo del testo di Morosini, ma di tutti gli altri testi che rientreranno nel nostro piano di studio. I vantaggi paiono notevoli, ma non stiamo qui ad illustrarli.

2°) L'avvio per i nostri gusti moderno è un poco faticoso, ma a ben riflettere il Morosini non è uno stupido. Capisce benissimo il rischio che corre nell’esporsi all'altrui giudizio, non solo dei contemporanei, quanto soprattutto dei posteri, che a quanto leggo non gli risparmiano la patente di diffamatore ed antisemita, per aver lasciato la sua fede ed averne abbracciata una nuova. Sarà interessante indagare se vi è stata sincerità di conversione ovvero il desiderio di fuggire dal mondo ebraico e dalla sua concezione del mondo e delle relazioni umani. Questo suo approccio attira la mia simpatia e curiosità.

3°) Volendo fare l'avvocato del diavolo, quale utilità il Morosini poteva avere dalla stampa di un libro alquanto poderoso? Se ormai era convertito, e la sua conversione accettata, non aveva bisogno di dimostrarla oltre. Probabilmente, non aveva il plauso dei suoi ex-correligionari. Perché irritarli oltre? Indica tre modi: a) b) c).





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Giulio Morosini: Cap. 2°: - Via della fede mostrata a’ gli Ebrei - Dedica

  BPrec. ↔ Succ.
Sommario Morosini.
 Agli Eminentissimi e Reverendissimi
Signori Signori
CARDINALI
delle Sacre Congregationi
di S. Offizio e di Propaganda Fide

Eminentissimi e Reverendissimi Signori,

viene finalmente ad inchinarsi alle glorie dell’EE. VV. che formano le due Venerabili e Sacre Congregazioni del S. Offitio, e della Propagation della Fede,  questa mia compositione, e confida che sarà dalle medesime benignamente raccolta, e che si compiaceranno di vederla entro i riflessi di quei lumi, che le rendono ammirabili dovunque si rende il Santissimo
Ministero così dell’una, come dell’altra. Ma se queste ragioni vagliono ad assicurare il libro dell’aggradamento, non è verisimile, che si stimino impotenti ad impetrarlo ancora a favor dell’Autore, che lo presenta. Aggiungasi, che havendo io ricevuto fin dal primo giorno, che venni in questa gran Metropoli del Mondo Cattolico, che fu nel glorioso Pontificato d’Alessandro VII incessanti e infinite gratie dall’EE. VV. devo credere, che per l’istesse (essendo costume innato degli animi veramente grandi d’amar gli effetti della loro generosità in quelli che gli ricevono) mi rimirino però come  una statua modellata dall’impareggiabile loro beneficenza.
Alessandro VII (1655-1667)
E se questo è vero, sarà vero parimenti che non prenderanno a sdegno le dimostrationi, benché tenui, della mia interminabile, e perpetua devotione. Dovrei qui forse stendermi su le grandezze degli accennati favori, ma basterà solamente dire che la perfidia Rabbinica non ha potuto, mercé di questi, vedermi nella calamità, dove si credeva havermi precipitato per haver io professato il Vangelo. In ogni modo, conoscendo la debolezza del mio talento, potrei ragionevolmente dubitare così della dispositione, come della dicitura dell’Opera: ma perché molti Personaggi di merito e virtù non ordinaria nella Corte di Roma si compiacquero non disprezzare i primi abbozzi della mia penna, anzi stimarono la mia fatica non indegna della publicatione, spero che la loro autorità sarà valevole ad acquistare à questi fogli quel pregio, che per avventura non meritano per se stessi, e a rendergli cari a due così valorosi squadroni d’Eroi, Propugnatori, e Promotori della Religione di Christo, i quali invigilando perpetuamente a conservar la purità, e procurar l’ingrandimento della Chiesa, che milita, la rendono trionfante per tutto. E qui per fine baciando l’estremità delle riverite loro Porpore, resto, come sono, e sarò mai sempre dell’EE. VV.
Humiliss. Devotiss. e Obligatiss. Servit.
Giulio Morosini

Roma, 1° Agosto 1683

Cap. 2° - Dedica

Commentario

1°) La “perfidia rabbinica”. –  Il riferimento alla “perfidia rabbinica”, che tentò di precipitarlo nella «calamità» non pare per nulla campato in aria o retorico, se si pensa alle disgrazie che afflissero 17 anni dopo Eisenmenger per aver voluto dare alle stampe un’opera affine a quella di Morosini. Evidentemente, Roma nel 1683 non era la Francoforte del 1700, dove gli “ebrei di corte” avevano un enorme potere. Sarà interessante entrare nello specifico della “perfidia rabbinica”, se la ricerca e le fonti ce lo consentiranno. Va anche ricordato che prima della rivoluzione francese le comunità ebraiche, chiuse nei loro “ghetti”, avevano una giurisdizione interna sugli “ebrei” che facevano parte delle comunità ebraica, dentro le quali si nasceva e dove la circoncisione condizionava per tutta la vita un ebreo. Solo la “conversione” poteva liberare un ebreo dai pesanti vincoli che la sua appartenenza gli imponeva. Pertanto, le conversione degli ebrei al cristianesimo non dovrebbero essere intese come normalmente estorte ed imposte con torture e minacce, ma come una facile emancipazione da un mondo verso il quale si poteva nutrire insofferenza. Sono queste nostre tuttavia delle mere congetture che avranno bisogno di fatti per essere suffragate. Per adesso, le si consideri delle ipotesi di lavoro e delle linee ricerca.

2) La conversione alla fede cattolica non fu senza problemi. Morosini aveva una moglie che volle restare nella fede ebraica, ma ora voleva indietro la dote e un atto formale da parte di Morosini che le avrebbe consentito di risposarsi. Dopo questo post è uscito un lavoro in cui si pubblica un inedito di Morosini. La questione trattata è il ripudio della moglie rimasta ebrea. A Roma, Gilad Atzmon ha tenuto una conferenza sul modo in cui in ambiente ebraico venivano combinato i matrimoni e su come si formavano le èlits ebraiche. In genere, un ricco mercante dava la figlia con ricca dote a un rabbino povero. È da indagare se la moglie del convertito amava il marito al punto da seguirlo nella conversione, o se sulla donna agivano ora i legami familiari precedenti il matrimonio. Il resto è per noi poco interessante.





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Giulio Morosini: Cap. 1°: - Via della Fede mostrata a’ gli Ebrei - Frontespizio.

 B. - Prec. ↔ Succ.
Sommario Morosini.
L’opera di Giulio Morosini (1612-1687), apparsa in Roma nel 1683, è qui assunta come testo base di studio ed approfondimento di quella che noi indichiamo come “Questione giudaica” ed abbraccia un arco temporale dai primi secoli dell’era cristiana, e forse anche prima, fino alla legislazione prodotta dalla Rivoluzione francese. La “Questione giudaica” è da noi affiancata e distinta dalla “Questione ebraica” e dalla “Questione sionista”, con distinti apparati e metodologia di studio e di ricerca. Lo studio sarà corredato da un commento e da un’iconografia attinta per lo più dalla rete. Gli intenti del presente studio sono puramente scientifici e si accettano contributi e segnalazioni da qualsiasi parte essi provengano. Il testo originale è disponibile in rete, digitalizzato da Google. L’opera viene qui divisa in unità minime, corredate da links di navigazione e rinvii ipertestuali. Nel nostro editing pare opportuno agevolare la lettura del testo, per quanto possibile, rendendolo conforme all’uso odierno della lingua italiana, ad esempio sostituendo la “u” del testo con la “v”, evitando così qualcosa che ci pare particolarmente fastidioso al Lettore odierno.

VIA DELLA FEDE
mostrata a’ gli ebrei
da
Giulio Morosini Venetiano

Scrittor della Biblioteca Vaticana nella Lingua Ebraica, e Lettor
della medesima nel Collegio de Propaganda Fide

DIVISA IN TRE PARTI.

Nella Prima si pruova, che non devono osservare la Legge Mosaica, ma quella di Christo, i di cui misterij si stabiliscono.
Nella Seconda si mostrano tutte le cerimonie, e riti loro dal nascere fin al morire, per tutto il Calendario, e per quel tutto che pretendono d’osservare, e si fà veder che son piene di superstitione, e di trasgressione.
Nella Terza si palesa, che nè meno osservano i precetti del Decalogo.

Opera non men curiosa, che utile, principalmente per chi conversa, o tratta con gli Ebrei, o predica loro.

In Roma nell’Anno MDCLXXXIII
Nella Stamparia della Sacra Cong. de Prop. Fide
Con licenza de’ Superiori

Cap. 1°

Commentario

1°) Cenni biografici. –  Esiste una voce on line della JewishEncyclopedy su Giulio Morosini, il cui nome ebraico prima della sua conversione al cattolicesimo era: Samuel Ben Nahmias B. David B. Isaac B. David Ba’al Teshubah. Detta enciclopedia dovrebbe risalire al 1906, secondo quanto leggiamo nell’indicazione web. Giulio nacque in Venezia ed è interessante la traccia di un suo maestro in cose ebraiche: il rabbino Leone di Modena (1571-1648), al quale la stessa JE dedica un’ampia scheda. Nel 1649 Giulio fu presente ad una disputa fra due ebrei, di cui uno divenne cristiano. Fu in seguito a questo evento che Giulio decise la conversione al cristianesimo, che avvenne il 22 novembre dello stesso anno 1649. Padrino di battesimo fu Angelo Morosini, di cui assunse il nome. Aveva dunque 37 anni ed era nel pieno della maturità al momento della conversione, che appare del tutto libera e non imposta da fattori esterni. Nei suoi 37 anni di ebraismo aveva quindi avuto modo di acquisire una conoscenza diretta, dall’interno, di quelli che erano almeno a quell’epoca e in Venezia le strutture e i dogmi della religione di origine. Ed è esattamente ciò che a distanza di oltre tre secoli rende per noi preziosa la sua testimonianza, che si collega a quella di Eisenmenger, la cui opera – subito sequestrata e censurata – apparve nel 1700. È interessante leggere come la moglie di Giulio non seguì il marito nella conversione al cristianesimo. Giulio Morosini si trasferì quindi a Roma al tempo di Alessandro VII. Voleva diventare un frate cappuccino, ma fu dissuaso dal papa Clemente IX.

2°) Quanto ancora bruci l’azione dissolvitrice dell’“apostata” Morosini lo si può leggere, in questa recente pagina web, attinta per puro caso: «“La Rassegna Mensile di Israel”, fondata da Alfonso Pacifici e Dante Lattes nel 1925, è la più importante sede di dibattito culturale dell'ebraismo italiano. Gli oltre ottanta volumi, le rassegne, i contributi scientifici pubblicati, le migliaia di libri recensiti, fanno della rivista una fra le più longeve e autorevoli voci dell'ebraismo europeo, interrotta solo dalle leggi antiebraiche del fascismo e dai successivi eventi bellici. La prima parte di questo numero è composta da sette saggi, interamente dedicati all'ebraismo italiano. Apre il volume una nuova testimonianza, risalente alla Venezia del 1519, sull'origine e diffusione della parola "ghetto", presentata da Angelo M. Piattelli. Segue un lavoro sull'apostata Giulio Morosini, la cui micidiale opera di diffamazione è analizzata da Alessandra Levi; la figura del rabbino veronese Leone Leoni è ricostruita con pietas da Laura Graziani Secchieri. Di storia ebraica italiana tratta anche lo studio di Claudia Di Cave, che ricrea l'etimologia del termine giudaico-romanesco "peromante". Parla ancora di Roma il testo di Vega Guerrieri, all'epoca della Seconda guerra mondiale e dei suoi terribili contraccolpi sulla vita quotidiana ebraica. Elia Boccara ricrea un periodo sconosciuto della storia degli ebrei italiani in Tunisia. Infine, lo storico del folclore dell'Università dello Utah Steve Siporin, esperto di storia degli ebrei italiani, illustra il lascito letterario di Augusto Segre, che della “Rassegna Mensile di Israel” fu direttore dal 1975 al 1979 e alla cui memoria è dedicata la copertina di questo volume. La sezione Dibattito, dedicata a Israele e Diaspora, è composta da quattro contributi: Sergio Della Pergola illustra la sempre più complessa situazione demografica dello Stato d'Israele; Daniele Fiorentino traccia una breve storia della cosiddetta "simbiosi ebraico-americana", Giorgio Gomel si sofferma sulla dualità Israele-Diaspora, cercando di evidenziarne la comune matrice etica. Maurizio Molinari, infine, conclude con un accenno ottimista, paragonando Israele alla gigantesca start up “di una nuova formula di identità nazionale”.» (Fonte). Essendo la fonte di parte ebraica, cioè sospetta di parzialità, ciò aumento la nostra curiosità per un personaggio che tenteremo di estrarre dall'oblio del tempo. Confrontando la data di questo post (2012), e la data della tesi di laurea (2015) appaiono interessanti coincidenza sulla scoperta della attualità del tema oggetto di ricerca. Un primo mistero sono le pagine mancanti nell’opera a stampa.

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mercoledì, agosto 29, 2012

La questione giudaica dalle origini alla rivoluzione francese. Fonti e repertori

Q. sionista / ebraica / Succ.
Sommario: I. Giulio Morosini. – II. J. A. Eisenmenger. – III. Paolo Sebastiano Medici. – IV.

Nella ricerca al quale diamo avvio è di fondamentale importanza la determinazione dell’oggetto oltre che il metodo da adottare e le fonti su cui basarsi. Sappiamo che molte cose ci diverranno più chiare in corso d’opera. Per adesso, con riserva di ulteriore discussione, ove necessaria, ci sembra essenziale una triplice distinzione in una Questione che è spesso rappresentato come unitaria nelle storie dell’antisemitismo seguite a quella di Bernard Lazare (1865-1903). La Questione sionista che inizia nel 1882 con i primi insediamenti di coloni in Palestina è per noi cosa diversa dalla “Questione giudaica” che si forma nel tempo, soprattutto in opposizione al cristianesimo che dal giudaismo nasce, ma assorbendo sincretisticamente molti elementi dalle religioni del mondo ellenistico. Si tratta qui di una questione prettamente teologica cui si associano momenti sociologici derivanti dalle funzioni sociali ed economiche che gli “ebrei”, da sempre chiusi in un loro mondo settario, via via assumono nelle società in cui convivono, senza farne mai interamente parte, a quel che almeno a prima vista sembra. Fu proprio Bernard Lazare a dare questa indicazione storiografica, chiedendosi se le ragioni della ostilità che in ogni epoca e in ogni luogo gli ebrei incontravano non dovessero ricercarsi in loro peculiarità piuttosto che in una impossibile concertazione degli altri. Essendo piuttosto difficile l’individuazione delle fonti di una siffatta ricerca, daremo la preferenza a due autori che della materia si sono occupati, Giulio Morosini (1612-1687), la cui opera, “Via della fede svelata agli ebrei” è del 1683 precede di circa un ventennio quella di Johan Andreas Eisenmenger (1654-1704), Entdecktes Judenthum, che uscì a Francoforte nel 1700, anche se subito sequestrato per l’intervento degli “ebrei di corte” e divenne disponibili alle pubblica lettura solo verso la fine del secolo XVIII.  Entrambi i testi sono ora disponibili in rete. Noi ne faremo una riedizione, trascrivendo in lettere alfabetiche le immagini digitalizzate in formato pdf e corredandole con grafica ed apparati che potranno essere in ogni momento rimossi e sostituiti. Questi testi saranno la base per ulteriori ricerche, cercando di ampliare quanto più possibile lo spettro delle fonti utilizzate, che saranno accompagnate da un nostro commento critico. Va poi distinta ancora dalla Questione giudaica quello che noi delimitiamo come Questione ebraica e che giustifica in senso proprio la nozione di “antisemitismo”, che per noi si pone dopo il 1789 e non prima, dove ci sembra si debba invece parlare di questione giudaica, caratterizzata come detto. L’equiparazione dei diritti concessa agli ebrei dal 1789 in poi pone il problema dell’assimilazione, che per un verso è osteggiato dalle comunità ebraiche che non vogliono perdere i loro “fedeli”, prima tenuti insieme da una rigida disciplina, riconosciuta anche agli stati; e per altri versi suscita diffidenza negli altri cittadini, che dubitano della fedeltà degli “assimilati” ed ancor più di quelli non assimilati. Del tutto distinta dalla questione “giudaica” e da quella “ebraica” è quella “sionista”, anche se le tre “questioni” possono avere momenti di congiunzione, che nella ricerca stessa saranno di volta in volta enucleati.

I.
Giulio Morosini
(Roma, 1683)

Cap. 7°: Prologo della Parte Prima. –
Cap. 8°: De Precetti della Legge di Mosè e lor divisione, che oggidì si devono osservare. –
Cap. 9°: Della legge nuova, che il Messia doveva dare migliore e più perfetta di quella di Mosè, la quale doveva terminare. Si vedrà la venuta del Messia Figliuol di Dio vero, e vero Huomo, il quale fu Giesù Christo, che per mezzo della sua Santa Passione doveva perdonar tutti i peccati del genere humano.  –
Cap. 10°:Via della Fede mostrata a’ gli Ebrei - Pt. 1ª Cap. III: Della nascita del Messia in Betlem della Tribù di Giuda; e della Verginità della sua Santissima Madre Maria. –
Cap. 11°:
Cap. 12°:
Cap. 13°:
Cap. 14°:
Cap. 15°:
Cap. 16°:
Cap. 17°:
Cap. 18°:
Cap. 19°:
Cap. 20°:

II.
Johann Andreä Eisenmenger
Entdecktes Judenthum
(Francoforte, 1700)

Cap. 1°: Frontespizio. -

III.
Paolo Sebastiano Medici
Riti e costumi degli Ebrei confutati
(1736)

Cap. 1°: Frontespizio. –
IV.


La Questione ebraica dalla rivoluzione francese alla Questione sionista. Fonti e repertori

Q. sionista / giudaica / Succ.
Nella ricerca al quale diamo avvio è di fondamentale importanza la determinazione dell’oggetto oltre che il metodo da adottare e le fonti su cui basarsi. Sappiamo che molte cose ci diverranno più chiare in corso d’opera. Per adesso, con riserva di ulteriore discussione, ove necessaria, ci sembra essenziale una triplice distinzione in una Questione che è spesso rappresentato come unitaria nelle storie dell’antisemitismo seguite a quella di Bernard Lazare. La Questione sionista che per noi inizia nel 1882 con i primi insediamenti di coloni in Palestina è per noi cosa diversa dalla Questione giudaica che si forma nel tempo soprattutto in opposizione al cristianesimo che dal giudaismo nasce, ma assorbendo sincretisticamente molti elementi dalle religioni del mondo ellenistico. Si tratta qui di una questione prettamente teologica cui si associano momenti sociologici derivanti dalle funzioni sociali ed economiche che gli “ebrei”, da sempre chiusi in un loro mondo settario, via via assumono nelle società in cui convivono, senza farne mai interamente parte, a quel che almeno a prima vista sembra. Fu proprio Bernard Lazare a dare questa indicazione storiografica, chiedendosi se le ragioni della ostilità che in ogni epoca e in ogni luogo gli ebrei incontravano non dovessero ricercarsi in loro peculiarità piuttosto che in una impossibile concertazione degli altri. Essendo piuttosto difficile l’individuazione delle fonti di una siffatta ricerca, daremo la preferenza a due autori che della materia si sono occupati, Giulio Morosini e Eisenmenger, i cui testi sono disponibili in rete. Noi ne faremo una riedizione, trascrivendo le immagini digitalizzate in formato pdf. Questi testi saranno la base per ulteriori ricerche, cercando di ampliare quanto più possibile lo spettro delle fonti utilizzate, che saranno accompagnate da un nostro commento critico. Va poi distinta ancora dalla Questione giudaica quello che noi delimitiamo come Questione ebraica e che giustifica in senso proprio la nozione di “antisemitismo”, che per noi si pone dopo il 1789 e non prima, dove ci sembra si debba invece parlare di questione giudaica, caratterizzata come detto. L’equiparazione dei diritti concessa agli ebrei dal 1789 in poi pone il problema dell’assimilazione, che per un verso è osteggiato dalle comunità ebraiche che non vogliono perdere i loro “fedeli”, prima tenuti insieme da una rigida disciplina, riconosciuta anche agli stati; e per altri versi suscita diffidenza negli altri cittadini, che dubitano della fedeltà degli “assimilati” ed ancor più di quelli non assimilati. Del tutto distinta dalla questione “giudaica” e da quella “ebraica” è quella “sionista”, anche se le tre “questioni” possono avere momenti di congiunzione, che nella ricerca stessa saranno di volta in volta enucleati. 
Per la questione propriamente ebraica, che sorge dalla equiparazione dei diritti concessa dalla rivoluzione francese, sono disponibili fonti giornalistiche e periodiche, alle quali attingeremo di preferenza. Abbiamo posto un termine a quo ed uno ad quem, perché ci sembra che almeno nella sua fase finale la «questione ebraica» venga assorbita nella «questione sionista», anche se non mancano consistente e significative frange giudaiche, come Neturei Karta, che stabiliscono addirittura una netta contrapposizione fra giudaismo e sionismo, che in effetti fin dal 1882 era malvisto ed osteggiato dalle esigue comunità ebraiche autoctone della Palestina. Si crea una miscela “esplosiva” fra giudaismo e sionismo, i cui effetti sono tuttora all’ordine del giorno e sui quali non possiamo qui dare altre anticipazioni.

I.
Elenco numerico
 delle fonti giornalistiche e periodiche

1. Journal de Genève:
2. Gazette de Lausanne:
 
II.
Henri Gregoire
Essai sur la régéneration physique, morale et politique des Juifs
(1788)

III.
Toussenel

IV.
Karl Marx