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GRAMMATICA STORICA
DELLA LINGUA ITALIANA
Estratta e compendiata
dalla Grammatica Romana di Federico Diez
per opera di
Raffaello Fornaciari
Parte Prima
Morfologia
Roma - Torino - Firenze
Ermanno Loescher
1872
Le forme della lingua italiana furono già studiate e spesso anche ricercate nella origine loro dai letterati della nostra nazione. Cominciando dal Bembo, dal Castelvetro, dal Giambullari e venendo fino ai moderni, quali sono il Mastrofini, il Gherardini, il Nannucci, il Galvani e molti altri, si trova una ricca suppellettile di osservazioni e di congetture non meno acute che ragionevoli. Ma per una parte l’incertezza, durata lungo tempo, sulla vera origine della lingua, e per l’altra l’ignorare quelle generali e sicure dottrine sulle leggi che governano gli idiomi nella loro formazione o derivazione, impedivano di causare gli errori e di dare unità e salda base alle dottrine grammaticali. Messa in chiaro la origine del nostro idioma e conosciute le leggi generali delle lingue; le filiazioni, le somiglianze, le parentele fra le diverse favelle; fu reso possibile di spiegar nettamente e sicuramente le forme della grammatica italiana non meno che delle lingue sorelle nella loro relazione colla madre latina. A ciò hanno dato opera con molto buon successo vari dotti stranieri, quali sono il Renouard, il Fuchs, il Blanc e, per tacere di tanti altri, Federico Diez, che può dirsi il Bopp delle lingue romane, perché, quantunque in un campo tanto più ristretto, ha fatto per esse quello che per le lingue dell’Europa e dell’India fece il maestro della Filologia comparata.
Il presente libretto si tiene sulle traccie del Diez, dalla cui opera (Grammatik der Romanischen Sprachen) vien qui riportato in compendio tutta quella parte che più strettamente riguarda le forme della nostra lingua, con qualche variazione o ampliamento ma raro e di poca importanza.
Nondimeno, a prevenire inopportune o ingiuste censure, debbo avvertire, che questa Grammatichetta non si propone di insegnare la lingua italiana, ma di spiegarne le forme, rimenandole, con fisse leggi, a quelle del latino; quindi suppone che chi se ne serve abbia già fattoun corso elementare e generale della parte etimologica di essa, e conosca mediocremente la grammatica latina. Di più essa non è veramente una grammatica arcaica, poiché ben altra mole ed altri limiti si richiederebbero, ma si fonda sulle forme più regolari e più usate, toccando però anche di quelle che quantunque irregolari grammaticalmente, sono in se stesse più conformi alle leggi dell’analogia. Infine essa non ha per iscopo principale altro che la relazione tra le forme italiane e le forme latine, e tutto quello che vi si aggiunge devesi tenere a guadagno; non lamentare quel molto che può mancarvi.
Spero che il libretto così concepito possa riuscire utile e gradito a più generi di persone. Nelle scuole si introdurrà con vantaggio appena i giovani abbiano fatto il corso elementare pratico del latino e del’italiano; e così sarà adempito il voto espresso nella Circolare del Ministro Correnti (9 maggio 1871) che si applichi il metodo del Curtius anche nello studio dell’italiano. Il che non si può ottenere per altra via, in una lingua derivata come è la nostra, che partendo dalla cognizione delle forme di quell’idioma onde essa deriva. E credo che l’applicare le leggi della Filologia comparata alla lingua patria, sia il mezzo più facile e comodo per introdursi nei segreti di quella scienza, e per applicarla con maggior profitto alle lingue classiche. Quelli ancora che vogliono commentare antichi scrittori, avranno da questo libro la chiave per risolvere molte difficoltà alle quali si risponde sovente o con modi vari e contradittori o con ingegnose ma non vere supposizioni. Infine lo studieranno con piacere tutti coloro a cui preme di rendersi ragione con semplicità e certezza delle forme che usano ogni giorno in parlando.
Al presente volume deve seguirne un altro che contenga la Sintassi italiana nelle sue somiglianze e differenze con la latina. Ma aspetto, prima di accingermi all’ardua impresa, che i valenti e cortesi giudici di questi studi abbiano dato un po’ d'approvazione alla prima parte, e che l’accoglienza dei maestri venga in soccorso allo zelo e alle cure del benemerito editore.
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DELLA LINGUA ITALIANA
Estratta e compendiata
dalla Grammatica Romana di Federico Diez
per opera di
Raffaello Fornaciari
Parte Prima
Morfologia
Roma - Torino - Firenze
Ermanno Loescher
1872
Le forme della lingua italiana furono già studiate e spesso anche ricercate nella origine loro dai letterati della nostra nazione. Cominciando dal Bembo, dal Castelvetro, dal Giambullari e venendo fino ai moderni, quali sono il Mastrofini, il Gherardini, il Nannucci, il Galvani e molti altri, si trova una ricca suppellettile di osservazioni e di congetture non meno acute che ragionevoli. Ma per una parte l’incertezza, durata lungo tempo, sulla vera origine della lingua, e per l’altra l’ignorare quelle generali e sicure dottrine sulle leggi che governano gli idiomi nella loro formazione o derivazione, impedivano di causare gli errori e di dare unità e salda base alle dottrine grammaticali. Messa in chiaro la origine del nostro idioma e conosciute le leggi generali delle lingue; le filiazioni, le somiglianze, le parentele fra le diverse favelle; fu reso possibile di spiegar nettamente e sicuramente le forme della grammatica italiana non meno che delle lingue sorelle nella loro relazione colla madre latina. A ciò hanno dato opera con molto buon successo vari dotti stranieri, quali sono il Renouard, il Fuchs, il Blanc e, per tacere di tanti altri, Federico Diez, che può dirsi il Bopp delle lingue romane, perché, quantunque in un campo tanto più ristretto, ha fatto per esse quello che per le lingue dell’Europa e dell’India fece il maestro della Filologia comparata.
Il presente libretto si tiene sulle traccie del Diez, dalla cui opera (Grammatik der Romanischen Sprachen) vien qui riportato in compendio tutta quella parte che più strettamente riguarda le forme della nostra lingua, con qualche variazione o ampliamento ma raro e di poca importanza.
Nondimeno, a prevenire inopportune o ingiuste censure, debbo avvertire, che questa Grammatichetta non si propone di insegnare la lingua italiana, ma di spiegarne le forme, rimenandole, con fisse leggi, a quelle del latino; quindi suppone che chi se ne serve abbia già fattoun corso elementare e generale della parte etimologica di essa, e conosca mediocremente la grammatica latina. Di più essa non è veramente una grammatica arcaica, poiché ben altra mole ed altri limiti si richiederebbero, ma si fonda sulle forme più regolari e più usate, toccando però anche di quelle che quantunque irregolari grammaticalmente, sono in se stesse più conformi alle leggi dell’analogia. Infine essa non ha per iscopo principale altro che la relazione tra le forme italiane e le forme latine, e tutto quello che vi si aggiunge devesi tenere a guadagno; non lamentare quel molto che può mancarvi.
Spero che il libretto così concepito possa riuscire utile e gradito a più generi di persone. Nelle scuole si introdurrà con vantaggio appena i giovani abbiano fatto il corso elementare pratico del latino e del’italiano; e così sarà adempito il voto espresso nella Circolare del Ministro Correnti (9 maggio 1871) che si applichi il metodo del Curtius anche nello studio dell’italiano. Il che non si può ottenere per altra via, in una lingua derivata come è la nostra, che partendo dalla cognizione delle forme di quell’idioma onde essa deriva. E credo che l’applicare le leggi della Filologia comparata alla lingua patria, sia il mezzo più facile e comodo per introdursi nei segreti di quella scienza, e per applicarla con maggior profitto alle lingue classiche. Quelli ancora che vogliono commentare antichi scrittori, avranno da questo libro la chiave per risolvere molte difficoltà alle quali si risponde sovente o con modi vari e contradittori o con ingegnose ma non vere supposizioni. Infine lo studieranno con piacere tutti coloro a cui preme di rendersi ragione con semplicità e certezza delle forme che usano ogni giorno in parlando.
Al presente volume deve seguirne un altro che contenga la Sintassi italiana nelle sue somiglianze e differenze con la latina. Ma aspetto, prima di accingermi all’ardua impresa, che i valenti e cortesi giudici di questi studi abbiano dato un po’ d'approvazione alla prima parte, e che l’accoglienza dei maestri venga in soccorso allo zelo e alle cure del benemerito editore.
Raffaello Fornaciari.
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