mercoledì, aprile 11, 2018

§ 2. Vocalismo arcaico in una zona dell’Italia meridionale (Lucania-Calabria).

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 2.

Vocalismo arcaico in una zona dell’Italia meridionale (Lucania-Calabria)

Il sistema vocalico che abbiamo ora caratterizzato, sebbene si sia affermato in gran parte della Romània, non ha però preso piede dappertutto. Invero, in Romania si ha un uguale esito per ē ed ĭ (confusione in e: cfr. il romeno parete ← parēte e sete ← sĭte) ma ō si è svolta insieme con ŏ (soare ← sōle, roata ← rōta), non con ŭ (cruce ← crŭce). Parimenti la Sardegna non ha preso parte allo sviluppo del latino volgare. Qui la ē ha avuto lo stesso esito non di ĭ, ma di ĕ, e analogamente la ō non di ŭ, ma di ŏ; mentre ī  si è svolta confondendosi con ĭ e ū con ŭ: cfr. il sardo nive ← nĭve, kadęna ← catēna, fęle ← fĕl, ruke ← crŭce, sǫle ← sōle, rǫda ← rōta, filu ← filu, muru ← muru. Si è ritenuto per lungo tempo che questa conservazione delle differenze tra ĭ  ed ē,  ŭ ed ō fosse limitata soltanto alla Sardegna (e alla parte meridionale della Corsica, cfr. § 127); ma studi più recenti hanno mostrato che la separazione di entrambe le coppie di suoni e la coincidenza di ē  con ĕ,  ō con ŏ,  ī con ĭ, ū con ŭ  sussiste ancora oggi in una striscia quanto mai arcaica di territorio montano al confine della Calabria con la Lucania: si tratta di una zona che da Maratea nel golfo di Policastro si spinge fino al golfo di Taranto, da entrambe le parti del confine tra Calabria e Lucania, per Castrovillari e la valle del Sinni. Nella parte meridionale la zona in discorso arriva fino alla linea che congiunge all’incirca Diamante con Cassano, nel settentrione fino al fiume Agri. Prendendo come esempio per la Lucania le località di Maratea e San Chirico Raparo, per la Calabria Oriolo e Cerchiara, otterremo il seguente quadro fonetico:

La coincidenza di
ē con ĕ, di ō con ŏ, fa sì che in seguito quelle che furono ē ed ō subiscano l’ulteriore destino di ĕ ed ŏ; così, per esempio, parole che un tempo avevano ē ed ō partecipano a quei medesimi processi di metafonia o di dittongazione sotto l’influsso di una -ŭ o di una -ī finali, che valgono per delle ĕ ed ŏ primarie: cfr. nel territorio calabrese della zona arcaica in discorso acietu ’aceto’, sievu ‘sego’, miecu ← mēcum, virnietu ‘ontaneto’ ← vernētum, vuliemu ← volēmus, avietsǝ ←  habētis, triei ← *trēi, fiemmǝna ← fèmina, cuttuóriu ← *coctōrium, scuópulu ← *scōpulu, -uosu (per esempio minnuluosu, garrijuosu) ← -ōsus. Del tutto analoga è la situazione in Sardegna; anche qui ē ed ō prendono  parte, sotto l’influsso di una -ŭ o di una -ī  finali, all’ulteriore sviluppo di ĕ ed ŏ, sviluppo che in questa zona non conduce peraltro alla dittongazione, ma soltanto alla metafonia di ę →  ẹ, ǫ → ọ: per esempio prẹnu - pręna ‘pieno’, ‘piena’ (come lẹttu lĕctu), ọru ‘orlo’ ōru (come fọgu ← fŏcu). Come in Sardegna, anche qui si ha lo stesso esito per ĭ  e per ī, per ŭ ed ū: cfr. nivi ← nĭve, filu ← fīlu, nući ← nŭce, lući ← lūce. In contrapposto al sistema vocalico del latino volgare, costituito da cinque gradi, abbiamo dunque qui - come in Sardegna (e nella Corsica meridionale) - un sistema di tre gradi (Sistema B), come nel latino antico:
Il sistema della nove vocali si è semplificato in cinque:

La notevole corrispondenza fra gli esiti assai arcaici della Sardegna e lo sviluppo fonetico della zona calabro-lucana che di sopra abbiamo delimitato ci addita delle interdipendenze molto antiche. Copioso materiale documentario per questa zona dà il Lausberg - al quale dobbiamo la scoperta dei citati particolari rapporti fonetici - nel suo lavoro « Die Mundarten Südlukaniens », §§ 18 sgg., che resta fondamentale per il vocalismo dell’Italia meridionale; cfr. anche Rohlfs, in Jaberg, Don., 31 sgg., dove sono state raccolte liste particolareggiate di comparazione.

Un sistema di compromesso si è sviluppato in una piccola zona nell’interno della Lucania (a sud-est di Potenza): in questa porzione di territorio di transizione fra l’ambiente dialettale con vocalismo sardo da un lato, e la contigua area a nord con vocalismo neolatino-comune,  ĭ ed ē (ed ĕ) si sono confuse nel suono e (come nel Sistema A), mentre ŭ è rimasta separata da ō  e si è fusa con l’antica ū. Un esempio di tale vocalismo (che corrisponde alla situazione fonetica del romeno) è il punto 733 - Castelmezzano - dell’AIS: cfr. sẹta, tẹla, vẹna, sẹra, nẹvǝ, pẹća, sẹta ‘sete’, pẹpǝ (accanto a fẹlǝ, mẹlǝ), dall’altra parte krućǝ, núcǝ, surdǝ ‘sorda’, grutt, munć ‘mungere’, vuddǝ ’bollire’ (a fianco di murǝ, fusǝ), di contro a nǝpotǝ, sọlǝ, karvọnǝ, krọna (a fianco di kọrǝ, nọvǝ ‘nuova’). La dimostrazione di questo vocalismo, i cui confini geografici sono ancora da stabilire con maggior precisione, è stata data dal Lausberg, §§ 70 sgg. Nella zona in questione vale in sostanza il seguente sistema, anch’esso a tre gradi (Sistema C)(1):



(1) Lo sviluppo vocalico in questione è valido soltanto per la posizione in sillaba libera, perché in quella chiusa le vocali chiuse sono diventate aperte per abbreviamento.


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